Salisburgo: Medée ai tempi dei “social”
Per il Festival di Salisburgo 2019 va in scena alla Grosses Festspielhaus la Médée di Luigi Cherubini; Simon Stone decide però, con la sua regia, di riscriverne la sinossi.
Il giovane regista svizzero-australiano epura l’opera da tutti i dialoghi che fanno di Médée un’opera comique del 1797 e rinuncia totalmente all’elemento aulico e mitico dell’opera trasponendo l’azione in epoca contemporanea.
Con la mancanza dei dialoghi diventa necessario dare un senso al susseguirsi delle parti musicali e per fare ciò Stone fa largo uso di bellissimi filmati cinematografici in bianco e nero. In questo modo scopriamo che Jason, è un ricco salisburghese mentre Médée, è una immigrata di origini Georgiane, e l’altra, Dircé, è la nuova fiamma di Jason.
La tragedia greca diventa un fatto di cronaca nera. I due amanti vengono inaspettatamente colti in flagrante da Médée nel letto coniugale. I bambini, totalmente dipendenti da cellulari e videogiochi, finiranno male e bruceranno con la madre, psicologicamente distrutta dalla separazione, in una macchina presso una stazione di servizio di benzina.Lo sforzo di rispolverare l’opera e di renderla piu’ simile ad una produzione cinematografica è evidente anche attraverso il massivo uso di messaggi vocali e sms – che in definitiva sostiuiscono gli originali recitativi – con cui Médée “stalkera” Jason, riflettendo lo stato psicologico di una donna che ha perso tutto: patria, famiglia, marito e figli.
Molto belle e dettagliate le scenografie di Bob Cousins che si inseriscono in un piano scenico alquanto complesso, pieno di comparse e diviso su più livelli. Lo spettacolo, eccetto qualche incongruenza tra testo ed azione scenica, funziona e sorprende per originalità’, tuttavia, non riesce a trovare un completo equilibrio con la parte musicale dell’opera, la quale viene quasi relegata ad elemento secondario di mero supporto.
Lo spettatore non viene mai liberamente trasportato dalle immagini musicali che una partitura cosi intensa come quella di Cherubini trasmette.
In questo modo la magia dell’opera viene in parte sacrificata per favorire un impianto cinematografico in cui la musica fa da colonna sonora.
Ciò è un vero peccato dal momento in cui la prestazioni dei Wiener Philarmoniker, guidati da Thomas Hengelbrock, e del coro dell’Opera di Vienna sono state tecnicamente ineccepibili. Il direttore tedesco predilige tempi serrati che pennellano con grande pathos gli intensi preludi musicali. Sul piano vocale il successo è tutto per la protagonista Elena Stikhina.
Il giovane soprano russo è dotato di una voce bellissima e tecnicamente solida che trasmette il conflitto interiore della protagonista con un carisma da fuoriclasse, nonostante nel finale manchi forse di quel peso vocale nelle note gravi che servirebbe a comunicare con maggiore forza la rabbia di Médée.
In ogni caso una prova davvero eccellente che fa ben sperare per un soprano che desideriamo risentire presto in un repertorio più congeniale alla bellezza della sua vocalità.
Ottime anche le interpretazioni vocali del tenore Pavel Černoch nei panni di Jason, del soprano Rosa Feola in quelli dell’amante Dircé, di Alisa Kolosova come Néris e del baritono Vitalij Kowaljow come Créon.
Nel complesso una buona serata, con una parte orchestrale strepitosa e un’eccellente protagonista salutata festosamente ed a lungo dal pubblico in sala.Thomas Gobbetti
(Salisburgo, 4 agosto 2019)
La locandina
Direttore | Thomas Hengelbrock |
Regia | Simon Stone |
Scene | Bob Cousins |
Costumi | Mel Page |
Luci | Nick Schlieper |
Sound design | Stefan Gregory |
Drammaturgia | Christian Arseni |
Personaggi e Interpreti: | |
Medée | Elena Stikhina |
Jason | Pavel Černoch |
Créon | Vitalij Kowaljow Créon |
Dircé | Rosa Feola Dircé |
Néris | Alisa Kolosova |
Première Femme de Dircé | Tamara Bounazou |
Deuxième Femme de Dircé | Marie-Andrée Bouchard-Lesieur |
Voice mails | Médée Amira Casar |
Wiener Philharmoniker | |
Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor | |
Maestro del Coro | Ernst Raffelsberger |
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