Piacenza: Aroldo “storicizzato”
Approda sulle scene piacentine Aroldo, melodramma in quattro atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave.
Andato per la prima volta in scena nel 1857 al Teatro Galli di Rimini -dal quale proviene questo nuovo allestimento in coproduzione col Teatro Alighieri di Ravenna, il Teatro Comunale di Modena e il Teatro Municipale di Piacenza- Aroldo sorge sul preesistente materiale di Stiffelio. Inutile dire che Verdi oltre a reimpaginare la partitura, ha cambiato le sorti drammaturgiche mutandone lo scenario. Se infatti Stiffelio si basa principalmente su un argomento religioso-sacramentale, in Aroldo Verdi punta sull’aspetto psicologico dei personaggi. Cosa non da poco, ma Verdi era fatto così, per nostra fortuna.
A chiarire bene la faccenda è Emilio Sala che col registra Edoardo Sanchi ha curato gli aspetti dramamturgici della produzione.
L’allestimento che si avvale delle scene funzionali di Giulia Bruschi, dei costumi pertinenti di Raffaella Giraldi ed Elisa Serpilli, nonché delle luci di Nevio Cavina, è un omaggio alle rovinose vicende storiche che hanno visto protagonista il Teatro Galli durante il Secondo Conflitto Mondiale. Pertanto il medioevale cavaliere sassone Aroldo si ripresenta qui in veste di condottiero di ritorno dalla guerra coloniale d’Africa.
Sipari, proiezioni di immagini di repertorio curate da Matteo Castiglioni, voci fuori scena, vecchi dischi gracchianti canzoni degli anni Trenta, sono gli elementi aggiuntivi che contribuiscono a ricontestualizzare il dramma verdivano senza però snaturarne l’essenza, anzi rendendone maggiormente intelligibile il testo.
Sul podio Manlio Benzi restituisce nel dettaglio una partitura poco frequentata ma straordinariamente interessante non solo per i momenti d’insieme -qui concertati con tensione e tempi appropriati- ma anche per un’orchestrazione alquanto ricercata in cui affiorano bagliori che ricordano Rigoletto.
Ottima la compagine vocale a partire da Roberta Mantegna nelle vesti della tormentata Mina. La Mantegna, che gode di un mezzo vocale fresco e duttile, ha risolto la non facile scrittura verdiana con solidità tecnica che le ha permesso intensi abbandoni espressivi.
Al suo fianco Luciano Ganci sfodera una vocalità squillante e rigogliosa dando vita a un Aroldo possente e particolarmente pertinente alle intenzioni della trasposizione registica.
Elegante, dalla dizione e accento perfetti è l’Egberto di Vladimir Stoyanov che anche nelle parti più concitate mantiene sempre una linea di canto accurata senza inutili eccessi.
Bene anche Adriano Gramigni (Briano), Riccardo Rados (Godvino) e il giovane corista Giovanni Dragano (Enrico).
La produzione si è avvalsa anche dei pregevoli movimenti scenici curati da Isa Traversi.
Particolarmente a fuoco il Coro del Teatro Municipale istruito da Corrado Casati.
Lunga vita al Verdi meno conosciuto e alle letture drammaturgiche che raccontano con competente coerenza.
Gian Francesco Amoroso
(21 gennaio 2022)
La locandina
Direttore | Manlio Benzi |
Drammaturgia e regia | Emilio Sala e Edoardo Sanchi |
Scene | Giulia Bruschi |
Costumi | Elisa Serpilli e Raffaella Giraldi |
Luci | Nevio Cavina |
Coreografie | Isa Traversi |
Montaggio video e proiezioni | Matteo Castiglioni |
Personaggi e interpreti: | |
Aroldo | Luciano Ganci |
Mina | Roberta Mantegna |
Egberto | Vladimir Stoyanov |
Briano | Adriano Gramigni |
Godvino | Riccardo Rados |
Enrico | Giovanni Dragano |
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini | |
Coro del Teatro Municipale di Piacenza | |
Maestro del coro | Corrado Casati |
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