Venezia: l’Ensemble vocale Spirito confronta Monteverdi e Cresta

Non sempre gli accostamenti riescono, anche se animati dalle migliori intenzioni; è questo il caso della “strana coppia” Monteverdi-Cresta, proposta dalla Biennale Musica 2019 al Teatro Goldoni.

L’idea, niente affatto malvagia di per sé, era quella di confrontare un capolavoro monteverdiano come la Missa da cappella a sei voci, fatta sopra il motetto “In illo tempore” del Gomberti per sei voci e organo positivo – che vide la sua prima nel 1610 nella Basilica ducale di Santa Barbara a Mantova – con De l’infinito per sei voci ed elettronica di Gianvincenzo Cresta qui alla sua prima esecuzione assoluta.

Il filo che unisce le due pagine è l’uso delle voci accostate a strumenti – naturali nel caso di Monteverdi e segnatamente viole da gamba, artificiali nel lavoro di Cresta che impiega l’elettronica – in un confronto che dovrebbe travalicare il tempo mettendo in risalto punti di contatto e diversità tra concezioni compositive; gli esiti sono impari.

All’Ensemble vocale Spirito, diretto con splendida immedesimazione da Nicole Corti, il compito di rappresentare le due istanze.

La Messa monteverdiana è un capolavoro di invenzioni contrappuntistiche che si manifestano sin dal Kyrie per sbocciare nel rigoglio del Gloria e del Credo, ove l’invenzione melodica trasuda della sensualità propria di ogni composizione del Cremonese, qui sublimata in un’estatica misticità.

Con le viole da gamba dei Ferrabosco a fare da raddoppio delle voci in una perfetta unità d’intenti, e Gaetano Magarelli all’organo, ne risulta una narrazione che non cala mai di tensione e mai perde il filo del rigore, il tutto in una sorprendente varietà dinamica.

L’elettronica, cui è preposto Francesco Abbrescia, subentra agli archi e l’ensemble vocale, opportunamente dotato di microfoni, dà mano a De l’infinito di Cresta.

La composizione dura trenta minuti, ma già al decimo diventa un serpente che si morde la coda; la ripetitività dei lemmi musicali chiamati a sostenere un testo scarno tratto da “De l’infinito Universo e Mondi” di Giordano Bruno riduce tutto ad una piattezza esangue.

L’elemento elettronico sembra più giustapposto che non integrato, finendo per risultare parte a sé stante.

Alla fine la modernità incontrovertibile di Monteverdi ha facilmente la meglio su quella ricercata e non trovata di Cresta.

Applausi per gli esecutori.

Alessandro Cammarano
(2 ottobre 2019)

La locandina

Direttore Nicole Corti
Ensemble vocale Spirito
Concerto delle viole I Ferrabosco
Organo Gaetano Magarelli
Ingegnere del suono Francesco Abbrescia
Programma:
Claudio Monteverdi Missa da cappella a sei voci, fatta sopra il motetto “In illo tempore” del Gomberti per sei voci e organo positivo
Gianvincenzo Cresta De l’infinito per sei voci ed elettronica prima es. ass.

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