Napoli: al San Carlo un’Ermione novecentesca
Mentre cresce l’attesa per l’inaugurazione di Stagione 2019/20 con Pikovaya Dama/La Dama di Picche di P.J.Cajkovskji, diretta da Juraj Valcuha in una messa in scena firmata da Willy Decker, una produzione della Staatsoper di Amburgo, per la prima volta sul palcoscenico di un teatro in Italia, il Teatro di San Carlo ha chiuso la stagione 2018/19 con un musical Lady, Be Good! di George e Ira Gershwin, che debuttò il 1° dicembre del 1924 al Liberty Theatre di New York, la regia era di Emilio Sagi in una produzione del Teatro de la Zarzuela di Madrid, con una compagnia di specialisti del genere.
La penultima opera in cartellone Ermione, invece, era un titolo scritto per il Massimo partenopeo da Gioachino Rossini quando il musicista pesarese era il compositore principe del San Carlo e Domenico Barbaja l’intraprendente impresario.
Rossini scrisse l’Ermione, opera su libretto di Andrea Leone Tottola ispirato alla tragedia di Jean Racine del 1667 Andromaque, proprio mentre Ricciardo e Zoraide aveva debuttato al Teatro di San Carlo nel dicembre del 1818. Ermione andò in scena il 27 marzo del ’19: protagonisti erano Isabella Colbran Giovanni David, Andrea Nozzari e Rosmunda Pisaroni nelle parti principali.
Isabella Colbran era Ermione, da otto anni il soprano spagnolo era davvero la regina di Napoli. Se si dà un’occhiata alla sua “agenda” di quegli anni si resta stupefatti: prima al Teatro del Fondo poi al San Carlo era in scena una sera sì ed una no. Era protagonista delle opere di Simon Mayr, di Carlo Sacconi di Sebastiano Nasolini di Gaspare Spontini. Stendhal la detestava, convinto che Rossini fosse istigato da lei ad abbandonare le opere buffe per dedicarsi al repertorio serio.
Ermione non fu accolta bene dal pubblico dell’epoca e non fu neanche recensita dal Giornale delle Due Sicilie; Rossini forse si era spinto un po’oltre, un coro maschile nel mezzo della Sinfonia iniziale e il tentativo di una espressività rinnovata e forse una drammaturgia un po’esile furono determinanti per l’insuccesso. In sintesi le recite furono solo cinque, più altre due ma solo con il primo atto; nel XIX secolo l’opera non venne più ripresa sicché Rossini, com’era sua abitudine, riutilizzò alcuni brani per opere successive.
Nel settembre del 1977 la gloriosa Settimana Chigiana a Siena fu dedicata quasi interamente a musiche di Rossini: composizioni da camera, il Conte Ory, in francese per la prima volta in Italia, e la vera sorpresa Ermione dopo un secolo e mezzo di nuovo in scena diretta da Gabriele Ferro. A quanto scriveva Fedele D’Amico, a parte la protagonista il soprano giapponese Katzue Shimada, la compagnia di canto non fu all’altezza di una partitura che, sottolineava D’Amico, esigeva “cantanti passabilmente eccelsi e mesi di preparazione claustrale”.
Dieci anni dopo ad agosto 1987 al Festival Rossini di Pesaro il titolo di richiamo fu Ermione, nell’edizione critica di Patrizia Brauner e di Philip Gossett, direttore Gustav Kuhn, scene e costumi di Enrico Job e la regia di Roberto de Simone. La compagnia di canto, difficile da dimenticare, era composta da Monserrat Caballè come Ermione, Marilyn Horne Andromaca, Pirro era Chris Merritt e Oreste Rockwell Blake.
L’anno successivo la stessa produzione ma con la direzione di Alberto Zedda, Kathleen Kuhlmann come Andromaca e Douglas Ahlstedt nella parte di Oreste Ermione tornò sul palcoscenico del Teatro di San Carlo a quasi 170 anni dalla prima rappresentazione.
Finalmente una nuova produzione quest’anno per il titolo sfortunato di Rossini, purtroppo soltanto tre recite tutte esaurite: platea e palchi gremiti di un pubblico di appassionati rossiniani arrivati da tutta Italia e non solo.
Jacopo Spirei, regista dello spettacolo, ha scelto un’ambientazione borghese con le scene di Nikolaus Webern in “un novecento ipotetico… un labirinto chiuso in sè stesso” direi anche claustrofobico, con pareti bianche a scomparsa che rivelano di volta in volta una prigione, una tribuna, il trono e la reggia di Pirro. I costumi di Giusi Giustino ispirati a varie epoche differenti e lontane: le ancelle indossano pepli bianchi che si rifanno allo stile dorico dell’architettura greca mentre Ermione ed Andromaca le due rivali hanno abiti che evocano l’800, l’una con tinte azzurre mentre la vedova inconsolabile di Ettore tra il giallo e l’arancio; Oreste indossa un completo rosso con fregi d’oro Pirro invece veste un abito borghese scuro.
Il coro femminile è abbigliato da cavallerizze e quello maschile con completi a giacca color sabbia che richiamano la moda del ‘900.
Angela Meade, molto attesa dopo l’exploit al Rof di Pesaro la scorsa estate, ha sfoderato tutte le sue doti soprattutto nel secondo atto nella gran scena di Ermione “Un empio mel rapì…” la voce è importante, volume ed estensione sono notevoli; forse lo stile va raffinato e ingentilito. La regia non ha molto aiutato il soprano per quanto riguarda l’interpretazione e la sua presenza scenica.
Andromaca era Teresa Jervolino che ha messo al servizio della dolente vedova di Ettore, l’eroe troiano, e trepida madre di Astianatte la sua esperienza e la bella voce per esprimere dolore e timore.
Antonino Siragusa, Oreste, ha mostrato tutta la sua esperienza di interprete rossiniano con il suo squillo la brillantezza e lo stile appropriato. Non possiamo dire altrettanto di John Irvin che pur se ha cantato correttamente la sua voce non corre abbastanza e soprattutto ha un canto senza forza né accento.
Completavano il cast, Filippo Adami come Pilade, Guido Loconsolo Fenicio, la brava Gaia Petrone come Cleone, Chiara Tirotta Cefisa e Cristiano Olivieri Attalo.
L’orchestra del San Carlo diretta da Alessandro De Marchi, interprete di un repertorio che va da Monteverdi fino a Donizetti, è parsa un po’ trattenuta come intimidita di fronte alla partitura rossiniana. Il coro corretto, dopo un’iniziale incertezza almeno alla recita a cui ho assistito.
Grande successo di pubblico per tutti i musicisti, qualche contestazione per John Irvin nell’ultima recita. Per la regia di Jacopo Spirei alcuni spettatori hanno espresso perplessità.
Annarita Caroli
(9 novembre 2019)
La locandina
Direttore | Alessandro De Marchi |
Regia | Jacopo Spirei |
Scene | Nikolaus Webern |
Costumi | Giusi Giustino |
Luci | Giuseppe Di Iorio |
Assistente alla Regia | João Carvalho Aboim |
Personaggi e interpreti: | |
Ermione | Angela Meade |
Andromaca | Teresa Iervolino |
Pirro | John Irvin |
Oreste | Antonino Siragusa |
Pilade | Filippo Adami |
Fenicio | Guido Loconsolo |
Cleone | Gaia Petrone |
Cefisa | Chiara Tirotta |
Attalo | Cristiano Olivieri |
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo | |
Maestro del Coro | Gea Garatti Ansini |
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