Francesco Lanzillotta e il fascino di “Resurrezione”
Alla vigilia della prima di Resurrezione – opera che consacrò il talento di Franco Alfano – in scena al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino da domani e fino al 23 gennaio, abbiamo incontrato Francesco Lanzillotta, chiamato a dirigerla riportandola al pubblico italiano dopo decenni di assenza, per porgli qualche domanda.
- In questi ultimi anni alcuni direttori d’orchestra italiani sono tornati ad interessarsi ai compositori del nostro Novecento Storico, bollati in passato come contigui al regime fascista e giudicati ineseguibili. Tu sei fra i più attivi riscopritori e interpreti di questo repertorio . Da dove è nato il tuo interesse?
È nato da una domanda molto semplice: abbiamo avuto per secoli grandi compositori, perché nel Novecento sono improvvisamente e contemporaneamente spariti? C’è forse stata una “crisi creativa”? Ho iniziato nel 2006 ad interessarmi al repertorio italiano della prima parte del Novecento e ho scoperto musica, sinfonica e operistica, di grande rilievo. La scuola compositiva italiana era più viva che mai in quel periodo. Certamente si trattava di un momento di grande cambiamento: la rottura con il melodramma, ancora molto amato dal pubblico, la rinascita della musica sinfonica, schiacciata in passato dalla produzione operistica, che con Giuseppe Martucci e Giovanni Sgambati ritrovava nuova linfa vitale, e le grandi rivoluzioni europee sono tutti elementi che hanno contribuito a trasformare gradualmente la produzione musicale. Pensiamo ad esempio alla Corporazione delle Nuove Musiche fondata da Alfredo Casella e da Gian Francesco Malipiero circa venti anni dopo la nascita dell’opera Risurrezione di Franco Alfano – tutti e tre i compositori appartenevano alla cosiddetta “Generazione dell’Ottanta” – e a quanto la “nuova musica” avesse bisogno di essere sostenuta ed eseguita, anche per far sì che il cambiamento di cui si parlava potesse svilupparsi liberamente.
- Franco Alfano non è solo colui che completò Turandot, ma anche e soprattutto compositore di estrema raffinatezza non solo formale. Risurrezione è titolo tra i più interessanti nel panorama dei primi del Novecento e il 1904 la pone temporalmente vicina a Madama Butterfly ma anche a Salome e a Pelléas et Melisande. Quanto la sua musica risente delle influenze europee?
Molto, direi. Prima di tutto per la concezione formale in cui il flusso teatrale diventa più importante della singola aria. In secondo luogo per un uso del materiale armonico estremamente ardito. Spesso infatti le tonalità dei brani sono dichiarate, ad esempio, dalle alterazioni in partitura; ma l’accordo in tonica che confermerebbe la tonalità non arriva mai, o arriva solo alla fine del segmento musicale, dando così un senso di sospensione tonale molto affascinante.
- Come ci si accosta ad un’opera che manca dalle scene da molto tempo?
Amandola e credendo nel suo valore fino in fondo; avendo ben chiaro il periodo storico in cui è stata composta ed evitando il più possibile il raffronto con ciò che l’ha preceduta.
- Tu sei compositore oltre che direttore d’orchestra; cosa ti colpisce maggiormente nella scrittura di Alfano?
Senz’altro sono estremamente affascinato dalla raffinatezza dell’orchestrazione. Con Alfano ci troviamo di fronte ad un grandissimo “esploratore” delle possibilità timbriche che gli strumenti possono offrirgli. Nella scrittura c’è una ossessiva e bulimica ricerca di colori e sonorità il più possibile diverse.
Come sarà questa Resurrezione Fiorentina?
Sarà piena di amore e di ammirazione per un grande compositore.
- Quali e dove i tuoi impegni futuri?
Dopo l’ultima recita fiorentina partirò subito per Valencia per dirigere Il viaggio a Reims. Poi seguiranno il debutto a Monaco, Amburgo, Un ballo in maschera a Budapest e, da giugno, tornerò nel mio adorato festival a Macerata.
Contemporaneamente sto finendo la composizione di un trio per violino, violoncello e pianoforte e un pezzo per orchestra.
Alessandro Cammarano
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