Fano: l’Italiana al Cabaret
Sarebbe dovuta andare in scena il 7 marzo del 2020 l’Italiana in Algeri programmata per la stagione 2019-2020 della Fondazione Rete Lirica delle Marche – in collaborazione con il Rossini Opera Festival e con l’Accademia Rossiniana “Alberto Zedda” di Pesaro – ma l’emergenza pandemica fece scattare il primo, traumatizzante, confinamento giusto alla vigilia dello spettacolo al Teatro della Fortuna.
A due anni di distanza questa “follia organizzata e completa” – come ebbe a definirla Stendhal – trova finalmente la via della scena, accolta festosamente da un pubblico desideroso di riappropriarsi di spazi per troppi mesi forzatamente negati.
Cecilia Ligorio decide di sottrarsi a qualunque riferimento “esotico” presente nell’Italiana facendone – teatro nel teatro – un gioco di travestimenti tutti interni ad una compagnia di cabaret.
Il tutto potrebbe anche funzionare se si trattasse di autentico cabaret, forma artistica che nella tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del secolo successivo ha lasciato esempi fulgidi, e non di assai meno blasonato avanspettacolo.
La Ligorio – complici anche le scene di Gregorio Zurla e i costumi di Vera Pinamonti Giua – sembra restare impaniata proprio da ciò che avrebbe voluto evitare. Al personaggio aggiunto dell’Impresario, a ricordare il Joel Gray di “Cabaret”, la cui onnipresenza diventa in breve tempo stucchevole è affidato il compito di tirare le fila di una trama che non ne ha nessun bisogno; per giunta nel tentativo di giustificarne il costante interagire si interviene piuttosto arbitrariamente sui recitativi tanto da renderne spesso incomprensibile il senso.
Ci si muove dunque fra capocomici e soubrette, attrezzisti e cigarette-boys, leoni finti e virago con la frusta, il tutto in un florilegio di caccoline un tantino fruste e con cadute di gusto culminanti in un Mustafà-Pappataci travestito da sciantosa. Non un gran servizio a Rossini insomma.
Va un po’ meglio dalle parti dell’esecuzione musicale.
Ferdinando Sulla, eroico, fa di tutto per trarre quanto di meglio si possa ottenere dall’Orchestra Sinfonica G. Rossini che invece sembra aver fatto dell’approssimazione la sua cifra distintiva; nonostante tutto Sulla trova una chiave interpretativa nel complesso condivisibile.
Del ruolo-titolo Francesca Di Sauro offre un’interpretazione corretta, con agilità a posto e capace di sfruttare pienamente la sua estensione vocale che la porta a puntature acute nelle cadenze e negli abbellimenti.
Nicolò Donini è Mustafà dalla voce chiara e di bella presenza scenica così come Lara Lagni disegna un’Elvira capricciosa ma non troppo.
A Lindoro Rossini destina una tessitura impervia che Shanul Sharma fatica non poco a padroneggiare, arrivando in più di un’occasione oltre al limite delle sue capacità.
Molto bene fanno Ramiro Maturana che tratteggia un Taddeo dalla prorompente vocalità, Pablo Gálvez Haly dal fraseggio luminoso e Mariangela Marini come Zulma.
Simone Tangolo, cui si riconoscono ottime doti d’attore, è l’Impresario.
Si comporta bene il Coro del Teatro della Fortuna preparato da Mirca Rosciani.
Il pubblico, come detto, si diverte e applaude tutti.
Alessandro Cammarano
(5 febbraio 2022)
La locandina
Direttore | Ferdinando Sulla |
Regia | Cecilia Ligorio |
Scene | Gregorio Zurla |
Costumi | Vera Pierantoni Giua |
Luci | Fabrizio Gobbi |
Personaggi e interpreti: | |
Mustafà | Nicolò Donini |
Lindoro | Shanul Sharma |
Isabella | Francesca Di Sauro |
Elvira | Lara Lagni |
Zulma | Mariangela Marini |
Haly | Pablo Gálvez |
Taddeo | Ramiro Maturana |
Impresario | Simone Tangolo |
Orchestra Sinfonica G. Rossini | |
Coro del Teatro della Fortuna | |
Maestro del coro | Mirca Rosciani |
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