Piacenza: nel Gala verdiano quello di Meli è un debutto che sa già di classico
A volte ci vuole coraggio. Ci vuole coraggio a provare a fare uscire il mondo della lirica dai sentieri riconosciuti e anche troppo battuti, a volte un po’ logorati dal tempo e dalle intemperie.
Queste avversità climatiche si chiamano calo dei fondi pubblici, disinteresse del privato per non dire della peggiore delle calamità, quella fetta di pubblico dei loggioni che di carne umana si nutre. Con preferenza per i registi di maggiore coraggio.
Per muoversi in un ambiente così pericoloso ci vuole coraggio e questo non manca alla squadra di donne intelligenti e determinate che in terra emiliana, culla dell’ortodossia più estrema in campo operistico, sono state capaci di portare qualità e innovazione, senza venire meno allo speciale legame con un popolo che al melodramma ha consacrato i suoi figli migliori.
Queste donne argute si possono chiamare, ad esempio, Anna Maria Meo o magari Cristina Ferrari e proprio alla caparbietà di quest’ultima si deve la felice idea di regalare alla comunità piacentina la doppia esibizione di un artista che è diventato indiscutibile faro per gli amanti del bel canto, nella forma fresca e accattivante un Galà in forma scenica.
Per non finire nella pura elegia, sulle qualità della voce di Francesco Meli non c’è molto da aggiungere, viene piuttosto da chiedersi quale sia la formula del suo perdurante e, si aggiunge, meritato successo.
Una lunga gavetta fatta di studio e poca piaggeria, lo si potrebbe definire un secchione scrupoloso e divoratore di musica da ascolto, la cui qualità, a differenza di qualche suo collega, non si misura nel tempo trascorso in palestra a coltivare sontuosi e alquanto inutili pettorali.
Con queste premesse il Verdi Opera Gala andato in scena venerdì 25 e sabato 27 ottobre al Municipale di Piacenza non poteva che tradursi in una festa di popolo, con bambini che piangono nell’intervallo, ma poi smettono all’alzata del sipario, e spettatori che tributano scroscianti applausi che non hanno il suono della circostanza.
Una festa di popolo alla quale è stato servito un prelibato menu in salsa verdiana che si concludeva con un dolce sfornato per l’occasione, di non trascurabile croccantezza, complici tutt’altro che secondari il regista Federico Bertolani e il costumista “custode della Tradizione” Artemio Cabassi.
Il debutto di Meli nell’Otello verdiano. Per gli amanti del genere lo classificheremmo una millefoglie nella versione più tradizionale possibile.
Sul palco Meli è stato accompagnato da un variegato gruppo di colleghi che andavano da interpreti femminili dotate di grande verve drammatica (Serena Gamberoni e Vittoria Yeo) a collaudati professionisti di mestiere (Kirili Manolov e Mattia Denti) per finire con giovani ma già solide promesse (Michele Patti e Lorenzo Izzo).
Completavano il cast due comprimari di lusso (Cristina Melis e Juliusz Loranzi).
La bacchetta è appannaggio di Michele Gamba che ha diretto con mestiere l’Orchestra dell’Emilia Romagna Arturo Toscanini.
Sull’Adorno del secondo atto del Boccanegra Meli ha certamente giocato in casa e non certo solo per le comuni origini genovesi; nell’aria regina del secondo atto la sua voce è stata caleidoscopica. Si potrebbe definire una voce arcobaleno, in grado di riprodurre ogni sfumatura possibile dell’iride, mentre nel duetto con Amelia (interpretata dall’altra metà del suo cielo) i compagni di una vita sono stati capaci di trasmettere emozioni che a fior di pelle correvano veloci tra il pubblico.
Nel terzo atto di Aida, l’esibizione di Vittoria Yeo nei panni nell’omonima protagonista è stata scandita da una forte intensità drammatica mentre il Radames del protagonista del Galà ha stupito per l’agilità negli acuti e per l’estensione dei filati nella miglior tradizione bergonziana del ruolo.
È stato però con il finale di Otello che si è percepita la sensazione di essere davanti all’evento. Di quelli che la vita ti fa incontrare quando vuole farti un regalo. Meli sul palco con la faccia pitturata di nero, in barba alle insulse regole del politicamente corretto, è apparso più attore che mai, quasi che il debutto in un ruolo così importante e complesso dell’universo verdiano abbia in lui smosso energie attoriali inaspettate.
Certamente ha giocato a suo favore anche l’intensa prova di Serena che, prima del suo arrivo in scena, aveva ammaliato il pubblico con la Canzone del salice e l’Ave Maria con quei pianissimi così gravidi di dolore che riempivano letteralmente il teatro. Anche sul piano vocale Meli ha preso pieno possesso dei chiaroscuri del personaggio shakespeariano e la sensazione è stata quella di trovarsi davanti alla prima esibizione di una lunga serie.
Alla fine applausi per tutti e ovazioni per Meli e la Gamberoni, con il pubblico che ai bravi o bravissimi ha unito anche qualche grazie, parola semplice dal peso specifico enorme che non si sente mai abbastanza.
Sarebbe un mondo migliore se si imparasse a pronunciare, con maggiore frequenza, quella parola di cinque magiche lettere che, mai come ora, ci sentiamo di ripetere.
Marco Ubezio
La locandina
Direttore | Michele Gamba |
Regia, ideazione scenica, luci | Federico Bertolani |
Costumi | Artemio Cabassi |
Simon Boccanegra Atto II | |
Personaggi e interpreti | |
Gabriele Adorno | Francesco Meli |
Amelia Grimaldi | Serena Gamberoni |
Simon Boccanegra | Kiril Manolov |
Jacopo Fiesco | Mattia Denti |
Paolo Albiani | Michele Patti |
Pietro | Julis Loranzi |
Aida Atto III | |
Personaggi e interpreti: | |
Radames | Francesco Meli |
Aida | Vittoria Yeo |
Amonasro | Kiril Manolov |
Ramfis | Mattia Denti |
Amneris | Cristina Melis |
Otello Atto IV | |
Personaggi e interpreti: | |
Otello | Francesco Meli |
Desdemona | Serena Gamberoni |
Jago | Kiril Manolov |
Emilia | Cristina Melis |
Lodovico | Mattia Denti |
Cassio | Lorenzo Izzo |
Montano | Michele Patti |
Orchestra dell’Emilia Romagna “Arturo Toscanini” | |
Coro del Teatro Municipale di Piacenza | |
Maestro del Coro | Corrado Casati |
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