Verona: Schiff e la COE chiudono il Settembre dell’Accademia Filarmonica
Un’orchestra di alto lignaggio, anche se non può vantare la lunga storia di altre formazioni internazionali (ma i suoi quasi quarant’anni sono comunque un rispettabile “patrimonio”) e un pianista di assoluto livello, da tempo impegnato anche nella direzione.
Si è chiuso con questa accoppiata il Settembre dell’Accademia Filarmonica di Verona: la Chamber Orchestra of Europe, formazione che ha nel Dna l’imprinting, se così vogliamo chiamarlo, del sommo Claudio Abbado, si è presentata al Filarmonico con András Schiff come direttore e solista.
Il risultato non è stato diverso da quello che si è registrato per ogni appuntamento della rassegna impaginata dal presidente dell’Accademia, Luigi Tuppini: teatro esaurito, grande successo, bis a catena.
Il marchio della fruttuosa collaborazione da tempo in atto fra Schiff e la COE si poteva leggera fin dall’ampiezza e profondità di un programma che nel suo essere insolito (nonostante fosse basato su due autori fra i più popolari) attraversava brani noti e meno noti con la puntigliosa acribia storico-interpretativa che è tipica del pianista di origine ungherese. Haydn e Mendelssohn, dunque, all’ordine del giorno. Come dire, la grande maturità del Classicismo viennese e il sorgere del Romanticismo tedesco, che dal Classicismo non sa e non vuole ancora prendere distanze troppo ampie. Entrambi esplorati nel pensiero sinfonico e in quello concertante, occasione per un confronto allo stesso tempo fra generi e fra autori.
Haydn era rappresentato in apertura dalla corrusca Ouverture dell’opera L’isola disabitata, per due secoli unica pagina sopravvissuta alla pratica esecutiva di un’opera peraltro basata su di un libretto metastasiano, riesumata solo quarant’anni fa.
La prima parte della serata comprendeva poi la Sinfonia n. 88, fra le ultime della collana nata per la destinazione parigina e il Concerto e pianoforte e orchestra n. 11, l’ultimo di un autore che dimostrò la sua intelligenza anche in questo, abbandonando un ambito nel quale – negli stessi anni Ottanta del Settecento – Mozart andava producendo un’impressionante serie di capolavori.
Se lo spirito concertante haydniano ha le misure di una creatività essenziale, né particolarmente significativa sul piano formale né davvero coinvolgente per brillantezza, il suo pensiero sinfonico una volta di più si è rivelato affascinante e di singolare profondità.
L’Ouverture è un piccolo gioiello di quello stile “Sturm und drang” che Haydn per qualche tempo coltivò, riconducendo la tensione drammatica alle coordinate espressive tardo settecentesche, ma sempre con approccio musicale duttile e multiforme (e infatti questa Sinfonia avanti l’opera ha una insolita – per il genere – struttura quadripartita).
La Sinfonia 88 è un brillante esemplare della grande maturità di concezione prima ancora che di sensibilità musicale raggiunta dal musicista austriaco in quest’ambito. Certo, la sua destinazione a un’esecuzione in terra di Francia spiega l’ampiezza della strumentazione e la sua estrosa vivacità coloristica, ma è proprio la ricchezza della forma e dei suoi sviluppi, una vera e propria “narrazione sonora” di sempre avvincente complessità, a illustrare al meglio la forza del tutto originale del linguaggio forgiato dal compositore.
La fulminea sintesi e insieme la ricchezza di significati del linguaggio sinfonico haydniano non sono lettera morta nell’approccio al genere Sinfonia da parte di Mendelssohn.
E la cosiddetta Italiana, l’op. 90 n. 4, posta a chiudere la serata, lo ha dimostrato: questo capolavoro è una miniera di brillantezza e di sottigliezza, di rigore e di libertà espressiva, lungo un discorso che ad ogni svolta musicale, da un movimento all’altro, regala illuminazioni e intuizioni caratterizzate dal calore e dall’estroversa luminosità che più di tutto giustificano il titolo della composizione.
Agli stessi anni di questa Sinfonia, quando Mendelssohn era poco più che ventenne (1830-31), risale anche il Concerto per pianoforte op. 25. Qui i modelli sono meno “classici”, nel senso che Mendelssohn ha ben presente l’eredità di Mozart e d Beethoven ma non può fare a meno di rielaborarla anche alla luce della nuova tendenza di quegli anni, quella del Concerto cosiddetto “Biedermeier”, arena di rutilante virtuosismo tastieristico.
Il risultato è sicuramente originale e affascinante: una pagina che non perde una qualche impronta sinfonica ma concede una vetrina molto significativa alla trascinante parte solistica, irta di agilità da risolvere in velocità.
András Schiff aveva quindi due contesti pianistici molto diversi da risolvere. E lo ha fatto con l’intelligenza musicale che gli è propria. In Haydn, gli insistiti interventi pianistici insieme all’orchestra (a mo’ di maestro al cembalo) sono serviti a sottolineare in certo modo la dimensione un po’ “sorpassata” del Concerto n. 11, mentre i passaggi più spiccatamente solistici hanno delineato una scelta stilistica mediata, elegante, conversativa e affabile. In Mendelssohn, la brillantezza dell’assunto è stata sottolineata dalla precisione del tocco, mai disgiunta da una ricerca di suono di classicistica misura, mai sopra le righe, sempre perfettamente equilibrata rispetto al discorso orchestrale.
La Chamber Orchestra of Europe, da parte sua, si è proposta con suono chiaro e nitidamente comunicativo, morbido negli archi assai precisi, duttile nei legni e un po’ meno negli ottoni. L’insieme è sempre parso pronto ed efficace nel tratteggiare le articolazioni dinamiche e le sfumature coloristiche richieste da Schiff, forse meno interessato come direttore alle sfumature di tempo, con la conseguenza di un fraseggio a volte vagamente rigido.
Accoglienze in crescendo di cordialità e nella seconda parte bis sia solistici che orchestrali nel nome di Mendelssohn. Da solo, dopo il Concerto, András Schiff ha proposto un paio di Romanze senza parole, mentre alla fine c’è stato spazio per un’applauditissima esecuzione dello Scherzo dalle musiche di scena per il Sogno di una notte di mezza estate.
Cesare Galla
(7 ottobre 2019)
La locandina
Chamber Orchestra of Europe | |
Pianoforte e direttore | András Schiff |
Programma: | |
Franz Joseph Haydn | L’isola disabitata (Ouverture) |
Franz Joseph Haydn | Concerto per pianoforte e orchestra n. 11 in re maggiore Hob.XVIII:11 |
Franz Joseph Haydn | Sinfonia n. 88 in sol maggiore Hob.I:88 |
Felix Mendelssohn Bartholdy | Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in sol minore Op. 25 |
Felix Mendelssohn Bartholdy | Sinfonia n. 4 in la maggiore Op. 90 “Italiana” |
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