Milano: un Roméo et Juliette di “tradizione”
È risaputo che il pubblico prediliga le ricostruzioni storiche, forse perché convinto che scene e costumi d’altri tempi edulcorino i contenuti – talvolta truci- delle umane vicende, alimentando la convinzione che “si stava meglio quando si stava peggio”.
Fatto sta che, nonostante uno dei drammi shakespeariani più avvincenti della storia del teatro sia stato trasposto in un settecento fittizio, poco importa ai più. Non che certe regie moderne brillino di coerenza, almeno non tutte, intendiamoci. Chi non ha peccato scagli la prima pietra.
Tuttavia è singolare che la Scala riproponga uno spettacolo andato in scena nel 2011 e già allora considerato alquanto trascurabile.
Si tratta della ripresa del Roméo et Juliette di Charles Gounod, operona in cinque atti in cui il drame lyrique scalpita come necessaria liberazione dai modelli wagneriani, ma di cui è evidentemente ancora in parte vittima.
Della regia di Bartlett Sher ripresa da Dan Rigazzi non c’è molto da dire: tableaux incastonati nei bei quadri scenici di Michael Yeargan, arricchiti da costumi eleganti ma non sontuosi di Catherine Zuber.
Poca azione per un’opera che rischia di cadere nella staticità ma che si è salvata grazie al sensibilissimo tenore italiano Vittorio Grigolo il quale, evidentemente consapevole della lezione di Alfredo Kraus, ha incarnato il ruolo di Roméo non solo con la presenza scenica che lo contraddistingue, ma anche tramite una maturità interpretativa che gli hanno riscosso il meritato placet.
Voce voluminosa e duttile, Grigolo si abbandona a mezze tinte e a slanci appassionati senza mai eccedere, curando particolarmente la parola – sempre in evidenza- e il fraseggio generoso.
Al suo fianco una Diana Damrau non in stato di grazia, ma essendo professionista dotata di ottima tecnica ha saputo affrontare la recita senza tradire la parte, nonostante la scrittura di Gounod richieda una vocalità più lirica rispetto alla sua natura di soprano leggero.
Dei molti personaggi che si avvicendano sul palcoscenico – parecchi comprimari- si è distinto il Mercutio del bravo Mattia Olivieri la cui aria, non certo facile, è stata risolta con mezzi adeguati e convincenti.
Sul podio il tanto atteso debutto del ventinovenne Lorenzo Viotti il quale eredita dal padre la professione e parte del repertorio. Attento all’insieme sinfonico, la sua concertazione è molto omogenea senza particolari eccessi o abbandoni.
Le energie e le idee di un giovane direttore, a meno che non si chiami Lorin Maazel che a trent’anni era già un direttore consumato, spesso rischiano di rimanere nelle intenzioni o di essere espresse solo in parte, sebbene a volte basterebbe un unico gesto per tenere in riga l’orchestra, ma ciò è frutto dell’esperienza.
Viotti decolla nel primo atto in modo disordinato con parecchi squilibri tra buca e palcoscenico e scollamenti col coro, ma si riprende in corso d’opera regalando anche alcuni momenti di pura intensità.
Non è facile ottenere una certa continuità in un’opera apparentemente uniforme strutturalmente. Gounod, infatti, costruisce un tessuto orchestrale che si appoggia attorno a quattro lunghi duetti che aprono scenari di incantevole poesia, ma che non sono di semplice gestione all’interno del grande affresco d’ispirazione shakespeariana.
Il climax, di crescente pathos emotivo, trova conseguente risoluzione nell’ultimo atto in cui l’orchestrazione si affievolisce in conformità con la capitolazione del dramma, permettendo al canto di elevarsi a dimensione ultraterrena.
E ancora una volta la vicenda umana dei due sventurati amanti tocca il cuore del pubblico che si scioglie in applausi generosi.
Per quanto Gounod sia un compositore di tutto rispetto -mirabili le sue liriche da camera!- la letteratura operistica francese meriterebbe di essere riscoperta a partire, perché no?, dalle geniali Mamelles de Tiresias di Francis Poulenc.
Gian Francesco Amoroso
(16 gennaio 2020)
La locandina
Direttore | Lorenzo Viotti |
Regia | Bartlett Sher |
ripresa da | Dan Rigazzi |
Scene | Michael Yeargan |
Costumi | Catherine Zuber |
Luci | Jennifer Tipton |
riprese da | Andrea Giretti |
Maestro d’armi | B.H. Barry |
Movimenti coreografici | Gianluca Schiavoni |
Personaggi e interpreti: | |
Juliette | Diana Damrau |
Roméo | Vittorio Grigolo |
Frère Laurent | Nicolas Testé |
Mercutio | Mattia Olivieri |
Stéphano | Marina Viotti |
Le Comte Capulet | Frédéric Caton |
Tybalt | Ruzil Gatin |
Benvolio | Paolo Nevi |
Gertrude | Sara Mingardo |
Le Comte Paris | Edwin Fardini |
Gregorio | Paul Grant |
Le Duc | Jean-Vincent Blot |
Orchestra e coro del Teatro alla Scala | |
Maestro del coro | Bruno Casoni |
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