Al Palazzetto Bru Zane il fuoco del Quatuor Arod e David Kadouch
Un filo rosso lega le due composizioni che hanno caratterizzato il concerto inaugurale del festival “Camille Saint-Saëns, l’uomo orchestra”: Saint-Saëns è autore del primo impaginato in programma e fu tra gli esecutori del secondo.
Il compositore francese è – come spesso accade nella sua lunga carriera artistica – precursore di un genere e il quintetto con pianoforte rientra perfettamente nella sperimentalità della sua visione artistica ed estetica.
Il suo Quintetto per pianoforte in la minore, op. 14 è opera giovanile ma già pienamente autonoma, distaccandosi dalle prime produzioni per quintetto di Onslow e della Farrenc – primi in Francia a comporre per questo organico – ed è caratterizzata da una maturità non comune.
Nell’impaginato corre una vena ciclica, con temi che appaiono per poi tornare nei movimenti successivi e in particolare nell’Allegro conclusivo. La composizione è ricca e ambiziosa, con il Presto dionisiaco del terzo movimento a farla da padrone per invenzione e perizia contrappuntistica.
L’atmosfera cambia completamente nel Quintetto per pianoforte in fa minore, FWV 7 di César Franck, eseguito per la prima volta nel 1880 dal Quartetto Marsick con, come si diceva, Saint-Saëns al pianoforte; l’accoglienza del pubblico fu tiepida se non addirittura indifferente ma il tempo rese rapidamente ragione a quella che a buon diritto può essere considerata una delle vette più alte del repertorio cameristico del romanticismo francese.
Nel quintetto Franck sfrutta pienamente la sua esperienza di organista, percepibile nell’opulenza del suono e nella costruzione di strutture opulente; se nella pagina di Saint-Saëns la ciclicità era presente qui diventa cruciale trovando compiuta espressione. Nell’unità spicca il secondo movimento, un Lento con molto sentimento che si snoda quasi senza fine in un racconto rapsodico aprendosi poi nell’Allegro conclusivo ricco di triadi cariche di mistero se non alchemiche.
Lodi incondizionate agli interpreti – tra i pregi del Palazzetto c’è senz’altro quello di valorizzare il talento di giovani musicisti – protagonisti di esecuzioni ad alto tasso di partecipazione emotiva.
Il Quatuor Arod – Jordan Victoria e Alexandre Vu, violini, Tanguy Parisot, viola e Samy Rachid-Sahrane, violoncello – cui si unisce il pianista David Kadouch si caratterizza per la ricchezza del suono e la capacità tutt’altro che comune di entrare nella musica senza farsi travolgere e al contempo divenendo esso stesso musica.
Hanno il “duende” i ragazzi dell’Arod e Kadouch e non hanno timore a mostrarlo traendo il massimo dagli strumenti e mettendolo al servizio di due interpretazioni infiammate e allo stesso tempo intime; il pianismo meditatissimo e fantasioso di Kadouch – soprattutto nelle arditezze armoniche di Saint-Saëns – esibisce elementi tecnici di grande sostanza. Il loro Franck è entusiasmante, teso, trascinante eppure sempre sotto controllo grazie ad un’intesa perfetta fatta, tra l’altro, di sguardi intensi.
Concerto galvanizzante – ideale per la ripartenza dell’attività dal vivo del Palazzetto dopo la forzata interruzione – e applauditissimo.
Alessandro Cammarano
(26 settembre 2020)
La locandina
Quatuor Arod | |
Violino | Jordan Victoria |
Violino | Alexandre Vu |
Viola | Tanguy Parisot |
Violoncello | Samy Rachid-Sahrane |
Pianoforte | David Kadouch |
Programma: | |
Camille Saint-Saëns | |
Quintetto per pianoforte in la minore, op. 14 | |
César Franck | |
Quintetto per pianoforte in fa minore, FWV 7 |
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