Vicenza: sinfonismi a confronto per la OTO
Un robusto programma sinfonico – cronologicamente disteso lungo quasi un secolo – ha concluso la stagione dell’Orchestra del Teatro Olimpico al Comunale di Vicenza. Prima parte classicistica nel segno di Mozart e Haydn, seconda parte romantica con la Prima Sinfonia di Brahms, che incarna peraltro come poche altre sue composizioni il rovello del compositore amburghese rispetto alla “lezione” dell’età classica e segnatamente all’eredità somma di Beethoven.
Dal punto di vista musicale, un confronto di grande interesse. Da un lato, preceduta a mo’ di Ouverture teatrale (quale in effetti appare almeno dal punto di vista formale) dalla breve sinfonia K. 318 di Mozart (1779), campeggiava la figura di Haydn, vero e proprio fondatore del genere Sinfonia.
La numero 90 è una delle sue meno eseguite, eppure appartiene al momento della grande maturità del compositore austriaco in quest’ambito, scritta come fu nel 1788-89, poco dopo i capolavori creati per le esecuzioni parigine della Loge Olympique e poco prima che iniziasse la grande avventura londinese del compositore, caratterizzata in particolare proprio da una brillante collana di dodici straordinarie pagine sinfoniche.
La maturità del linguaggio haydniano è qui evidente nella sottigliezza formale – che cesella in maniera virtuosistica un materiale tematico tutto sommato sintetico – come pure nella ricchezza coloristica che si fa elemento strutturale del discorso e vede i fiati in primo piano, con numerosi stringati ma significativi inserti solistici. Il musicista maneggia l’orchestra con una nonchalance coinvolgente e a tratti quasi teatrale: durante il movimento finale, un’ampia pausa strategicamente inserita dopo una formulazione armonica e timbrica che sembra essere conclusiva, induce il pubblico, oggi come si può immaginare allora, a scoppiare in un applauso, che viene subito interrotto dalla inattesa ripresa del discorso musicale.
Novant’anni più tardi – nell’autunno del 1876 – scrivere una Sinfonia, dopo i fulgori classicistici e beethoveniani, era ormai diventato nei paesi di cultura germanica una questione estetica particolarmente complessa. Il movimento “neo-tedesco” capeggiato da Richard Wagner affermava con decisione la fine di questo genere, sostenendo che si era evoluto in direzione del dramma musicale e che proprio Beethoven aveva sancito questo passaggio con l’ultimo celebre movimento della Nona, nel quale la parola cantata, per solisti e coro, aveva fatto il suo ingresso nell’ambito della musica “pura” o assoluta. Al massimo, si considerava accettabile il poema sinfonico, strettamente correlato a elementi extramusicali, letterari o artistici in senso lato.
Chi avversava queste teorie (tacciato per questo di conservatorismo) vedeva allora in Brahms il proprio rappresentante più illustre e più affermato, ma questo aveva finito per caricare il musicista di una responsabilità e soprattutto di un ruolo che avrebbe volentieri evitato. Così si spiega, anche, il fatto certamente insolito che la Prima Sinfonia ebbe una gestazione quasi ventennale, dalla metà degli anni ’50 fino alla prima esecuzione, avvenuta come si diceva all’inizio di novembre del 1876. Pochi mesi prima, durante l’estate, si era tenuta a Bayreuth la prima esecuzione integrale in quattro giornate del wagneriano Anello del Nibelungo, trionfo della cosiddetta “musica dell’avvenire”.
Eppure, con silenzioso coraggio, Brahms non si sottrasse al cimento, costruendo una Sinfonia che risulta classica nella forma e nelle sue ricercate simmetrie strutturali, eppure non certo superata, anzi manifestazione limpida della profonda soggettività espressiva di cui era capace questo compositore. Ed è stato interessante fra l’altro cogliere durante il concerto l’evoluzione delle parti orchestrali dalla linea haydniana a quella brahmsiana: in entrambi i casi i fiati hanno chiara e rilevante autonomia, ma Brahms li porta a un ruolo ben più complesso dentro a un’invenzione tematica complessa e stratificata, di fascinosa densità. Di più, proprio il confronto con l’ultimo movimento della Nona di Beethoven risulta accettato e superato in una nitida citazione tematica che dà al Finale della Prima il carattere di un nuovo inizio, capace di porre quel Grande non come momento terminale di un’esperienza ormai archiviata, ma come l’architrave di un’esperienza tutt’altro che esaurita, ancora fervida e ricca di possibili soluzioni.
A guidare l’Orchestra del Teatro Olimpico è tornato per questa occasione Gábor Takács-Nagy, che già era salito sul podio al Comunale in occasione del concerto di fine anno 2017. Il direttore ungherese esprime un’energia a tratti travolgente ma anche estremamente coinvolgente, sia nella direzione del gruppo orchestrale sia in quella del pubblico, che segue affascinato il suo gesto secco e preciso.
Mentre sia Mozart che Haydn, spinti su tempi molto vivaci e restituiti con un fraseggio che per inseguire la brillantezza perdeva qualcosa in nitidezza, sono risultati per così dire un po’ “congestionati” e vagamente meccanici (non senza qualche imprecisione specie nei corni), un egregio risultato è stato conseguito nell’esecuzione della Prima di Brahms. Qui, un più disteso approccio analitico ha permesso al fraseggio di trovare il respiro necessario e alla compagine orchestrale di mettere a fuoco in maniera convincente la tinta scura e la grande forza di introspezione della scrittura orchestrale dell’autore tedesco.
Sugli scudi le prime parti dei fiati, la flautista Erika Macalli, l’oboista Marco Spada, il clarinettista Fulvio Capra, il cornista Damiano Servalli (a lui toccava il tema più affascinante dell’intera Sinfonia) e i trombettisti Giovanni Lucero e Marco Vita. Tutti impeccabili nel colore, profondi nell’espressione, equilibrati nel rapporto con l’insieme orchestrale, del resto ottimamente bilanciato in tutte le sezioni degli archi.
Pubblico numeroso, applausi alla fine entusiastici.
Cesare Galla
(4 aprile 2019)
La locandina
Direttore | Gábor Takács-Nagy |
Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza | |
Programma | |
Wolfgang Amadeus Mozart | Sinfonia n. 32 in Sol maggiore K 318 |
Franz Joseph Haydn | Sinfonia n. 90 in Do maggiore Hob:I:90 |
Johannes Brahms | Sinfonia n. 1 in Do minore op. 68 |
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