Milano: Gioconda avvolta dalle tenebre

È avvolta nelle tenebre la nuova produzione scaligera de La Gioconda, melodramma in quattro atti di Amilcare Ponchielli su libretto di un certo Tobia Gorrio, al secolo Arrigo Boito.

«Tenebre orrende», come le definisce la Cieca, madre di Gioconda, personaggio non vedente il cui nome di battesimo non ci è dato sapere. 

Da questo spunto si sviluppa l’idea registica di Davide Livermore che avvolge interamente la vicenda in un’oscura dimensione visionaria-surreale, complici le scene di Giò Forma e i costumi di Mariana Fracasso. Ben si presta l’ambientazione veneziana in cui i bagliori dell’acqua si confondono con le alterazioni visive della Cieca, creando un gioco distorto della realtà. 

La Gioconda, un dramma a tinte fosche, andò in scena per la prima volta al Teatro alla Scala nell’ottobre del 1876 ottenendo un grande successo. 

Opera tardo romantica? In parte sì. Tuttavia in essa, come fece notare Gianandrea Gavazzeni in uno dei suoi poderosi diari, è ravvisabile un primo germoglio del verismo, inteso come tinta che ritroveremo negli anni a venire. 

Sta di fatto che i personaggi che animano il libretto di Boito, liberamente tratto da un dramma di Victor Hugo, sono tutti pervasi da una carica emotiva alquanto accentuata e ben espressa dalla generosa e ispiratissima vena compositiva di Ponchielli. 

Questo senso di irrequieta e passionale instabilità emerge in maniera evidente nella lettura di Livermore. Le scene rotanti affollate da presenze di angeli inquietanti, gondole metafisiche che galleggiano per aria e un brigantino fantasma, sono elementi che contribuiscono a sottolineare ancora di più l’instabilità dei sentimenti che animano soprattutto Gioconda. 

Sfortunatamente questa interessante realizzazione, tecnicamente eccellente grazie ai mezzi di un palcoscenico che può permettere meraviglie, non è stata del tutto supportata dalla concertazione affidata a Frédéric Chaslin. La scelta dei tempi troppo lenti, dinamiche e indicazioni disattese, la mancanza di una tensione esecutiva che porta a incalzare certe frasi, hanno messo spesso in difficoltà il palcoscenico, primo fra tutti il tenore Stefano La Colla, subentrato all’ultimo in sostituzione di Fabio Sartori che ha abbandonato la produzione, pare per sopraggiunti motivi di salute.

Nel rôle-titre si è distinta Saioa Hernandez. Gioconda già applaudita su altri importanti palcoscenici, la Hernandez è partita un po’ cauta mostrando qualche incertezza nella tanto attesa frase «Madre! Enzo adorato! Ah come t’amo!» Ma si è ripresa nel corso della serata. Naturalmente la gestione vocale di questo repertorio porta sempre a scelte difficili, la scrittura centrale e medio grave, infatti, se risolta con i suoni di petto rischia di creare una certa disomogeneità di registro. Tuttavia la Hernandez ha cercato, nei limiti del possibile, una certa omogeneità di emissione, preferendo una linea interpretativa più sobria e meno animata.

Al suo fianco Anna Maria Chiuri, nei panni della Cieca, fraseggiatrice attenta e ottima scenicamente ha regalato un momento di pura estaticità nella scena del rosario.

A completare la compagine femminile è Daniela Barcellona la cui natura belcantista emerge anche in questo repertorio estremo per le sue corde, tuttavia ha risolto l’intelligenza musicale il personaggio di Laura.

Ottimo per volume e presenza scenica l’Alvise Badoèro di Erwin Schrott così come straordinario fraseggiatore è stato Roberto Frontali nei panni crudeli di Barnaba. 

Bene le parti di comprimario sostenute da Fabrizio Beggi, Giorgio Valerio, Francesco Pittari e Guillermo Esteban Bussolini.

A impreziosire questa produzione, oltre al Coro del Teatro alla Scala sapientemente istruito da Alberto Malazzi e il Coro delle Voci Bianche diretto da Bruno Casoni, anche gli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia scaligera diretta da Frédéric Olivieri.

Curioso osservare come un titolo così frequentato nel passato ora sia di raro ascolto in teatro, a volte addirittura sottovalutato… segno del mutare dei tempi?

Gian Francesco Amoroso

7 giugno 2022

La locandina

Direttore Frédéric Chaslin
Regia Davide Livermore
Scene Giò Forma
Costumi Mariana Fracasso
Luci Antonio Castro
Video Designer D-WOK
Coreografia Frédéric Olivieri
Personaggi e interpreti:
La Gioconda Saioa Hernández
Laura Adorno Daniela Barcellona
Alvise Badoèro Erwin Schrott
La Cieca Anna Maria Chiuri
Enzo Grimaldo Stefano La Colla
Barnaba Roberto Frontali
Zuàne Fabrizio Beggi
Un cantore / Un pilota Giorgio Valerio
Isèpo Francesco Pittari
Un barnabotto Guillermo Esteban Bussolini
Orchestra e coro del teatro alla Scala
Maestro del Coro Alberto Malazzi

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