Verona: Gianna Fratta “cuore e braccio” al Filarmonico
“Greatest hits” al teatro Filarmonico per il debutto veronese della direttrice d’orchestra Gianna Fratta nella stagione sinfonica di Fondazione Arena. Da un lato una garanzia di attenzione da parte del pubblico, dall’altro un’incognita, perché non c’è appassionato che non abbia in mente il “suo” Concerto Imperatore (o in misura minore, la “sua” Sinfonia Scozzese) e non sia portato a confronti sempre rischiosi per chi sale sul podio o siede alla tastiera del pianoforte, anche se quasi sempre impropri.
Sfida vinta, dal punto di vista delle accoglienze, entusiastiche sia per Fratta, direttrice artistica dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, che per il solista Michele Campanella, al ritorno nella sala del Bibbiena dopo una pausa ultra trentennale. Ma sfida vinta anche dal punto di vista esecutivo: entrambi i protagonisti della serata hanno offerta una bella prova di musicalità, rigore, consapevolezza tecnica e profondità di pensiero. Assai positiva anche l’orchestra dell’Arena, precisa e concentrata nonostante la disposizione sul palcoscenico risenta ancora delle norme anti-Covid e quindi con notevoli distanze fra le sezioni e all’interno di esse, e non senza schermi di plexiglass a separare i fiati dal resto dell’organico.
Per molti aspetti, il quinto e ultimo Concerto per pianoforte di Beethoven (1809) costituisce il tentativo di incrociare la tradizione “marziale” e drammatica di questo genere (che il compositore tedesco aveva portato ai massimi livelli nel suo Terzo Concerto) con quella della interiorità espressiva che ha nel Quarto beethoveniano il capolavoro assoluto. Campanella ha delineato i caratteri di questa duplicità con una lettura di ricchezza spesso seducente dal punto di vista del suono e del fraseggio. Stilisticamente, l’aggancio allo spirito del Classicismo era evidente nell’asciuttezza del tocco e nell’eloquenza con cui i chiaroscuri erano plasmati nel corso dell’esecuzione, ma quello che colpiva era il riuscito bilanciamento fra le ragioni esteriori della declamazione e quelle interiori della poesia intima. Che ha avuto naturalmente il suo apice nel movimento centrale “Adagio un poco mosso”, ma che promanava anche da passaggi meno scontati. E valga come esempio l’attonita dolcezza con cui nella cadenza del primo movimento – o per meglio dire, in occasione della “fermata” dell’orchestra subito prima della chiusa – è emerso nella lettura di Campanella uno dei temi “di contorno” e di opposizione alle muscolari perorazioni che costituiscono la spina dorsale del movimento nel suo insieme.
Quanto alla direttrice (nel programma di sala definita “direttore”), si è inoltrata con scrupolo analitico nella densa materia sonora che Beethoven affida all’orchestra, costruendo un’interpretazione rigorosa e coinvolgente, “esatta” sul piano del suono e sottilmente comunicativa su quello dell’espressione, grazie al minuzioso controllo dell’equilibrio fra le sezioni e alla valorizzazione in bello stile del ruolo dei fiati e dei timpani (ai quali spetta quasi l’ultima parola della composizione dal punto di vista orchestrale, in uno strabiliante dialogo con il pianoforte). La tensione era alta e poetica nei primi due movimenti, un po’ allentata nel terzo, per il quale Fratta e Campanella hanno adottato un tempo leggermente rallentato, che sottolineava certamente l’eleganza “viennese” della scrittura in 6/8 ma si sottraeva in qualche misura alla “frenesia ritmica” che anima l’invenzione.
Applausi lunghissimi hanno salutato l’esecuzione beethoveniana, inducendo Campanella – sorridente e incline al dialogo con quello che ha definito “un bel pubblico” – a un duplice bis: prima, come raccordo per la seconda parte della serata, il fremente Scherzo dai Capricci op. 16 di Mendelssohn, reso con raffinata brillantezza; quindi la poetica semplicità del terzo “Momento musicale”, in Fa minore.
Nell’affrontare la Sinfonia n. 3 “Scozzese” di Mendelssohn, poi, Gianna Fratta ha sciorinato un gesto morbido e chiaro, incisivo e capace di essere origine e non conseguenza della musica. Il tutto con la precisione necessaria a ottenere una resa musicalmente intrigante nell’accurata gamma dinamica e nella ricchezza della tavolozza timbrica. Così, si è apprezzato un rigore “nordico” ricco di suono nelle perorazioni a tutta orchestra dei due movimenti estremi, sempre in preciso equilibrio fra le sezioni, ma anche una dolcezza di intima forza comunicativa nel meraviglioso Adagio che funge da terzo movimento e una contemplativa intensità nel maestoso Corale che suggella la Sinfonia. Nell’insieme, una prova convincente, che ben corrisponde alla considerazione di Yuri Ahronovitch, riportata nel curriculum della direttrice, che fu sua allieva: «Non ho mai conosciuto un direttore così giovane e già così dotato di cuore e di braccio».
Cuore e braccio sono valsi gli applausi convinti e le ripetute chiamate della platea quasi al completo del Filarmonico, ma non sono bastati a strappare un bis.
Cesare Galla
(13 novembre 2021)
La locandina
Direttore | Gianna Fratta |
Pianoforte | Michele Campanella |
Orchestra dell’Arena di Verona | |
Programma: | |
Ludwig van Beethoven | |
Concerto n. 5 per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore, op. 73 “Imperatore” | |
Felix Mendelssohn Bartholdy | |
Sinfonia n. 3 in la minore per orchestra “Scozzese”, op. 56 (MWV N 18) |
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