Pappano l’intrepido riscopre Szymanowski
Con il Re Ruggero di Szymanowski si è inaugurata in data 5 ottobre la stagione 2017/18 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Prosegue dunque l’idea di aprire le danze con un’opera in forma di concerto, idea che si è unita all’utilizzo della Sala Santa Cecilia del Parco della Musica come fosse un enorme palco e alla scelta di affiancare all’esecuzione la proiezione di immagini sia elaborate, sia eseguite live dai MASBEDO, direttamente dal palco.
Il risultato è stato un curioso ibrido tra il concerto e l’opera, così come lo stesso Re Ruggero sembra a volte in bilico tra l’opera e la cantata, per staticità dell’azione e marcato contenuto filosofico e religioso. Fin dal primo attacco del coro, un po’ insicuro ma incredibilmente suggestivo, il raffinato linguaggio di Szymanowski ha riempito lo spazio della grande sala, riuscendo con incredibile efficacia a comunicare il carattere di intensa spiritualità dell’Hagios, hagios iniziale, ricreando gli odori e le atmosfere della chiesa bizantina anche grazie alle colate d’oro che popolavano il grande schermo sul retro dell’orchestra. Posti nelle gallerie laterali, Arcivescovo (Marco Spotti) e Diaconissa (Helena Rasker) rispondevano al coro, con una spazializzazione che ben suggeriva l’effetto architettonico. Non semplicissima l’entrata dei protagonisti, Re Ruggero (Lukasz Golinski), Rossana (Lauren Fagan) e Il pastore (Edgaras Montvidas), Edrisi (Kurt Azesberger), spesso costretti ad una spinta costante dalla difficoltà di porsi in primo piano rispetto alla ampia orchestra. L’assenza della buca ha reso infatti vita complessa ai solisti, che si trovavano più a loro agio a cantare quando venivano dislocati nella sala, come l’entrata dalla platea del Pastore, con un moto di sorpresa.
Tutti i cantanti hanno dato un’ottima prova, mostrando timbro e carattere adatti alla complessa opera, ma soprattutto rendendo con efficacia il tormentato carattere dei personaggi. Notevole da questo punto di vista l’evoluzione di Re Ruggero, unico personaggio a mutare di carattere nel corso dell’ora e mezza di rappresentazione, nonostante non sia stato reso con grande chiarezza il senso della sua conversione finale e l’epifania solare all’alba, che poteva ricevere più enfasi sia nelle proiezioni video che nel cambiamento di tono di Re Ruggero. Anche la direzione di Pappano non ha aiutato il complesso passaggio, difficile anche a livello concettuale, avvolta com’era nelle atmosfere intense ed appassionate, a volte un po’ troppo wagneriane per la partitura proposta.
La concitazione del momento, tuttavia, ha creato un’esecuzione di incredibile intensità, sacrificando le diafane sonorità dei pianissimo, ma guadagnandone in espressione travolgente. Fantastica l’esecuzione dell’orchestra, che pur coprendo eccessivamente i cantanti, ha dato un’esecuzione magistrale della partitura. A tal proposito vanno menzionati i meravigliosi soli del primo violino, Roberto González-Monjas. A completare il quadro di solidità anche l’esecuzione del coro, capace di veri istanti da brividi, e del coro di voci bianche.
L’insieme con i cantanti è stato sempre curato e fra le voci un ruolo di spicco l’ha avuto il soprano Lauren Fagan, che con splendido legato ha reso la fascinazione sensuale che pervade la Regina Rossana.
Una considerazione finale mi sento di farla: che meraviglia ascoltare il Re Ruggero di Szymanowski all’inaugurazione di Santa Cecilia. Un complimento sentito va al coraggio di Antonio Pappano nel proporre un repertorio così ingiustamente negletto in apertura della più importante stagione sinfonica d’Italia, dando ad un capolavoro del Novecento l’attenzione unica che le forze di Santa Cecilia possono concedere e combattendo come un intrepido cavaliere ogni scelta di repertorio secondo stantie logiche di marketing. Al contrario: è il marketing che deve seguire con entusiasmo l’idea artistica. E geniale anche l’integrazione con la regia in presa diretta e le proiezioni video, che, anche se a volte discutibili (ho trovato poco appropriata la cancellazione dei tatuaggi sacri sul corpo nudo in un moto di autolesionismo, presentata a mio avviso troppo presto rispetto al reale momento in cui Re Ruggero esperisce ed interiorizza la crisi mistica scoperchiata dal Pastore-Dioniso), dicevo, anche se a volte discutibili, davano un valore aggiunto che apriva le porte ad ulteriori strati di lettura tramite le personali idee. Fantastica a tal proposito la mano dorata che stringe la gola di donna, durante la suadente e meravigliosa aria di Rossana, oro che poi cola sul seno del corpo femminile, pervadendone il cuore. Spero però che alcune ingenue scivolate (oggetti che cadevano, inquadrature involontarie, profili di volti rientrati per sbaglio in camera) siano confinate all’atmosfera di questo primo esperimento!
Insomma, se l’agitazione della Prima (anche in diretta RAI Radio 3) può aver indebolito quella ricerca timbrica che alcuni orchestrali mi hanno detto essere stata notevolissima in prova, il Re Ruggero di Pappano è stato un vero successo, che non fa che generare curiosità nei confronti delle prossime recite (sabato 7 e lunedì 9) ed esorta ad una più completa riproposizione della splendida produzione orchestrale e cameristica di questo grande compositore polacco.
Alessandro Tommasi
( 5 ottobre 2017 )
La locandina
Direttore | Antonio Pappano |
Regia in presa diretta e proiezioni video | MASBEDO |
Re Ruggero II di Sicilia | Lukasz Golinski |
Roxana | Lauren Fagen |
Il pastore | Edgaras Montvidas |
Arcivescovo | Marco Spotti |
Badessa | Helena Rasker |
Edrisi | Kurt Azesberger |
Maestro del coro | Ciro Visco |
Orchestra, Coro e Voci Bianche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia |
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