Gli Astrusi, Ferri e Proni sulle tracce di Padre Martini

Su Giovanni Battista Martini, alias Padre Martini (Bologna 1706-ivi 1784), sembra pesare la fama di teorico e storico, collezionista, studioso di acustica, oracolo del contrappunto per schiere di giovani e meno giovani che da ogni angolo d’Europa, fin dalla Russia, bussavano alla porta del suo convento di San Francesco o gli scrivevano cerimoniose letterine per sollecitarne la “magistrale giudicatura” (il complimento è di Mozart). Possibile che un tale pozzo di scienza, si chiede la posterità diffidente, sapesse anche scrivere musica ascoltabile, anzi: piacevole e alla moda? Giriamo la domanda a due coetanei bolognesi già oltre la quarantina, che dell’illustre concittadino si sono innamorati verso il 2006, complice il tricentenario della nascita: Federico Ferri, violoncellista e direttore d’orchestra, e Daniele Proni, clavicembalista e organista.

Ferri: Le composizioni di Padre Martini dimostrano come egli non fosse un astratto purista del contrappunto e fuga; nella produzione da camera e da concerto era invece ben disposto ad assimilare nuove forme di linguaggio proiettate verso l’omofonia dello stile prima galante e poi classico. Ai suoi tempi lo stimavano autore di pezzi “vivaci e voluttuosi” (così il pettegolo francese Ange Goudar, amico di Casanova). Il violinista e compositore austriaco Karl Ditters von Dittersdorf, in visita a Bologna nel 1763, si spinse a definirlo “il classico dittatore musicale, noto a tutto il mondo”. Dittatore in senso buono, perché non mancano testimoni del suo carattere affabile. L’inglese Charles Burney, che con lui divide il titolo di fondatore della storiografia musicale, gli attribuiva “purezza di costumi, semplicità di modi, innata gaiezza, dolcezza e grande umanità”. Facile anche per noi innamorarsene a prima vista.

Proni: È successo mentre sfogliavamo montagne di sue partiture manoscritte alla ricerca di qualche lavoro esemplare da eseguire per le celebrazioni del centenario.

  • In quali fondi si trovano?

Ferri: Il giacimento principe è il Museo Internazionale della Musica di Bologna, erede dell’archivio personale di Martini tramite una lunga serie di confische e successioni. Ma qualcosa si conserva anche presso il suo convento d’origine e in varie biblioteche di Assisi, Bergamo, Berlino, Monaco, Münster, Ratisbona e via elencando.

Proni: Non avevamo idea di tanta ricchezza. Solo la musica strumentale, prima di noi quasi tutta inedita, ammonta a un centinaio di sonate per tastiera, 24 sinfonie, una dozzina di concerti e molto altro. Il materiale ci esplose letteralmente fra le mani. Dopo un assaggio di quattro concerti in luoghi d’arte di Bologna e dintorni ci balenò l’idea di un’impresa un poco folle: un’integrale in forma di edizione critica delle partiture, premessa alla loro registrazione su cd.

  • Non sarà stato facile trovare dei produttori per un progetto così ambizioso e di nicchia.

Ferri: Eppure li abbiamo trovati: per l’edizione critica (3.000 pagine di partiture e apparati) Suvini-Zerboni/Sugarmusic; per la registrazione (9 cd più un bonus dvd con due intermezzi buffi del versatile frate, Don Chisciotte e Il Maestro di musica, scenografie del compianto Dario Fo) la Warner Music.

  • Due majors addirittura! E dei due rami del Progetto Martini quale uscirà per primo alla luce?

Proni: Il cofanetto è in distribuzione dal 10 maggio; per le partiture, operazione più complessa, sono usciti dal 2011 a oggi 10 volumetti su un totale previsto di 80. La musica è godibile da tutti senz’altre mediazioni; le note a stampa si rivolgono a una più ristretta platea di musicisti pratici e musicologi. Tuttavia, contando sull’effetto traino dei dischi, speriamo che anche “l’altro ramo” finisca di fiorire entro un paio d’anni.

  • Un’impresa che senza esagerare si può definire monumentale. Chi sono stati i vostri compagni d’avventura? Quale la struttura organizzativa che vi siete dati per condurla a termine?

Proni: Anzitutto l’ensemble di strumenti antichi Accademia degli Astrusi, che sotto la direzione di Federico Ferri è molto cresciuto di livello negli anni fino a raggiungere nel 2013 il riconoscimento di Artista Sony.

  • Con quale organico?

Ferri: “A geometria variabile”, come si usa dire. Dal violino solo senza basso e all’organo, al quartetto, alla formazione di piccola orchestra con quasi una quarantina di elementi inclusi gli strumenti obbligati: oboi, flauti, trombe e timpani, corni, fagotti, mandola e mandolino. Abbiamo messo a punto la concertazione in una serie di concerti sperimentali; per le sedute di registrazione abbiamo scelto una bella pieve romanica fra le balze dell’Appennino nei pressi di Marzabotto, attrezzandola come studio tecnicamente avanzato.

Proni: Non si può dimenticare l’apporto dell’associazione culturale Kaleidos, la nostra parent company. Né quello di qualificate riviste di settore come “Classic Antiqua” e “Amadeus”, e neppure del Teatro Comunale di Bologna e di Rai Radio3, che negli anni hanno offerto spazi e supporti tecnici alle nostre produzioni.

Ferri: L’Accademia degli Astrusi, in veste di ambasciatrice di Bologna Città creativa della musica Unesco, ha inoltre portato la musica di Martini in prestigiose sedi estere come il Palazzo reale di Lisbona, il Teatro nazionale di Bordeaux, la Wigmore Hall di Londra (in diretta BBC), il Konzerthaus di Berlino, i festival barocchi di Varaždin e di Gent.

  • Queste le risorse artistiche più o meno immateriali, certo importantissime. Ma come la mettiamo a livello di budget?

Proni: Ad oggi il Progetto Martini, il Festival e le altre uscite pubbliche hanno raccolto fondi per circa 400.000 euro grazie al contributo di istituzioni pubbliche e private: Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, Fondazione Carisbo, Legacoop, Hera, Unipol, e soprattutto Fondazione del Monte. A tutti va la nostra gratitudine.

  • Risorse tutte spese e rendicontate, si presume. Vi siete arricchiti con Padre Martini?

Ferri (ride): Assolutamente no. Dica piuttosto che abbiamo lavorato per il salario dei Cieli. Questa per noi è solo la prima tappa di un processo di riscoperta che può contribuire alla valorizzazione di un territorio e della sua cultura artistica, con auspicabili ricadute (anche economiche, perché no?) su tutta la comunità. C’è ancora tanto che ci piacerebbe fare in questa direzione. Ad esempio la musica sacra di Martini, i suoi oratorii drammatici… Ma noi siamo musicisti, non maghi del marketing. Per proseguire servono la forza delle istituzioni e quelle complicità sociali che speriamo possano ancora estendersi in futuro.

Carlo Vitali 

(repost da: “Musica” maggio 2019)

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