Trieste: la concisa eleganza del Trio Debussy
Il Premio “Trio di Trieste” compie vent’anni e per festeggiare l’importante anniversario ha ben giustamente scelto di dare un saggio di alcune delle migliori formazioni uscire dal celebre concorso: d’altronde è proprio nella storia dei vincitori che risiede una parte consistente del prestigio di una competizione.
Così dopo il Trio Mondrian, il Duo Stikovetsky e lo Josef Suk Piano Quartet è stata la volta del Trio Debussy, esibitosi lunedì 1 aprile alle 20.30 nella Sala “Victor de Sabata” al Ridotto del Teatro Verdi di Trieste.
Il Trio torinese, il più longevo tra i trii italiani, si è cimentato in un programma con autori il cui rapporto con il canto popolare è stato intenso e proficuo: al Trio in do maggiore Hob XV:27 di Haydn è seguito il Trio sur des mélodies populaires irlandaises di Frank Martin e infine uno dei capolavori cameristici di Franz Schubert, il Trio in mi bemolle op. 100.
Se c’è qualcosa che i trent’anni di attività hanno dato al Trio Debussy è una compattezza sorprendente. Piergiorgio Rosso, violino, Francesca Gosio, violoncello, e Antonio Valentino, pianoforte, sono tre artisti di marcata individualità, non di rado distante. Ciononostante il risultato cameristico non è mai compromesso, anzi, giova delle differenze di suono e carattere con l’eleganza della buona conversazione.
Questo si è percepito fin dal Trio di Haydn, in cui l’energica condotta di Rosso trovava la sicurezza del suono pulito e compatto di Gosio, lasciando il giusto spazio all’importante parte pianistica affrontata da Valentino con suono rotondo e perlaceo.
La compattezza della formazione non si è però limitata all’eleganza del suono, non priva di qualche eccessivo nervosismo soprattutto nella parte violinistica, ma anche nel controllo dinamico, soprattutto su accenti, sforzato e fortepiano, in cui la precisione dell’intenzione musicale era tale da dare una corposità ad ogni effetto.
Queste caratteristiche possono essere ritrovate anche nel Trio di Martin – lavoro meraviglioso che dovrebbe essere assai più noto al pubblico – affrontato senza esasperazioni anche quando i trascinanti ritmi popolari potevano suggerirlo, ma senza sacrificare eccessivamente lo slancio e il sano divertimento che permea questa fresca pagina del compositore svizzero.
Il Trio Debussy ha cucito con sobria lucidità il tono rapsodico del brano, esaltandone la struttura e distaccandosi dalle più comuni esecuzioni ‘scatenate’. Va detto però che una maggiore ricerca dell’effetto timbrico non sarebbe stata incoerente nella visione del Trio, ma sembra essere scelta precisa della formazione quella di favorire oltre alla compattezza anche una certa impermeabilità.
La tesa esuberanza di Rosso, la serena intensità di Giosio e la morbida lucentezza di Valentino tendono a non accogliere facilmente caratteri provenienti dai propri colleghi: una sorta di felice disaccordo tra abili conversatori che, devo ammetterlo, dona un tono tutto suo alle scelte interpretative del Trio Debussy.
Dopo un incidente di concerto alla violoncellista, cui va il plauso per essere riuscita a condurre Martin a compimento con l’arco quasi a pezzi, è stata la volta della portata principale.
L’ampio Trio di Schubert è stato eseguito nella versione completa, senza i comuni tagli all’Allegro moderato conclusivo, ma tanto forte era la coerenza interna del brano che la sua “divina lunghezza” non si è fatta minimamente sentire, lasciando apprezzare al pubblico tutte le varie combinazioni e sovrapposizioni tematiche realizzate dal compositore.
Fin dal primo movimento, la scelta di non confinarsi in bozzettismi melodici e timbrici ha consentito di creare frasi lunghe ed ampie, ben caratterizzando le varie situazioni ma rinunciando ad una specifica ricerca timbrica a favore della tensione generale.
Vero centro di tutto il Trio è stato l’Andante con moto, che d’altronde della composizione è il cuore. Il Trio Debussy ha realizzato splendidamente la staticità di una delle più celebri pagine del compositore austriaco, immergendo le frasi cantabili e i toni narrativi in un’atmosfera di sospensione temporale. Resa con maestria anche la tempesta intima che caratterizza il sublime climax, cui forse avrebbe giovato un attacco del tasto più marcato che facesse stagliare con maggiore efficacia la perorazione del pianoforte sugli archi, mentre la profonda cantabilità di Francesca Giosio ha reso ogni ripresa del tema un momento di intenso raccoglimento.
Scherzo e Allegro moderato hanno condotto a compimento quest’idea di Schubert, con tono più leggero nello Scherzo, in cui l’ensemble torinese ha scelto di evitare i riferimenti al ruvido e robusto carattere popolare. Una scelta che, unita alla concentrata e architettonicamente strutturata interpretazione del Finale, ha rafforzato il senso di candida eleganza e apollinea maestosità che è tratto fondamentale nel compositore dello Schwanengesang.
Al pubblico entusiasta il Trio Debussy ha offerto due bis: il Lied svedese da cui Schubert ha tratto ispirazione per l’Andante con moto e il Rondò all’ungherese dal Trio in Sol di Haydn, ultimo omaggio agli echi popolareggianti che hanno permeato il programma del concerto. In attesa del concorso triestino, il Festival prosegue quindi lunedì 15 aprile con il Trio Gaon, vincitore del Premio “Trio di Trieste” nel 2017, in un affascinante programma che ai due Trii di Mendelssohn affiancherà una scelta di duetti per violino, violoncello e pianoforte di Mendelssohn e Brahms.
Alessandro Tommasi
(1° aprile 2019)
La locandina
Violino | Piergiorgio Rosso |
Violoncello | Francesca Gosio |
Pianoforte | Antonio Valentino |
Programma | |
Franz Joseph Haydn | Trio in do magg. op.86 n.1 Hob.XV:27 |
Frank Martin | Trio sur des mélodies populaires irlandaises |
Franz Schubert | Trio in mi bemolle magg. op.100 D.929 |
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