Alessandro Bonato: «Credo, francamente, che una carriera non vada “costruita”»
Veronese, ventiseienne, Alessandro Bonato è una delle bacchette più giovani dell’ultima generazione e sicuramente una delle più interessanti. Dallo scorso gennaio è direttore principale della FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana e il prossimo 20 giugno sarà protagonista di uno dei concerti di punta del Festival Settenovecento di Rovereto. A lui abbiamo rivolto qualche domanda
- Il concerto che dirigerai il prossimo 20 giugno nell’ambito del Festival Settenovecento è tutt’altro che convenzionale. Ce ne puoi parlare?
Il programma del 20 giugno (cosi come quello del 18 ) è interessante da diversi punti di vista. Innanzitutto per il valore di riscoperta artistica nei confronti del compositore autoctono Zandonai: eseguiremo, infatti, 3 liriche inedite, di diverso affetto e carattere tra loro.
In secondo luogo credo sia interessante porre un particolare focus sulla diversità di “stile” che caratterizza ogni brano.
Il concerto per Clarinetto di Copland (autore che ho scoperto da non molto, del quale mi sto innamorando sempre più ), scritto per organico piccolo, ma variopinto ( vedi arpa e pianoforte obbligati ), richiede una competenza tecnica importante tanto per il solista quanto per l’orchestra. Spazia in lungo e in largo nelle sfere sonore degli strumenti, ne sfrutta le peculiarità ( si pensi allo slap dei contrabbassi, tipicamente jazzistico ), così da creare piccoli scenari sempre diversi. Degna di nota la lunga e impegnativa cadenza che il compositore riserva al solista.
La sinfonia Italiana, dal canto suo, si discosta completamente da quanto detto poc’anzi: il suono, per quel che mi riguarda, è un retaggio del passato, lo stile riprende il Classico di Mozart e prima ancora Bach.
Il suono ruvido ruvido, consistente, appoggiato che si sente in Copland, qui lascerà il passo all’articolazione, alla brillantezza, al fraseggio.
- L’Orchestra Settenovecento è un progetto magnifico che sta ottenendo grandi risultati. Come si trova un giovane a dirigere dei suoi quasi coetanei?
Si potrebbe pensare che i giovani musicisti tendano a non prendere seriamente i giovani direttori, ma si sbaglia. Anzi, da parte dei giovani musicisti c’è una enorme stima, rispetto e solidarietà nei confronti dei giovani direttori.
Io, con i ragazzi, mi trovo benissimo.
In ogni orchestra giovanile ( o semi giovanile, o professionale ma formata principalmente da giovani ) in cui sono stato, ho sempre trovato una enorme voglia di mettersi in discussione, di voler comunicare qualcosa, di arrivare al risultato comune. E questo porta anche me a dare sempre il massimo nei loro confronti.
Dirigere i ragazzi è bello, si parla la “stessa lingua”, non c’è concorrenza sleale, c’è amicizia fuori dal Teatro, ma profondo rispetto dei ruoli sul palcoscenico.
Spezzerei una enorme lancia a favore dei giovani musicisti ( e anche dei direttori ): rispettosi, preparati, seri.
- In Italia si tendono a considerare le professioni legate allo spettacolo come dei passatempi da retribuire “in visibilità”. Perché?
È una domanda difficile.
Credo sia un problema di incomprensione.
Se non si capisce l’importanza di una cosa, come la si può rispettare e darle il giusto valore?
Ricordi il mito di Re Mida? Colui che, per cupidigia di denaro, chiese il tocco d’oro, ma ben presto si accorse di avere tutto l’oro del mondo e nemmeno un pezzo di pane commestibile. Il tutto, ma il nulla.
L’importanza delle piccole cose.
L’Italia ha ( ed ha avuto ) la enorme fortuna di dare i Natali a tantissimi Geni in ogni campo (specialmente in quello artistico ).
Come Re Mida, spesso, avendo e avendo avuto sempre moltissimo, non ci accorgiamo del reale valore di ciò che possediamo, ovvero la Cultura, la Storia, l’Arte, e tendiamo a snobbarla relegandola a passatempo, a passione del tempo libero, preferendo trasformare in oro ciò che oro non è…
Cambieremo questa visione distopica dell’arte e della cultura solo e soltanto quando ne avvertiremo e percepiremo la reale caratura e importanza.
Allora, forse, anche gli artisti torneranno ad acquisire il loro vero posto nel mondo.
- A 26 anni puoi vantare un curriculum invidiabile. Come si costruisce una carriera solida?
Credo, francamente, che una carriera non vada “costruita”, ma che si autogeneri man mano che si percorre la propria strada.
Vero è, d’altro canto, che, come in un qualsiasi sentiero o percorso ad ostacoli, bisogna fare i passi giusti e saltare le asticelle una alla volta progressivamente.
Gli agenti servono proprio ad aiutare gli artisti in questo lungo percorso che è la carriera, consigliando, accompagnando, stando vicino loro durante i momenti euforici o di sconforto ( e, credetemi, i secondi sono prevalenti ), indirizzandoli verso le scelte opportune, sponsorizzandone il talento e credendo in loro.
In ogni caso, il più grande nemico dei giovani musicisti e direttori, con il quale combattere, è la diffidenza.
- Dallo scorso gennaio sei direttore principale della FORM; il più giovane tra quelli delle Istituzioni Concertistico Orchestrali Italiane. Quale sarà l’impronta che darai e quali i programmi e i progetti?
Sono felicissimo di poter avere una “mia” orchestra così giovane, anche perché ho trovato una realtà bellissima, che mi dà fiducia totale, che mi fa lavorare come piace a me, in un ambiente sereno ma molto professionale.
Il lavoro principale che stiamo facendo assieme è sul suono e sull’articolazione, in base ai diversi stili e periodi storici che si affrontano. L’orchestra è molto duttile e versatile, e questo mi permette di lavorare molto sulle differenze stilistiche.
Con il direttore artistico Fabio Tiberi stiamo seguendo una linea di ampliamento del repertorio, spaziando dalla musica barocca (lo scorso anno abbiamo eseguito Vivaldi e Corelli per esempio ) al ‘900 (Barber, Shostakovich, Stravinsky, ecc.. ), con particolare attenzione al grande repertorio romantico.
Abbiamo iniziato ad eseguire le sinfonie di Brahms e Tchaikovsky, che puntiamo a finire covid permettendo.
Alessandro Cammarano
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