Una nuova (e non definitiva) puntata dell’Areneide

Per sbrogliare il groviglio in cui si trova Fondazione Arena, ci vorrebbe un miracolo di Natale. A un passo dalla chiusura ufficiale della crisi, la formula per mettere insieme il Consiglio d’Indirizzo – unico passaggio che sancirebbe la svolta anche formalmente – è ancora un rebus. Confermato dal rinvio delle decisioni che contano: il Decreto ministeriale 581 del 22 dicembre proroga il commissariamento, a quanto pare fino al 5 gennaio. Lo stallo è conclamato e va ben oltre il disappunto per i ritardi ministeriali. Servirebbe proprio un miracolo di Natale alla Dickens, senza voler dare dello Scrooge a nessuno: qualcuno dei personaggi in commedia (o in dramma, fate voi) che finalmente capisce di avere sbagliato, si “redime” e cambia idea. Rendendo così possibile – nella generale letizia – il superamento dell’impasse e il felice ingresso della Fondazione nella gestione ordinaria.

Poiché naturalmente la letteratura natalizia non c’entra nulla, se non per le suggestioni del periodo, il problema va messo a fuoco utilizzando i termini della politica, anche perché questo è diventato il caso-Arena, un intricato nodo politico. Quello che serve è una mediazione, un passo indietro da più parti. Se è vero quello che trapela da Roma, oltre le banalità sui “tempi strettissimi” lo stop alle procedure per la costituzione del CdI deriva dal fatto che in questo momento è in atto un braccio di ferro tra il sindaco di Verona e il ministro dei Beni Culturali sulla figura del prossimo sovrintendente areniano. Dimenticate le missioni asseritamente positive di Federico Sboarina nella capitale, archiviate le foto con grandi sorrisi insieme a Dario Franceschini. Oggi fra Verona e Roma sull’Arena non c’è la minima sintonia e il casus belli sarebbe da cercare nel cambio di strategia del sindaco. Dopo mesi di aperto sostegno a Giuliano Polo, in carica sia come sovrintendente che come commissario, ora prorogato fino alla “Dodicesima notte”, Sboarina avrebbe fatto sapere al ministro di avere cambiato idea: preferisce puntare su una figura dalle più spiccate doti manageriali.

Inutile ora entrare nel merito di questa linea, che ha la sua debolezza nella sua genericità, come se la parola magica “manager” risolvesse tutti i problemi. Forse, bisognerebbe specificare che si cerca un manager “dello spettacolo”, piccola aggiunta che metterebbe d’accordo tutti ma che non viene mai fatta, perché riguarda una professionalità molto specifica e propria di pochi addetti ai lavori. E inutile anche argomentare che in questo modo il sindaco dimostra che il pressing di parte della sua maggioranza ha avuto effetto. Si tratta della parte che era andata virulentemente all’attacco di Polo sulla storia della mancata tournée areniana a San Pietroburgo, chiedendo a gran voce le sue dimissioni e peraltro trovandosi – bizzarra circostanza – in accordo con il grande sconfitto delle elezioni amministrative, l’ex sindaco (ed ex presidente della Fondazione per dieci anni) Flavio Tosi, acerrimo avversario dell’attuale maggioranza.

Nel migliore dei mondi possibili, queste schermaglie politiche non avrebbero la minima influenza su una realtà culturale complessa come l’Arena. Ma non viviamo nel migliore dei mondi possibili, da qualche settimana vediamo date per scontate le scelte e i desideri (o i diktat) della politica locale su vari incarichi in Fondazione e dunque bisogna pragmaticamente cercare di limitare i danni. Di mediare, appunto.

Fin dalle prime settimane dopo la sua elezione, Sboarina non mancava occasione di affermare soddisfazione per l’operato di Polo e quindi sostegno per un suo incarico come sovrintendente post-crisi. Fosse stato più accorto, avrebbe evitato di sbilanciarsi e avrebbe potuto impostare con Franceschini un diverso percorso dialettico, rispetto a Roma e rispetto ai suoi. Evidentemente, riteneva di poter gestire altrimenti le componenti della maggioranza che non erano d’accordo con lui. Non è andata così e spiazzare ora il ministro rovesciando la linea – negli ultimi giorni utili per le nomine di competenza governativa – ha significato creare le condizioni per lo stallo.

Vista così, la vicenda potrebbe assomigliare all’ennesimo (di questi tempi) contrasto fra le realtà locali venete e il governo centrale. E non dubitiamo che qualcuno proverà a leggerla così. Il fatto è che se Verona ha molte ragioni nel voler gestire la sua Arena in larga autonomia, non può dimenticare che lo Stato è il primo socio della Fondazione, con un investimento annuo ordinario fra i 12 e i 14 milioni (circa un terzo del bilancio). E che solo pochi mesi fa il risanamento è passato per un ulteriore impegno statale di una decina di milioni a valere sulla Legge Bray, appositamente rifinanziata per salvare l’Arena. Insomma, la Fondazione è di diritto privato ed è molto affare dei veronesi, ma campa grazie ai solidi pubblici statali. Il che avrebbe consigliato altre strategie per evitare quello che assomiglia a un paradossale conflitto di attribuzione.

A questo punto, bisognerà vedere come Franceschini risolverà la partita dell’unica nomina di sua competenza. Sembra infatti ormai tramontata la possibilità che in Consiglio entri l’ex sovrintendente Renzo Giacchieri, indicato da Sboarina quando era necessario arrivare a un numero di consiglieri pari a cinque e i soci privati latitavano. Lo esclude la decisione della Camera di Commercio di tornare a fare la sua parte, stanziando una somma pari al 5 per cento del Fus per il 2018 (circa 600 mila euro) e a norma di statuto ottenendo un posto nella stanza dei bottoni: il presidente Giuseppe Riello ha già dato la sua disponibilità. Sboarina è ora circondato dalle “realtà locali”, che tornano ad assumersi le loro responsabilità (oltre a Riello, il presidente di Confindustria Verona Michele Bauli, mentre la Regione ha già da tempo indicato nel promotore finanziario Gabriele Maistrello, leghista, il suo uomo), ma questo non toglie che la battaglia per la nomina del sovrintendente sia ancora apertissima. È chiaro che su questo punto cruciale il ministero vuole voce in capitolo, visto l’impegno finanziario dello Stato. Rendersene conto evitando rovinosi bracci di ferro sarebbe prova di utile pragmatismo: all’Arena servono stabilità e certezze gestionali, anche nelle relazioni con i dipendenti. E servono ora, calendario alla mano. C’è da chiudere il bilancio preventivo e si avvicina la trasferta in Oman. Il sovrintendente in carica, Polo, ha dimostrato di poterle garantire, ma le voci di dentro lo danno fortemente deluso e altrettanto disilluso, pronto a lasciare per tornare all’Accademia di Santa Cecilia o approdare ad altri lidi. Difficile che accetti soluzioni a corto respiro. E d’altra parte, di tutto ha bisogno Fondazione Arena tranne che di un’ulteriore dose di emergenza. Nell’improbabile attesa di un salvatore, la paralisi sarebbe dietro l’angolo. Senza affidarsi ai miracoli natalizi, la speranza è che Federico Sboarina – passate le feste – faccia prevalere il senso di responsabilità. Lasciando davvero, per una volta, la politica fuori dalla porta.

Cesare Galla

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