Venezia: Eleonora Duse rivive in Alessandra Ferri grazie a Neumeier
Sembrano frame di un lungometraggio, quelli proposti da DUSE. Fantasie coreografiche su Eleonora Duse firmato dal maestro del balletto di narrazione contemporaneo John Neumeier nel 2015 e portato in scena a inizio mese dal Teatro La Fenice di Venezia, in prima esclusiva italiana, a cinque anni di distanza dalla sua prima assoluta ad Amburgo.
Siamo nel buio silenzioso di una sala cinematografica e l’unica fonte di luce giunge dallo schermo sul quale è proiettato Cenere, l’unico film interpretato nel 1916 da una Duse cinquantottenne. Quasi la stessa età di Alessandra Ferri, étoile protagonista sul palcoscenico veneziano insieme all’ottima compagnia dell’Hamburg Ballet. Lei compare subito, in rigoroso e austero abito nero, quale pubblico del cinematografo suggerito da una fila di poltroncine in stile, dalla quale però altrettanto subito si distacca per dare il via a un lunghissimo flashback di ricordi, che si susseguono ora rapidi ora quasi in slow-motion, spesso sovrapposti come fossero visioni di un ininterrotto sogno.
In scena si ripercorre per oltre due ore la vita dell’attrice, attraverso simboli ricorrenti come i fiori, amati dalla Duse tanto da portarli spessissimo in scena, e le sue relazioni più significative (ad eccezione del marito e della figlia che non vengono rievocati). La Duse-Ferri incontra quindi, quasi come un Dante nel suo viaggio dall’Inferno al Paradiso, via via il giovane soldato Luciano Nicastro, con il quale intratterrà per molti anni un fitto scambio epistolare, splendidamente interpretato da Alexandr Trusch, così come il seducente e ammaliante Gabriele D’Annunzio di Karen Azatyan, amore passionale e irrinunciabile di tutta la vita, fino all’Arrigo Boito di Alexandre Riabko, all’amica Isadora Duncan di Anna Laudere, alla rivale Sarah Bernhardt di Silvia Azzoni. Di tanto in tanto Eleonora-Alessandra è accompagnata dalla fedele domestica Desirée von Wertheimstein impersonata dalla grazia di Hélène Bouchet, mentre è presenza ricorrente quella del danzatore Marc Jubete che impersona un generico “pubblico”, a rappresentare l’entourage di fan, spettatori e critici che hanno seguito, osservato e giudicato l’attrice nella vita oltre che sulle scene.
Momenti biografici si insinuano, quindi, in continuazione nelle rievocazioni delle più grandi interpretazioni di Eleonora Duse, a partire dalla sua shakespeariana Giulietta teenager, su cui si innesta senza continuità cronologica lo spettro della guerra, il primo conflitto mondiale, che la sconvolgerà e segnerà profondamente nell’anima e che invade la scena, e fagocita arte e finzione con la brutalità della realtà. Azione e sospensione scandiscono il ritmo della narrazione con climax in crescendo: arabesques, décalés, lift, port de bras, tutto viene giocato sull’alto e sul basso, sul bianco e sul nero, sulla luce e sul buio, sull’accelerare e sul fermarsi, sullo scorrere del tempo e sulla sospensione che fa trattenere quasi il respiro. In questo una parte fondamentale è giocata dalla perfetta scelta musicale, che propone una selezione certosina del repertorio di Benjamin Britten e Arvo Pärt, qui eseguito dall’Orchestra della Fenice guidata da Luciano Di Martino.
Con tratti essenziali si caratterizzano tempi, luoghi e situazioni: una pedana-palco, una chaise-longue in stile ottocento, le file di sedie del cine-teatro, uno schermo, un sipario nero, qualche sedia. Pochi elementi, perché protagonista è la donna, l’artista con la sua indipendenza, ora Eleonora Duse, ora Alessandra Ferri con il proprio messaggio. E la distanza tra arte e vita in questa creazione coreografica, che dichiaratamente non vuole essere biografia ma fantasia, si annulla, così come la biografia della Duse si riverbera sottilmente nella maturità artistica della Ferri. In Duse due icone del proprio tempo, due personalità chiave del panorama artistico internazionale mettono le loro anime in dialogo a distanza di generazioni, per continuare a stimolarci a ripensare cosa vuol dire interpretare. Se la Duse – lei che influenzerà fortemente Stanislavskij nella definizione del suo inconfondibile metodo – ha letteralmente stravolto la moda imperante nello stile recitativo di fine Ottocento, la Ferri ha silenziosamente imposto con la sua lunga e fulgida carriera il suo stile interpretativo forte e sensibile. Ora con le punte, ora senza, ora solo con una scarpetta, ora con il movimento del braccio o con lo sguardo, la Duse riletta da Neumeier viene magistralmente restituita dalla stessa Ferri carica di molteplici livelli di lettura. L’espressività è quella naturale della Duse, ma anche della Ferri stessa, in questo particolare nuovo momento della sua carriera, così come il tormento, l’introspezione che lega l’interprete al personaggio interpretato.
Per questo la fantasia coreografica di Neumeier non poteva concludersi con la vita terrena della sua protagonista: se la prima parte, la più estesa, sembra chiudersi con il corteo funebre della Duse, l’apparire dei “fantasmi” che hanno costellato la vita dell’attrice lasciano presagire un seguito. Le anime, infatti, la vengono a prendere per innalzarla oltre le stelle, nel limbo immortale dell’ultraterreno. E lì la ritroviamo sola con quattro partner, Nicastro, D’Annunzio, Boito e il suo Pubblico, in una dimensione straniante, dalle luci rarefatte e diffuse, con colori che vanno dal bianco accecante al blu e a un tocco di nero, quasi a suggerire lo spazio siderale; un non-luogo scandito dalla lentezza, in cui anche i silenzi hanno molto da dire. Un messaggio d’immortalità, che suggella certamente l’imperitura fama di Eleonora Duse, ma anche sancisce l’indiscussa grandezza della sua interprete.
Tania Cefis
(9 febbraio 2020)
La locandina
Direttore | Luciano Di Martino |
Coreografia | John Neumeier |
Scene luci e costumi | John Neumeier |
con un elemento di | Charles Edwards |
Personaggi e interpreti: | |
Eleonora Duse | Alessandra Ferri |
La domestica (Désirée von Werheimstein) | Hélène Bouchet |
Il soldato (Luciano Licastro) | Alexandr Trusch |
Il suo amico (Annunzio Cervi) | Jacopo Bellussi |
Il mentore (Arrigo Boito) | Alexandre Riabko |
Il seduttore (Gabriele D’Annunzio) | Karen Azatyan |
L’amica (Isadora Duncan) | Anna Laudere |
La rivale (Sarah Bernhardt) | Silvia Azzoni |
Il pubblico | Marc Jubete |
The Hamburg Ballet | |
Orchestra del Teatro La Fenice |
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