Piacenza: un Barbiere specchio dei tempi

Un anno fa il Teatro Municipale di Piacenza inaugurava con La Bohème di Puccini una stagione che si preannunciava ricca di proposte piuttosto interessanti.

Purtroppo a febbraio, pochi giorni prima della tanto attesa Lucrezia Borgia donizettiana, il repentino diffondersi del covid-19 ha fatto naufragare tutta la programmazione.

Piacenza diventa una delle città del nord Italia più colpite dal virus, il Municipale era vuoto e silenzioso, gli unici suoni che si udivano per le strade erano quelli delle ambulanze.

Un quadro triste che, viste le ondate preannunciate, non lasciava molte speranze per il futuro.

Tuttavia Cristina Ferrari non si è arresa e col suo formidabile team reinventa la stagione dando vita a a nuovi progetti come la splendida opera barocca Aci, Galatea e Polifemo di G.F. Handel andata in scena a novembre su Opera Streaming.

Numerose le difficoltà di questa operazione tra cui rendere sicuri gli artisti e i dipendenti del teatro garantendo tamponi a tutti, osservare i distanziamenti necessari in scena e dietro le quinte e predisporre le riprese per la diretta streaming.

A inaugurare la stagione virtuale è stato un certo barbiere proveniente da Siviglia ma tutto italiano o, per meglio dire, tutto rossiniano.

Titolo di tradizione nonché melodramma buffo per eccellenza -che poi a ben guardare tanto buffo non è- l’opera dell’inutile precauzione giunge a Piacenza con l’allestimento firmato nel 2005 da Beppe De Tomasi per il Regio di Parma e ripreso da Renato Bonajuto.

Riproporre uno spettacolo non è mai un’operazione così scontata, a maggior ragione di questi tempi in cui in scena i cantanti non possono toccarsi e l’orchestra e il coro devono osservare il distanziamento.

Barbiere in forma di concerto non avrebbe avuto senso e così Bonajuto ha cercato di mantenere l’impianto registico di De Tomasi, originariamente ricco di gags, -per buona pace di chi ama un Rossini ripulito dalle comiche tradizioni- cercando nuovi espedienti, talora ben escogitati come la celebre scena della barba.

Congeniale per questa operazione l’elegante scena fissa di Poppi Ranchetti vivacizzata dai colori degli splendidi costumi di Artemio Cabassi.

A debuttare nel personaggio di Rosina è la piacentina Giuseppina Bridelli che affronta la parte brillantemente. Voce calda, splendide e interessanti le variazioni, bell’accento, presenza e intelligenza scenica nonché personalità sono gli ingredienti che rendono la Bridelli più che convincente.

Al suo fianco, chiamato all’ultimo per improvvisa indisposizione di Simone Del Savio, il baritono Roberto De Candia –veterano del rôle-titre – meno incline all’aspetto buffo mira all’essenza del personaggio il cui intelletto pragmatico è la chiave su cui è incentrato Figaro.

A suo agio scenicamente il giovanissimo tenore Manuel Amati mostra coraggio da vendere nell’affrontare l’impervia parte del Conte d’Almaviva, la cui scrittura è particolarmente scoperta e richiede una maturità tecnica che è emersa a tratti. Amati sfodera acuti sicuri e, quando l’emissione è a fuoco, una natura timbrica interessante.

Marco Filippo Romano è Don Bartolo. Simpatico, mai caricaturizzato, vocalmente centrato, vive pienamente il personaggio suscitando spontanea ilarità con freschezza di fraseggio e varietà di accento.

A completare il cast l’affabile Berta di Stefania Ferrari, il prestante Fiorello di Francesco Cascione, il serioso Don Basilio di Mattia Denti e il puntuale Ufficiale di Simone Tansini.

Sul podio il giovane maestro tedesco Nikolas Nägele affronta con piglio la partitura rossiniana facendone emerge il carattere meno giocoso, ovvero quell’incedere teso e serrato che porta ai vorticosi momenti di follia claustrofobica in cui tutti i personaggi si scatenano in euforici sfoghi.

Questo Barbiere è specchio inconsapevole dell’attuale periodo storico, un domani sarà testimonianza tangibile di quanto stiamo vivendo, della volontà di tener viva a tutti i costi la nostra cultura manifestando con l’arte l’esigenza di rinnovare il teatro anche in condizioni impensabili.

Speriamo però di tornare alla normalità in quanto il melodramma ha bisogno dei teatri popolati dal pubblico, lo streaming è solo un salvagente utile ma non definitivo.

Gian Francesco Amoroso

(20 dicembre 2020)

La locandina

Direttore Nikolas Nägele
Regia Beppe De Tomasi
ripresa da  Renato Bonajuto
Scene Poppi Ranchetti
Costumi Artemio Cabassi
Luci Michele Cremona
Personaggi e interpreti:
Conte d’Almaviva Manuel Amati
Rosina Giuseppina Bridelli
Don Bartolo Marco Filippo Romano
Figaro Roberto De Candia
Don Basilio Mattia Denti
Berta Stefania Ferrari
Fiorello Francesco Cascione
Ambrogio Michele Zaccaria
Un ufficiale Simone Tansini
Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Maestro de coro Corrado Casati

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