Milano: bianco, nero e rosso per l’omaggio alla grande danza del Novecento
Il bianco dei tutù, il nero delle crinoline e il rosso del tavolo sono i colori che, a contrasto con il rosa lieve dell’incarnato dei danzatori, caratterizzano le tre diverse anime della serata-omaggio alla grande danza del Novecento in scena al Teatro alla Scala di Milano, a conclusione della Stagione di Balletto 2018-2019.
Bianco. Il sipario si apre su Symphony in C, creazione del 1947 di George Balanchine (qui ripresa dalla sua grande “ambasciatrice” Patricia Neary) su musica di un Bizet diciassettenne per i primi ballerini dell’Opéra di Parigi e caposaldo del New York City Ballet, di cui il coreografo russo naturalizzato americano fu il co-fondatore e il primo direttore, nonché cavallo di battaglia del Tokyo Ballet.
Non siamo più alla Scala ma in un palazzo di cristallo, com’era inizialmente il titolo di questa composizione coreografica, suggerito da una coppia di imponenti lampadari. Anche i costumi di Barbara Karinska sono solo “suggestioni”: candidi tutù con qualche fiocco qua e là per la parte femminile e calzamaglia nera con chemise dalle spalle a sbuffo per la quota maschile. Lontanissimo dal balletto narrativo, ad ogni movimento della Sinfonia corrisponde una diversa situazione sotto il segno del linguaggio neoclassico: le quattro coppie protagoniste, introdotte e affiancate a più riprese dai solisti e da un corpo di ballo giusto solo inizialmente non in perfetta sincronia, ma che subito si riprende e restituisce una buona performance, disegnano la coreografia di una partitura tutta da vedere, oltre che da ascoltare. Entrechats, échappé, ballotté e tutto uno sfoggio della grande e petite batterie per l’Allegro vivo, appannaggio dell’ottima coppia formata da Martina Arduino e Nicola Del Freo; cambio di registro all’insegna di maggior lirismo, con ampie prese, aplomb, arabesque e movimenti più lenti e controllati per Nicoletta Manni e Marco D’Agostino che brillano nell’Adagio; quindi i dinamici salti e lo scattante piglio di Gaia Andreano e Christian Fagetti sono i fulgidi protagonisti dell’Allegro vivace in forma di Scherzo; fino al brioso Allegro vivace di Maria Celeste Losa con Mattia Semperboni, che sancisce il movimento finale e richiama tutte le coppie a confrontarsi con un virtuosismo che vuole essere sfoggio di bravura e a tratti competizione, in un festoso insieme con Solisti e Corpo di ballo che asseconda il fuoco dell’Orchestra scaligera incitata dalla bacchetta di Felix Korobov.
E se Balanchine è il maestro del balletto d’astrazione, dopo un breve intervallo ci ritroviamo altrove con Jiří Kylián, dove il racconto dell’emozione è fondamentale.
Nero. Con uno stupendo e ipnotico Petite Mort – creato nel 1991 per il Nederlands Dans Theater – entriamo in una sfera più erotica e sensuale, complici i due struggenti Concerti per pianoforte e orchestra K 488 e K 467 di Mozart (eseguiti da Takahiro Yoshikawa allo strumento solista), quasi a preparare il terreno emotivo per la scena successiva di Boléro.
Soffermandoci ancora un momento sul connubio tra Kylián e Mozart, nella ‘piccola morte’ tutto è semplice, mai urlato, a partire dai costumi essenziali di Joke Visser, giusto una culotte steccata per lui e un bustier per lei, rigorosamente color pelle. La musica, in questo modo, letteralmente si incarna ed esprime le intime relazioni tra uomo e donna, rappresentate attraverso due semplici simboli: la crinolina e il fioretto. Quest’ultimo è lo strumento d’espressione della sfera maschile, prolungamento del corpo virile e sigillo della forza vitale, mezzo per concentrarsi ed imporsi; quand’ecco che, nel bel mezzo di una sorta di allenamento quasi militare, dove i passi accademici si alternano senza soluzione di continuità agli esercizi di abilità nel maneggiare la malleabile spada, arriva la donna-fiore, che sboccia tra le mani dell’uomo in tutta la sua sensuale rigogliosità. Ed è tutto un prendersi e riprendersi, tra linee sinuose e pause che si fanno respiri. Lei, prima di liberarsi dalla crinolina nera, ci gioca, ci danza insieme, la culla, fino a lasciarla per svincolarsi dalle convenzioni sociali; ‘nuda’ finalmente si unisce all’uomo in una serie di amplessi, ora più dolci, ora più violenti, come le sei coppie danzanti sono ben chiamate a esprimere, le quali si susseguono sul palcoscenico di fronte ad uno spettatore-voyeur di questa intimità assolutizzata.
Con ancora il cuore palpitante, un breve interluce prepara l’ingresso del grande tavolo-mattatoio per il solista di Boléro.
Rosso. Nella nostra recita possiamo godere di un algido e statuario Roberto Bolle, che si fa vittima sacrificale dello scontro erotico tra ritmo e melodia nella composizione di Ravel secondo Maurice Béjart. Nato per il corpo femminile di Duska Sifnios nel 1961, poi diverse volte magistralmente interpretato anche da uomini, il costrutto coreografico svela pian piano una mano, un braccio, un fianco, un volto e poi il corpo intero di una sorta di vestale/idolo chiamata ad evocare la più alta e intensa delle seduzioni, in un climax ascendente che asseconda la composizione musicale. In Boléro Bolle la fa da padrone. Sul tondo rosso sembra la leccornia tanto attesa da famelici commensali. Guarda lontano, è assente nel suo rituale, posseduto dalle note del flauto, del clarinetto, del fagotto, e così via. È la melodia che si esprime nella pulizia del gesto. Ossessivo il tema musicale torna e torna, così come Bolle reitera la sua danza dei sette veli, finché nel crescendo orchestrale il ritmo impersonato dai danzatori maschili che circondano la scena incalza, acceso, stimolato, infervorato, e divora la melodia, rovesciandosi sul tavolo come un enorme maroso.
Alla fine dello spettacolo è piacevole domandarsi se mente e cuore si siano persi maggiormente nella meraviglia della musica o nell’articolato linguaggio della danza. Una cosa è certa: l’emozione è stato il vero leitmotiv della serata. E gli applausi infiniti da parte di tutto il teatro, bello pieno, l’hanno ben dimostrato.
Tania Cefis
(22 novembre 2019)
La locandina
Direttore | Felix Korobov |
SYMPHONY IN C |
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Musica | Georges Bizet |
Coreografia | George Balanchine © School of American Ballet |
Ripresa da | Patricia Neary |
Costumi | Karinska |
Luci | Andrea Giretti |
Cast: | |
Primo movimento | Martina Arduino, Nicola Del Freo |
Secondo movimento | Nicoletta Manni, Marco Agostino |
Terzo movimento | Gaia Andreanò, Christian Fagetti |
Quarto movimento | Maria Celeste Losa, Mattia Semperboni |
Corpo di Ballo del Teatro alla Scala | |
PETITE MORT |
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Musica | Wolfgang Amadeus Mozart |
Coreografia e scene | Jiří Kylián |
Coreografia ripresa da | Shirley Esseboom |
Costumi | Joke Visser |
Luci | Jiří Kylián |
Realizzazione di | Joop Caboort |
Supervisione alle luci e alle scene | Hans Boven |
Pianoforte | Takahiro Yoshikawa |
Cast: | |
Marta Gerani, Daniele Lucchetti, Agnese Di Clemente, Andreas Lochmann, Paola Giovenzana, Gioacchino Starace, Antonella Albano, Antonino Sutera, Giulia Schembri, Gabriele Corrado, Giulia Lunardi, Massimo Garon | |
BOLÉRO |
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Musica | Maurice Ravel |
Coreografia | Maurice Béjart |
Ripresa da | Keisuke Nasuno |
Supervisione coreografica | Gil Roman |
Luci originali riprese da | Marco Filibeck |
Cast: | |
Roberto Bolle, Marco Agostino, Edoardo Caporaletti, Christian Fagetti, Nicola Del Freo | |
e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. |
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