Milano: Sinfonie gotiche e Mandarini meravigliosi con Salonen e l’Orchestre de Paris
Esa-Pekka Salonen alla Scala era un evento da non perdere. Certo, il direttore finlandese vi è tornato come parte di una tournée con l’Orchestre de Paris, ma intanto il pubblico milanese ha potuto nuovamente accoglierlo. E che accoglienza gli ha riservato, con ovazioni prima ancora di cominciare e un trionfo al termine.
Il programma era dei più belli – e dei più adatti per un’orchestra francese. Antipasto con la Pavane pour une infante défunteRavel; poi la suite da Il Mandarino meraviglioso di Bartók; infine, piatto forte, la Symphonie fantastique di Berlioz. A completare, dessert, Le jardin féerique, il finale da Ma mère l’oye di Ravel. E come ammazzacaffè, il Preludio dal Terzo Atto di Lohengrin.
Le prime note della Pavane di Ravel, in realtà, non sono state delle migliori. L’attacco, a freddo, è sempre complesso e rimettersi in sesto per i corni non è mai semplice. In questo caso, però, sono bastate poche battute per riassestarsi e permettere di apprezzare fin da subito il lavoro fatto da Salonen sulle voci secondarie, esaltando il dialogo tra i due corni senza mai alterare l’equilibrio tra le voci. Questo lavoro non sarebbe stato possibile se l’Orchestre non avesse saputo trasformarsi in un morbido e discreto sfondo. L’intimità degli archi, nel cui suono morbidissimo emergevano comunque delicate ruvidezze, ha dato l’impressione come di una pittura su legno un po’ sbiadita, come un vecchio mobile di cui si intravede ancora lo splendore con la malinconia segnata dal tempo che passa. L’ultimo ritorno del tema, agli archi, ha raggiunto dolcezze infinite, senza però lasciarsi andare alla deriva in estasi manieristiche.
Chi conosce Salonen si aspettava grandi cose dal Mandarino meraviglioso. Il direttore è celebre per le sue incisioni dal grande repertorio novecentesco, in particolar modo Stravinskij, ma anche Bartók, Debussy, Hindemith, Rautavaara, fino ai contemporanei. La sua incisione del Mandarino meraviglioso con la Philharmonia Orchestra di Londra è splendida e giustamente ci si aspettava qualcosa di grandioso. Non siamo stati delusi. L’Orchestre de Paris non ha la brillantezza delle compagini anglosassoni, non riempie di suono la Scala, ma offre al pubblico una gamma di colori e soprattutto di dinamiche vastissima. In tutta la suite non vi è stato un singolo calo di cura dei dettagli e le mezze tinte non hanno affatto depotenziato i passaggi più schiettamente impressionanti. Quando serviva immergersi nell’ossessione orgiastica, ad esempio nello sbalorditivo finale, Salonen non aveva remore e vi attingeva a piene mani. Qui è interessante osservare che il direttore, a volte votato ad un controllo muscolare persino eccessivo, ha trovato con l’Orchestre de Paris un abbandono che ancora non gli avevo mai sentito dal vivo. La sua capacità di tenere sempre in rilievo le nervature dei brani si è unita nel Mandarino meraviglioso all’indugiare nelle sonorità più contorte e alla furia dei raptus estatici che Bartók dissemina generosamente in questo capolavoro del Novecento.
Ciò che non ci si attendeva era una tale resa della Sinfonia fantastica di Berlioz. Certo, il brano è pane quotidiano per un’orchestra francese, ma ci si chiedeva quanto Salonen si sarebbe trovato in sintonia con un brano che è diventato l’emblema del Romanticismo. La risposta è: moltissimo. Il direttore finlandese ha compiuto un lavoro di fine ripulitura da stereotipi ed eccessi, senza però retrocedere per pudore di fronte ai numerosissimi contrasti con cui Berlioz dà uno strappo rispetto alla tradizione sinfonica dell’epoca. Sotto le mani di Esa-Pekka Salonen, la Fantastica è tornata ciò che era al suo tempo: avanguardia pura. Ovviamente sono evidenti i debiti a Beethoven, così come la coincidenza di Berlioz con un Romanticismo anche letterario, che ribolliva nella Francia degli Anni Venti e Trenta dell’Ottocento. Basta incrociare le date per notarlo: la Sinfonia è del 1830, poi revisionata nel ’32. Nel ’27 esce il Cromwell di Hugo, seguito nel ’30 dal suo Hernani, due testi fondamentali per il teatro romantico e nel 1831 viene pubblicato Notre-Dame de Paris. La Fantastica trasuda questa atmosfera e Salonen ne è ben consapevole. Spogliata di ogni retorica bombastica e di ogni esagerazione enfatica, la sua Symphonie diventa uno spaventoso crogiolo di elementi eterogenei, spesso condotti contemporaneamente, con divagazioni, distrazioni, improvvise pause liriche, impennate degne delle più vertiginose guglie gotiche. In questo scavo, Salonen porta alla superficie anche il gioco di incastri che Berlioz costruisce tra i volumi orchestrali, trattati con dissociazione e indipendenza come poi il Novecento farà con le arti visive. L’Orchestra risponde benissimo e d’altronde come potrebbe fare diversamente?
Il gesto di Salonen è, se è possibile fare una classifica sul tema, il più bello al mondo. A guardare il direttore (e compositore, ricordiamolo) si può ricostruire ogni sua minima intenzione musicale. Quando nel Mandarino Salonen fendeva l’aria con nervose sciabolate, l’orchestra trasformava quel gesto in suono. Complicate linee di crescendo e diminuendo, fraseggi ricchi di sfumature, improvvisi cambi di timbro, agogica flessibile eppure sempre dominata, l’identità tra direttore e compagine era a tratti talmente assoluta da folgorare il pubblico, tutto. Impressione, questa, confermata dall’entusiasmo incontenibile che ha costretto il direttore a concedere i due bis menzionati in apertura. Le jardin féerique è stata una delle vette dell’intero concerto, il momento di massima morbidezza raggiunto dall’Orchestre. Il grande crescendo conclusivo era da respirare a pieni polmoni. Impossibilitato a lasciare il palco, ha concesso il secondo bis, il Preludio al Terzo Atto di Lohengrin, ormai certo di aver completamente conquistato il pubblico scaligero. Il quale non l’ha lasciato andare e anche a luci accese e orchestra ormai già ai camerini (tranne alcuni curiosi rimasti ad osservare) è stato richiamato due volte ancora sul palco, tra interminabili ovazioni. Potrà questo Wagner essere preludio ad un suo ritorno – in buca o sul palco – nel teatro scaligero? Dopo il trionfo di ieri sera, le speranze sono grandi.
Alessandro Tommasi
(28 aprile 2022)
La locandina
Direttore | Esa-Pekka Salonen |
Orchestre de Paris | |
Programma: | |
Maurice Ravel | |
Pavane pour une infante défunte | |
Béla Bartók | |
Il Mandarino meraviglioso, suite da concerto (1919) | |
Hector Berlioz | |
Symphonie fantastique (Épisode de le vie d’un artiste) op. 14 |
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