Alla Scala Chung ritorna pianista
Dalla bacchetta agli ottantotto tasti. Myung-Whun Chung, uno dei direttori d’orchestra più apprezzati e corteggiati della scena musicale internazionale, torna al suo primo amore, il pianoforte. Non a caso la sua carriera inizia proprio come pianista, secondo premio a 21 anni all’International Tchaikovsky Competition di Mosca. Ed è proprio in veste di pianista che lo ascoltiamo in Concerto, il 11 ottobre scorso, insieme al violinista Sergey Khachatryan ed al violoncellista Enrico Dindo, accompagnati dall’Orchestra Filarmonica della Scala. Ad ospitarli in tutto il suo splendore un Piermarini, ancora sogno che efficacemente trasporta, immersi tra incantevoli fluidi sonori, in una dimensione altra. Un incantevole regno a cui restano estranee le cupe brume che quotidianamente ci avvolgono. Un luogo in cui il tempo è sospeso, in cui non è ammessa l’emergenza sanitaria, in cui il covid-19 non ruba la scena. La musica non si ferma e l’orchestra, nonostante la scomodità delle mascherine in concerto e la distanza fisica obbligata, ne è la prova. La musica sopra tutto resiste con la sua forza dirompente, quella stessa che nei secoli l’ha condotta a noi. Quella forza che ancora ci induce a consacrarle intere esistenze. La musica che, seppur agonizzante, sopravvive a sale tristemente svuotate, ad orchestre faticosamente mascherate. Il programma monografico interamente dedicato a Ludwig van Beethoven si è aperto con il Concerto in do maggiore op. 56 per pianoforte, violino, violoncello e orchestra per poi proseguire con la Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92. Tanta bellezza smuove gli animi, sovrasta, rende ancora più emotivamente fragili, consapevolmente piccoli. Le pagine beethoveniane del celeberrimo Triplo vengono interpretate dai tre colossi in un serrato dialogo delle parti. Il piglio di Chung è più che di un virtuoso degli ottantotto tasti, quello di un musicista completo che riesce a far emergere chiaramente le linee del discorso musicale e a trasmettere la propria “visione”. Emerge ciò che, dopo una importante carriera come la sua, rivelò di avere oggi particolarmente a cuore: fare musica insieme con gioia.
«Stando sul podio mi manca certamente l’approccio da strumentista, l’opportunità di essere io stesso a produrre la musica ma, nonostante ciò, suonare il pianoforte mi crea oggi qualche imbarazzo. Il tempo da dedicare allo studio non è tantissimo tra prove, concerti e recite e vivo ormai l’esperienza pianistica con, oltre l’ovvio piacere, un po’ di ansia», così con grande umiltà si espresse a proposito delle sue performance da strumentista. Ad affiancarlo e condividerne gli intenti musicali la voce soave, morbida e accorata del violoncello di Enrico Dindo. Un continuo susseguirsi di nuance che emergono tra raffinato fraseggio, perfezione dell’arco, legati e travolgenti cambi di colore. Il violino di Khachatryan, che proprio con Chung sul podio esordì nell’aprile del 2019 alla Scala, completa le volte di una architettura sonora e compositiva unica per raffinatezza. Così è tracciato il ritratto di un Trio eccezionale per livello ed eleganza interpretativa. Torna poi sul podio, Chung, alla guida della Filarmonica in una Settima ricca di carisma ed energia. L’orchestra è duttile nelle sue mani, si accende per poi render fioca la propria luce in pianissimo mozzafiato. La cura del dettaglio, la resa quasi esasperata dei contrasti, la compattezza del suono degli archi, i frequenti interventi dei fiati denotano la grande affinità tra il direttore coreano e “i suoi”. La serata termina tra gli appalusi scroscianti di un pubblico meno numeroso ma non meno entusiasta.
Luisa Sclocchis
(11 ottobre 2020)
La locandina
Direttore e pianoforte | Myung-Whun Chung |
Violino | Sergey Khachatryan |
Violoncello | Enrico Dindo |
Filarmonica della Scala | |
Programma: | |
Ludwig van Beethoven | |
Concerto in do maggiore op. 56 per pianoforte, violino, violoncello e orchestra | |
Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92 |
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