Padova: un’orchestra in duo, Piovano e Pappano

Domenica 20 settembre si è tenuto presso l’Auditorium Pollini a Padova uno di quei concerti cui bisognava andare, di quelli che se ti perdi passi poi anni a ripetere che eri impegnato, che ti sei mangiato le mani, che è stato un peccato perché ne valeva davvero la pena.

Nell’ambito di Musikè, la rassegna di musica, teatro e danza della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, si sono esibiti Luigi Piovano e Sir Antonio Pappano in duo violoncello-pianoforte sullo Steinway offerto dalla Fondazione alla Città.  Il concerto fa parte della breve tournée che i due musici hanno incastrato in mezzo alle prove all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, per promuovere il loro primo CD in duo. Non stupisce dunque trovare la Prima Sonata di Brahms ad aprire il concerto e una delle Romanze di Martucci tra i bis: proprio alle due Sonate di Brahms e alle Romanze di Martucci è dedicata questa nuova pubblicazione per Arcana. A completare il programma la Sonata di Rachmaninov.

Poter sentire rispettivamente primo violoncello solista e direttore musicale della più importante orchestra sinfonica italiana esibirsi in duo è un’esperienza affascinante: di Luigi Piovano già i padovani conoscono gli splendidi concerti che, sia come solista che come direttore, ha regalato alla città (uno tra tutti, quel meraviglioso Primo di Shostakovich con Metamorphosen di Strauss nel 2017), ma sentire Pappano è stata una prima volta, forse la prima in assoluto in cui il direttore si è esibito nella città dei Carraresi. Un commento del loro concerto non potrà dunque che partire proprio dal rapporto che esiste tra i due musicisti: d’altronde Pappano è, al pianoforte, in tutto e per tutto un direttore d’orchestra. Non perché manchi note, salvo qualche trascurabile incidente il pianista e direttore è uscito vittorioso tanto dalla Prima di Brahms che dalla temibile Sonata di Rachmaninov, ma proprio per l’approccio allo strumento. L’impalcatura verticale è solidissima, ogni voce è curata come se un’intera sezione vi si dedicasse e, pur senza alcun virtuosismo timbrico o divisione dei piani sonora da maestro della tastiera, era possibile identificare senza alcuna difficoltà quale strumento suonava quale voce. L’effetto, insomma, era quello di sentire un direttore eseguire al pianoforte una partitura sinfonica. Questo non solo in Brahms, dove la struttura è più chiara, ma anche in Rachmaninov, che Pappano ha sfrondato di qualsiasi edonismo sonoro, di quel rinfrangersi di luce crepuscolare, di quel piacere anche fisico di indugiare su alcuni passaggi, nelle liquide sonorità e nel contatto con la tastiera, sostenendo il caldo canto del violoncello. Certo, la musica di Rachmaninov vive anche di questo, anzi, fa di questo uno dei suoi aspetti più importanti e non nego che alcuni aspetti più vividi della Sonata (penso alla ossessiva cavalcata notturna dello Scherzo) abbiano un po’ sofferto di questo approccio meno pianistico e dai tempi più pacati, ma per ciò che si perdeva da un lato, altrettanto si guadagnava dall’altro. Non ho mai sentito la Prima di Brahms e la Sonata di Rachmaninov così vicine ai Concerti e alle Sinfonie dei due compositori.

Il rapporto con il violoncello di Piovano, dunque, sembrava proprio quello di una Sinfonia Concertante, in cui il solista è un primus inter pares, uno strumento rilievo sull’ampio affresco sinfonico, un po’ come il violoncello del Secondo Concerto per pianoforte di Brahms. Su questo l’intesa tra Piovano e Pappano è veramente rodata da decenni di conoscenza e musica insieme, e il direttore-pianista si fondeva alla perfezione con il nobile e mai scontato fraseggio del violoncellista. Unica osservazione riguarda il suono: su due capolavori del tardo Romanticismo (con quella punta novecentesca che emerge in Rachamninov) sono mancati i bassi sia nel pianoforte, per la mano sinistra, che nel violoncello, sempre ben cantabile nel registro medio-acuto, ma poco appoggiato e rotondo su terza e quarta corda. Forse per nervosismo (Rachmaninov era al debutto e alcuni tempi più lenti mettevano in difficoltà il violoncello), Piovano è parso trattenersi dall’affondare l’arco sulle corde e anche dove il suono serviva pieno e cantabile non è mai andato a gonfiare ed ammorbidire. Se lo attribuisco al nervosismo del momento è perché in entrambi i bis, sia la Romanza di Martucci che in Vocalise di Rachmaninov, abbiamo assistito ad una vera trasformazione del violoncellista: finalmente libero di cantare, Piovano ha trovato un suono morbido e intenso che ha tenuto letteralmente col fiato sospeso la sala. Finito Vocalise il duo ha attaccato di colpo il Volo del calabrone di Rimskij-Korsakov, finendo con ironia e brillantezza un concerto le cui ovazioni sarebbero continuate ad oltranza se le luci in sala non avessero invitato il pubblico ad uscire per procedere alla firma dei CD.

Alessandro Tommasi
(20 settembre 2020)

La locandina

Violoncello Luigi Piovano
Pianoforte Sir Antonio Pappano
Programma:
Musiche di Brahms e Rachmaninov

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