Ravenna: la svolta romantica dell’Accademia Bizantina
Per le orchestre barocche che suonano su strumenti d’epoca e propongono esecuzioni storicamente informate, spesso è un processo naturale muoversi dal Sei-Settecento per spingersi in territorio ottocentesco. È successo negli ultimi venti o trent’anni soprattutto all’estero, pensiamo per esempio a compagini molto affermate come l’Orchestra del Settecento di Frans Brüggen e l’Orchestra of the Age of Enlightenment con John Eliot Gardiner, e ora a compiere questo passo significativo è l’Accademia Bizantina con il suo direttore Ottavio Dantone.
Il concerto del 5 giugno alla Rocca Brancaleone per il Ravenna Festival ha sancito la svolta con un programma che comprendeva la Sinfonia n. 4 in la maggiore op. 90 “Italiana” di Felix Mendelssohn e la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 97 “Renana” di Robert Schumann. Un lavoro, quindi, nato agli albori del Romanticismo musicale e uno creato nel pieno della temperie romantica; entrambi, comunque, inevitabilmente debitori della musica del passato e ancora per molti versi a essa legati.
È soprattutto questo aspetto a conferire senso e validità al lavoro specifico del gruppo ravennate. Come Dantone sostiene, suonare questa musica provenendo da un’esperienza esecutiva ed estetica del passato comporta un modo di fraseggiare, di attaccare il suono e altri gesti musicali che risalgono alla fine del Settecento e che si utilizzavano ancora all’epoca di Mendelssohn e di Schumann. Si mettono così in rilievo degli aspetti che nella concezione moderna della musica passano quasi inosservati, perché lo strumento antico permette di ottenere più facilmente gli effetti dinamici, articolatori, prosodici, estetici che erano nelle intenzioni del compositore, e anche i rapporti tra le varie sezioni dell’orchestra cambiano.
Per queste esecuzioni, l’Accademia Bizantina ha usato gli stessi strumenti ad arco che impiega per la musica barocca, ma con un arco intermedio tra quello settecentesco e quello moderno, un po’ più pesante del primo e più leggero dell’altro. Nella prima metà dell’Ottocento i fiati stavano subendo fondamentali trasformazioni, quindi per il concerto sono stati scelti trombe e legni adeguati, mentre si è conservato il colore dei corni naturali.
Di fatto, quello timbrico è il primo fattore che colpisce, in interpretazioni del genere, così come la nettezza delle linee strumentali senza il vibrato continuo delle orchestre moderne; nel concerto alla Rocca Brancaleone, a tali caratteristiche tipiche delle esecuzioni di musica barocca storicamente informate se ne sommava un’altra: lo slancio e il dinamismo che spesso i gruppi di questo tipo imprimono alle loro esecuzioni.
Così, l’Allegro vivace e il Saltarello, primo e ultimo movimento della sinfonia di Mendelssohn, sono stati staccati da Dantone a una velocità molto sostenuta, che ha tra l’altro esibito la salda tenuta dei singoli e del gruppo; senza rinunciare, però, alla raffinatezza e alla soavità che il compositore profonde anche in questo luminoso lavoro. Più ardito il discorso nei confronti della “Renana” che è posteriore di quasi vent’anni rispetto all’“Italiana” (composizione terminata rispettivamente nel 1850 e nel 1833), ma altrettanto stimolante. In entrambe le sinfonie, i legami con la musica precedente erano in effetti molto più immediatamente percepibili rispetto a quanto di solito accada nelle esecuzioni con orchestre moderne.
Anche la “Renana” ha messo in luce le qualità dell’Accademia Bizantina e una menzione particolare va riservata agli ottoni per il solenne corale del quarto movimento. Nel complesso, due esecuzioni degne di grande interesse e molto coinvolgenti, alle quali il pubblico ha tributato calorosissimi applausi.
Patrizia Luppi
(5 giugno 2021)
La locandina
Direttore | Ottavio Dantone |
Accademia Bizantina | |
Programma: | |
Felix Mendelssohn Bartholdy | |
Sinfonia n. 4 in la maggiore op.90 “Italiana” | |
Robert Schumann | |
Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 97 “Renana” |
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