Vicenza: José Coca Loza protagonista del Concerto di Voci Olimpiche

Dalla fine di agosto, al teatro Olimpico di Vicenza si fa quasi come se tutto fosse normale. Opera, concerti, gli spettacoli di prosa del Ciclo dei classici. Uno sforzo rilevante e meritevole di sottolineatura, sul piano organizzativo come su quello culturale. Perché si va nel più antico teatro coperto del mondo come se non fosse successo niente e come se fosse normale, oggi, che rassegne e festival, quelli tradizionali che scandivano il calendario di fine estate e inizio autunno, abbiano comunque luogo. Ormai abituati allo strano piccolo rito con cui ti misurano la febbre all’ingresso, e a stare comodi ben più dell’usato sulle gradinate, unico merito attribuibile alla necessità del distanziamento.

In realtà, a compiere una piccola ricognizione su quel che sta accadendo nel resto d’Italia, tutto questo tanto normale non è. Mentre la marea del virus sta tornando a salire e con essa le preoccupazioni, le grida di allarme e i timori di chiusure anche oltre le imposizioni e le restrizioni dei decreti sulla salute pubblica, Vicenza costituisce probabilmente un caso meritevole di sottolineatura se non proprio un’eccezione. Il calendario ricalca quello che gli appassionati avevano imparato a conoscere. E tutte le nuove problematiche dell’andare in scena al giorno d’oggi restano sottotraccia. Poi, quando si tireranno le somme si dovranno fare i conti con il fatto che il pubblico è stato dimezzato. Ma se la media di spettatori per evento dell’estate italiana è stata di 130 spettatori (dati dell’Agis), gli organizzatori attivi all’Olimpico – da Vicenza in Lirica alla Società del Quartetto, dalle Settimane Musicali al Ciclo dei Classici – potranno se non altro dirsi di essere sopra la media, visto che la capienza supera sia pure di poco le 200 persone e quasi sempre, in queste serate, si è visto il tutto esaurito “nouvelle vague”.

Quasi tutto esaurito è stato anche il concerto promosso dal Quartetto e dalla Fondazione Cariverona, che ha opportunamente “rinfrescato la memoria” degli appassionati di musica barocca sull’ultima (in ordine cronologico) iniziativa musicale-culturale nata e destinata principalmente al teatro di Palladio e Scamozzi. Neanche un anno fa – novembre 2019: davvero sembra un’epoca lontanissima – il concorso “Voci Olimpiche” ideato e diretto da Andrea Marcon aveva radunato a Vicenza oltre 200 concorrenti da tutto il mondo, giovani specialisti di canto barocco a caccia di un riconoscimento e soprattutto di un ingaggio messo in palio dal concorso per la rappresentazione dell’Alcina di Händel. L’opera doveva andare in scena nella primavera successiva, il confinamento e la chiusura dei teatri durante l’infuriare dell’epidemia aveva deciso altrimenti. L’appuntamento è stato rinviato di un anno, ma nell’attesa Marcon ha pensato bene di realizzare una “vetrina” per il giovane basso boliviano José Coca Loza, che non solo si era aggiudicato il ruolo di Melisso nell’opera handeliana ma era risultato il vincitore assoluto della competizione. Si tratta in effetti di un cantante dalla musicalità sorvegliata e stilisticamente inappuntabile, sempre attento a mantenere in equilibrio le molteplici esigenze tecniche del belcanto barocco con quelle di un’espressività immediata ed efficace. Il programma impaginato da Marcon, che sedeva al cembalo alla testa della sua Venice Baroque Orchestra, lo ha chiarito grazie all’ampio ventaglio del gruppo di Arie affidate a Coca Loza. Se ne è potuta apprezzare la suadente vena cantabile, tutt’altro che frequente nelle voci gravi (“Invida sorte amara” da Ariodante), l’eleganza e precisione in agilità (“Cade il mondo” da Agrippina come pure “Se il cor guerriero” da Tito Manlio di Antonio Vivaldi), l’eleganza del fraseggio e la puntuale attenzione alla parola cantata.

La serata ha proposto anche alcune interessanti composizioni strumentali non handeliane ma della stessa epoca, con una singolare omogeneità armonica determinata dalla tonalità di Sol minore comune a tutte le pagine: l’Ouverture di Francesco Maria Veracini (autore che meriterebbe ben altra presenza nei programmi), il denso Concerto vivaldiano per archi RV 157, con un primo movimento in drammatica struttura di Ciaccona e il Concerto per due violoncelli sempre del “prete rosso”, che ha visto emergere la raffinata qualità strumentale dei due solisti, Massimo Raccanelli e Federico Toffano. Brillante e come sempre capace di un suono duttile e corposo la Venice Baroque Orchestra.

Successo caloroso, bis con l’Aria dal Tamerlano.

Cesare Galla
(15 ottobre 2020)

La locandina

Venice Baroque Orchestra
Direttore Andrea Marcon
Basso José Coca Loza
Programma:
Francesco Maria Veracini
Ouverture n. 6 in Sol minore
Georg Friedrich Händel
Invidia sorte amara (Ariodante)
Nel mondo e nell’abisso (Tamerlano)
Ouverture dall’opera “Alcina” HWV 34
Pensa a chi geme (Alcina)
Cade il mondo (Agrippina)
Antonio Vivaldi
Concerto in Sol minore per archi e basso continuo, RV 157
Georg Friedrich Händel
Recitativo accompagnato: Mi palpita il cor
Aria: Affanno tiranno (Polifemo)
Antonio Vivaldi
Concerto in Sol minore per due violoncelli, archi e basso continuo, RV531 (Massimo Raccanelli, Federico Toffano violoncelli)
Se il cor guerriero (Tito Manlio)

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