Una serata polacca per l’inaugurazione del Quartetto

Inaugurazione polacca, per la stagione del Quartetto di Vicenza. Fra il noto e il meno noto, anzi il quasi sconosciuto. E se la non frequente occasione di ascoltare entrambi i Concerti per pianoforte di Chopin ha dato un sapore meno scontato all’inevitabile presenza di questo grande nel programma, di notevole interesse si è rivelata la proposta di autori novecenteschi molti diversi per stile, scelte artistiche, destino umano come Henryk Gorecki e Mieczyslaw Weinberg. Il tutto sotto le insegne di una compagine strumentale di agguerrita e concentrata musicalità come la Kremerata Baltica, che compie vent’anni e afferma orgogliosamente la sua sostanziale autonomia dal nume tutelare e fondatore, il grande violinista Gidon Kremer,

Il capitolo concertante della serata aveva peraltro un motivo di grande interesse nel debutto vicentino del ventitreenne pianista coreano Seong-Jin Cho, il vincitore della più recente edizione del Concorso Chopin  Varsavia, che sempre rende il trionfatore della competizione in certo modo polacco d’adozione. Le due composizioni, poi, sono state proposte in una versione nella quale l’accompagnamento era affidato ai soli archi: una trascrizione appositamente realizzata dal quarantenne compositore russo-americano Yevgeny Sharlat.

Si sa che la parte orchestrale dei Concerti chopiniani è spesso oggetto degli interventi più o meno pesanti dei direttori d’orchestra, dai semplici tagli (specialmente nelle introduzioni) alla “riscrittura” della strumentazione, che per una riprovevole tradizione storico-musicologica viene considerata immatura e inadeguata. Il che non tiene conto di un semplice dato di fatto: questi lavori sono fuori dalla temperie del “Concerto sinfonico”, tipica del Romanticismo, e sono invece il culmine e la conclusione dello stile cosiddetto Biedermeier, che dominò il gusto e la scena musicale europea dal Congresso di Vienna all’incirca fino al 1830, l’anno in cui videro la luce entrambe le composizioni. Uno stile che escludeva ogni protagonismo orchestrale (tanto che esistono casi in cui l’orchestra viene dichiarata “ad libitum”) e lasciava quasi l’intero spazio allo strumento solista, così preponderante da poter trascurare le cadenze, secondo l’uso di Mozart e Beethoven.

Per questo motivo, l’esecuzione con orchestra di soli archi ha una sua valenza storica, nel senso che all’epoca di Chopin la questione degli organici orchestrali per i Concerti non era considerata primaria. La trascrizione di Sharlat, poi, è apparsa all’ascolto molto puntuale e precisa, con la soluzione di affidare alle prime parti soliste (violino, viola e violoncello) le “sortite” in originale affidate ai legni o agli ottoni, conservando la tipicità della scrittura e accennando in maniera efficace alle sue differenti caratteristiche timbriche.

Impeccabilmente coesi sotto la guida del konzertmeister Dzeraldas Bidva, eppure capaci di affermare una significativa qualità solistica, gli archi della Kremerata Baltica non hanno davvero lasciato intendere che la serata fosse la prima in cui suonavano insieme a Seong-Jin Cho. Questi, dal canto suo, ha una volta di più meravigliato e affascinato per la naturalezza esatta eppure mobilissima del suo fraseggio, per la qualità poetica delle prese di suono e per la ricchezza delle sfumature nel colore, emozionanti anche all’interno del vortice virtuosistico della scrittura chopiniana. Scalette e scale vorticose, ottave, arpeggi, trilli non vengono mai risolti dal giovane coreano solo in senso meccanico – pur di precisione – ma con una sottigliezza che regala alla magia del virtuosismo una consapevolezza stilistica e una profondità di pensiero che hanno pochi eguali oggi nel panorama del concertismo internazionale – probabilmente nessuno nell’ambito della sua generazione. Trionfali le accoglienze da parte del pubblico e alla fine bis ancora nel nome di Chopin: il Notturno in Do diesis minore, opera postuma, risolto come interiore meditazione spogliata di ogni inutile retorica sentimentale.

La serata si era aperta con i Tre pezzi in stile antico di Gorecki, compositore che appartiene alla generazione della Seconda Avanguardia (che infatti frequentò negli anni Cinquanta a Darmstadt e Parigi), ma che già qui (la piccola composizione è del 1963) mostra la sua inclinazione per un discorso musicale dai riferimenti arcaicizzanti, nel ricorso alla modalità e alla tradizione popolare del suo Paese, che si sviluppa secondo una trama espressiva di malinconica introspezione, esaltata dal lento rincorrersi delle frasi.

Molti distante da questo clima emozionale sembrerebbe all’inizio la Sinfonietta n. 2 di Weinberg, un autore che espatriò in Unione Sovietica per sfuggire ai nazisti al momento dell’invasione della Polonia, nel 1939, diventando sodale e “protegé” di Šostakovič (anche contro le persecuzioni del regime staliniano, che lo portarono in carcere nel 1953). Il primo movimento esprime infatti una forte energia ritmica e coloristica, che la Kremerata ha illuminato appieno, ma tutti i movimenti successivi ripiegano poi in chiave quasi onirica, venata di tristezza. L’ultimo cita quasi alla lettera il tema di una precedente composizione per voce nella quale il testo poetico fa riferimento proprio alla tristezza del ricordo che si trasforma in sogno. Esecuzione intensa nella sua tinta brunita ed eloquente, duttile nel delineare le sfumature di queste partiture, stilisticamente impeccabile.

Teatro Comunale al gran completo, successo vivissimo, numerose chiamate.

Cesare Galla

La locandina

Orchestra Kremerata Baltica
Pianoforte Seong-Jin Cho
Programma
Henryk Górecki
Tre pezzi in stile antico
Frédéric Chopin
Concerto per pianoforte n. 1 (trascrizione per orchestra d’archi di Evgeny Sharlat)
Mojsze Weinberg
Sinfonietta n. 2
Frédéric Chopin
Concerto per pianoforte n. 2 (trascrizione per orchestra d’archi di Evgeny Sharlat)

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