Vicenza: l‘Ensemble Musagète racconta i suoni dell’inverno

Doppiato il capo dei vent’anni, l’Ensemble Musagète – nato nel 2001 da una felice intuizione del violinista Giovanni Guglielmo – continua a seguire percorsi musicali alternativi, insoliti, aperti al nuovo. E sempre più spesso esce da Palazzo Leoni Montanari, la sede museale di Intesa San Paolo che fin dall’inizio ha patrocinato l’attività del gruppo, per incrociare un pubblico più ampio e diverso. L’altra sera, ad esempio, il Musagète è tornato al teatro Comunale di Vicenza, nell’ambito della stagione della Società del Quartetto, per proporre Sentieri sotto la neve, la ricognizione musicale di Giovanni Bonato nel mondo di Mario Rigoni Stern, già eseguita in prima assoluta nel 2019 nel Salone di Apollo del palazzo Leoni Montanari.

Si tratta di un brano di ampie dimensioni (circa mezz’ora di musica) e di profonda quanto intima poesia sonora, commissionato dall’Ensemble al sessantunenne compositore scledense nel 2018. Il suo spunto letterario è in particolare uno dei racconti più famosi della raccolta pubblicata nel 1998, quello intitolato Nevi, nel quale lo scrittore altopianese mette in fila e descrive le otto parole che nella lingua cimbra venivano utilizzate per intendere la stessa cosa, solo apparentemente sempre uguale, in realtà sempre diversa a seconda del periodo dell’anno: la neve appunto. Il percorso parte dalla Brüskalan, la prima neve dell’anno, quella che ad autunno “detta” la fisionomia del paesaggio e segna il passaggio di stagione, e si conclude con la Kuasneea, il raro evento atmosferico delle improvvise nevicate estive, che spaventano e disturbano il bestiame nei pascoli in quota. Le tappe sono contrassegnate dalla Sneea, la vera neve invernale, “abbondante e leggera”; dalla Haapar, che è la neve di fine inverno che si scioglie presto mentre le allodole cominciano a cantare. E poi, in un percorso che è anche ornitologico oltre che meteorologico, dopo la primaverile Haarnust, dalla tenuta precaria, ecco la Swalbalasneea, o neve marzolina delle rondini; la Kuksneea, rapide a sparire dai prati in aprile mentre intorno echeggia il canto del cuculo, e la Bachtalasneea, causata da qualche temporale di maggio, e collegata al verso delle quaglie.

Seguendo questa suddivisione, la composizione si configura come una Suite in otto parti che è allo stesso tempo meditazione sulle immagini e sui pensieri di Rigoni Stern, “visione” naturalistica e in certo modo racconto sonoro. La lingua di questo racconto è principalmente (ma non solo, evidentemente) il timbro e le sue combinazioni nel rapporto fra i dieci strumenti dell’Ensemble, ovvero due violini, viola, violoncello, contrabbasso, flauto, oboe, clarinetto, fagotto e corno. Se da un lato il canto degli uccelli (ma anche lo stormire delle foglie o il soffiare del vento) è occasione di una resa sonora per così dire materica, la vera sfida consisteva nel rendere il fenomeno atmosferico che per definizione non fa rumore, quando accade, una nevicata. Bonato lo affida in larga parte agli archi, giocando abilmente con gli effetti degli armonici e delle corde vuote. Violini, viola, violoncello e contrabbasso sono così protagonisti di un canto quasi astratto nella sua rarefatta poesia, al quale l’acustica non ideale del Comunale non frappone ostacoli grazie alla qualità degli strumentisti del Musagète, ciascuno preciso, insieme in dialogo suggestivo e coerente.

L’insieme dà l’idea di una pittura musicale a forte connotazione naturalistica, capace però di trascendere il mero descrittivismo – pur concedendosi tratti perfino umoristici, ad esempio con il suono dei campanacci nella conclusiva Kuasneea – grazie al rigore della scrittura, a un linguaggio nitido e incisivo senza quasi mai fare ricorso a coordinate armoniche banali, mentre la “melodia di timbri” di antica memoria novecentesca viene rivisitata con partecipazione autentica ma notevole forza innovativa. Così, la forza comunicativa semplice e forte della prosa di Rigoni Stern trova una dimensione di altrettale immediatezza nella tavolozza coloristica metamorfica delineata da Bonato, insieme assai personale e istintivamente fedele all’assunto letterario di partenza.

Salutata da cordialissimi applausi che hanno accomunato gli esecutori al compositore, la serata si era aperta con una piccola rarità come la Sinfonia da camera op. 8 di Ermanno Wolf Ferrari. In questo caso, Fabio Pupillo (flauto), Remo Peronato (oboe), Luigi Marasca (clarinetto), Enrico Barchetta (corno), Marco Giani (fagotto), Massimiliano Tieppo e Tiziano Guarato (violini), Michele Sguotti (viola), Simone Tieppo (violoncello) e Michele Gallo (contrabbasso) sono stati affiancati al pianoforte da Gabriele Dal Santo, che per la composizione di Bonato ha invece svolto il ruolo di sensibile direttore. Fin dal titolo, questa composizione giovanile del compositore veneziano-bavarese (datata 1901) dichiara un’ambizione che l’ascolto rivela non priva di velleità e di soluzioni non ben risolte. L’invenzione melodica, che sarà cifra caratteristica di quest’autore, è già fluente ma incorniciata in un contesto formale divagante, spesso rapsodico oltre la partizione tradizionale in quattro movimenti che non coincide con analogo ordine formale all’interno di ciascun movimento. L’insieme risulta a tratti prolisso (trattasi di pagina che supera i 35 minuti di durata) e spesso acerbo, anche se non mancano improvvise aperture di qualche interesse specie nel dialogo tra fiati e archi, mentre la tastiera svolge un ruolo narrativo nel quale si sente l’influenza del tardoromanticismo tedesco. Esecuzione comunque egregia sul piano strumentale, espressivamente ricca di sfumature, accolta da applausi cordiali anche se non entusiastici.

Cesare Galla
(7 febbraio 2022)

La locandina

Ensemble Musagète
Programma:
Ermanno Wolf-Ferrari
Sinfonia da camera, op. 8
Giovanni Bonato
Sentieri sotto la neve

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