Londra: la decontestualizzazione di Death in Venice

Dopo più di 25 anni torna alla Royal Opera House Morte a Venezia di Benjamin Britten nella produzione di David McVicar e con un cast di prim’ordine. Nell’articolato libretto di Myfanwy Piper, basato sull’omonima novella di Thomas Mann, Venezia viene esplicitamente identificata.

Invece, nelle scene di Vicki Mortimer, lo spazio è decontestualizzato se non fosse per una gondola sulla quale il protagonista Gustav Aschenbach si muove nell’oscurità. La produzione di David McVicar è prettamente tradizionale e non contiene alcun riferimento soprannaturale. Le scene si amalgamano alle cupe suggestioni musicali scelte da Britten.

Lo sfondo è nero, la città lagunare sostituita da pilastri e anche l’albergo viene solo abbozzato. Tutta la bellezza è riservata alla luminosa spiaggia dove una calda luce pomeridiana ravviva un lucido mare sullo sfondo. Qui i ragazzi giocano e l’incantevole ballerino Leo Dixon, nei panni del giovane Tadzio, ruba il senso della ragione a Gustav.

In Morte a Venezia, l’ultima delle opere di Britten, il compositore britannico riflette ancora una volta sui consueti temi che lo hanno interessato durante tutta la sua carriera: il confine indefinito tra bellezza e desiderio, la pulsione omoerotica, il limite tra convenzione e trasgressione. Lo stile di Britten, influenzato dal peggioramento del suo stato di salute, è qui più che in qualsiasi altra sua opera profondamente malinconico, austero, privo di inutili abbellimenti, claustrofobico.

La meticolosa direzione di Richard Farnes alla guida della precisissima Royal Opera Orchestra cattura benissimo l’aspetto essenziale della partitura esplodendo solamente nell’orgasmico sogno di Aschenbach dove le divinità di Apollo e Dioniso combattono e si scontrano a spese del povero protagonista.Indubbiamente il momento più grandioso dell’opera.

Mark Padmore nei panni dello scrittore che ha perso l’ispirazione e si imbarca nel viaggio a Venezia affronta la lunga partitura con eleganza e apparentemente senza alcuna fatica.

I sette personaggi sgradevoli che spingono Aschenbach verso il suo destino sono interpretati in maniera perfettamente camaleontica dal medesimo baritono, Gerald Finley, dotato di voce calda e vellutata.

Apollo è cantato brillantemente dal controtenore Randall Scotting.

Successo finale per tutti gli interpreti, soprattutto per i due protagonisti il tenore Mark Padmore e il ballerino Leo Dixon.

Thomas Gobbetti
(24 novembre 2019)

La locandina

Direttore        Richard Farnes
Regia    David McVicar
Scene e costumi  Vicki Mortimer
Luci     Paule Constable
Coreografie   Lynne Page
Personaggi e interpreti:
Gustav von Aschenbach   Mark Padmore
Traveller, Old Gondolier, Hotel Manager, Elderly Fop, Hotel Barber, Leader of the Players,Voice of Dionysus   Gerald Finley
Voice of Apollo  Randall Scotting
Tadzio   Leo Dixon
Lady of the Pearls     Elizabeth McGorian
Jaschiu  Olly Bell
Royal Opera Orchestra
Royal Opera Chorus
Maestro del coro William Spaulding

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