Verona: un dittico di parole e silenzi
Un dittico Ponchielli-Puccini sicuramente insolito era la seconda proposta con teatro chiuso al pubblico della stagione lirica al Filarmonico di Verona. Si attende di capire cosa ne sarà della terza, che essendo programmata per il 28 marzo potrebbe anche – mille condizionali d’obbligo – svolgersi con qualche presenza di spettatori, oltre che sui canali streaming e televisivi.
Nei due titoli dello spettacolo, la rarità era costituita dallo “Scherzo comico” Il parlatore eterno, vero e proprio “divertissement” firmato nel 1873 da Amilcare Ponchielli in coppia con il librettista Antonio Ghislanzoni, che un paio di anni prima aveva dato a Verdi il testo di Aida. In tempi moderni, risulta che l’operina sia stata rappresentata soltanto un’altra volta, nel 2006.
Quando si dedicò a questo bizzarro quanto breve atto unico per un solo personaggio, circondato da comprimari pressoché muti (il più delle volte zittiti dal fiume di parole emesso dal protagonista), l’autore della Gioconda stava ultimando, sempre con la collaborazione di Ghislanzoni, il dramma lirico I lituani, che di lì a qualche mese alla Scala non avrebbe avuto il successo sperato. Qui l’occasione brillante e paradossale (il plot è quello di una domanda di matrimonio che incontra una breve ripulsa e poi viene coronata dal successo) offre al musicista l’occasione per un piccolo saggio di eclettismo stilistico, nel quale gli echi rossiniani e donizettiani “suggeriti” dalla natura stessa della scena, con il suo andamento caricaturale, vengono rielaborati in un linguaggio di brillantezza corposa, nel quale lo strumentale assume ruolo primario a fianco della duttile e multiforme linea vocale affidata al protagonista.
La regia di Stefano Trespidi (la scena fissa, semplice e chiara, è di Filippo Tonon), allude con una scritta al luogo e alla data della prima rappresentazione assoluta – Lecco, 18 ottobre 1873 – e gioca poi su un’astrazione rappresentativa nella quale tutti coloro i quali girano intorno al protagonista Lelio Cinguetta (nomen omen…) sono in certo modo i pupazzi di un teatrino intorno al monologo di cui in effetti consiste la partitura. Circondato con appropriata scioltezza scenica da Grazia Montanari, Maurizio Pantò, Tamara Zandonà, Sonia Bianchetti, Salvatore Schiano di Cola e Francesco Azzolini, il baritono Biagio Pizzuti ha disegnato la parte di Lelio con ironia e autoironia, passando disinvoltamente dal canto spiegato al declamato, dal recitato al recitativo, con efficace definizione timbrica e fraseggio franto a sufficienza per dare l’idea di quanto questa scena comica abbia una vena astratta, quasi surreale.
Quanto a Puccini, con totale capovolgimento di atmosfera rispetto a Ponchielli il dittico veronese proponeva l’atto unico Il tabarro, elemento iniziale del Trittico portato al debutto nel 1918 ma composto negli anni della Grande Guerra. È una storia di degrado e di abiezione, cupa e notturna non solo per l’ambientazione, ma anche per la psicologia elementare e feroce dei suoi personaggi. Il tratto veristico è presente, ma la drammaturgia musicale messa a punto dal compositore lucchese è ben diversamente profonda, di intrigante modernità. La tinta opprimente del racconto è realizzata in orchestra con un’evidenza in vari punti avvincente, specie quando la linea melodica si frange e si altera, e l’armonia si allontana da ogni completezza formale: la lezione mahleriana non è ignota a Puccini (si pensi al deforme valzer che striscia poco dopo l’inizio e racconta la passione fra i due amanti), e certe tensioni quasi espressionistiche appartengono all’attualità culturale più stringente. La concessione alla tradizione si manifesta sul versante della vocalità, ma solo a sprazzi, con slanci melodici subito sopiti, frenati, mentre il canto di conversazione giunge a un’asprezza impensabile nei precedenti capolavori pucciniani.
Lo spettacolo co-firmato per la regia dall’ex direttore artistico areniano Paolo Gavazzeni e da Piero Maranghi (scena fissa di Leila Fteita, costumi anni Quaranta di Silvia Bonetti, luci di Paolo Mazzon) ha lavorato con efficacia sull’atmosfera, grazie al gioco scenico delle sfumature nell’oscurità e alle retro-proiezioni, da sanguinarie a plumbee, dedicate al cielo di Parigi. E ha delineato con interessante sottigliezza i personaggi: i due amanti, Giorgetta e Luigi, vivono in una bolla di disperata sensualità; Michele, il marito tradito, è sopraffatto da una cupa e inesorabile pulsione di morte; Frugola, patetica e generosa quasi-barbona dalla vita impossibile, aspira ingenuamente a un po’ di benessere.
Il cast era costituito da cantanti di qualità e di buona disposizione attoriale. Maria Josè Siri è stata una Giorgetta di misurati slanci lirici e di tagliente forza drammatica, brava nel fornire alla sua linea di canto la tensione dell’amore sensuale che la travolge; positivo Luigi è stato Samuele Simoncini, vittima sacrificale del suo stesso amore, che ha cantato con passione mai disgiunta dall’equilibrio nel fraseggio. Elia Fabbian è stato un Michele di interiorizzata e fatale angoscia, giocata benissimo nelle dinamiche e nel colore. Buona anche la prova di Rossana Rinaldi, che ha dato alla Frugola gli accenti pateticamente positivi che rendono il personaggio un esempio di straordinaria umanità nell’abiezione dell’ambiente. Positivi Francesco Pittari (il Trinca), Davide Procaccini (il Talpa), Riccardo Rados (il venditore di canzonette), Grazia Montanari e Dario Righetti.
Sul podio è salito Daniel Oren, che dopo aver delineato con spigliatezza la vena comica di Ponchielli ha reso con pennellate dense di suono e di forza espressiva la cupa tela strumentale di Puccini, sorvegliando con accuratezza il rapporto fra orchestra (puntuale la formazione areniana) e scena. Divertito, nel Parlatore eterno, il coro istruito da Vito Lombardi.
Il dittico Ponchielli-Puccini è disponibile sulla web-Tv della Fondazione Arena (www.arena.it/tv) e sul canale You Tube della stessa Fondazione (https://www.youtube.com/user/arenaverona). Il 5 e il 6 marzo lo spettacolo andrà in onda alle 15 sull’emittente Telenuovo. Il 6 marzo sarà anche sulla pagina Facebook dell’Arena (https://www.facebook.com/arenaverona).
Cesare Galla
(1º marzo 2021)
La locandina
Il Parlatore eterno | |
Direttore | Daniel Oren |
Regia | Stefano Trespidi |
Scene | Filippo Tonon |
Luci | Paolo Mazzon |
Personaggi e interpreti: | |
Lelio Cinguetta | Biagio Pizzuti |
Susetta | Grazia Montanari |
Dottor Nespola | Maurizio Pantò |
Aspasia | Tamara Zandonà |
Sandrina | Sonia Bianchetti |
Egidio | Salvatore Schiano di Cola |
Un Caporale dei gendarmi | Francesco Azzolini |
** | |
Il Tabarro | |
Direttore | Daniel Oren |
Regia | Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi |
Scene | Leila Fteita |
Costumi | Silvia Bonetti |
Luci | Paolo Mazzon |
Personaggi e interpreti: | |
Michele | Elia Fabbian |
Luigi | Samuele Simoncini |
Il Tinca | Francesco Pittari |
Il Talpa | Davide Procaccini |
Giorgetta | Maria José Siri |
La Frugola | Rossana Rinaldi |
Un venditore di canzonette / Secondo amante | Riccardo Rados |
Primo amante / Voce di sopranino | Grazia Montanari |
Voce di tenorino | Dario Righetti |
Orchestra e coro dell’Arena di Verona | |
Maestro del coro | Vito Lombardi |
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