Verona: la luminosità densa di Bell e ASMF
Uno dei pregi delle orchestre d’oltremanica è quello di avere in qualche modo – e nel corso degli anni – “desacralizzato” il grande repertorio portandolo, o se si preferisce riportandolo, ad una dimensione squisitamente umana. Il che non comporta alcuna banalizzazione né tantomeno facilonerie o peggio ancora quel finto “avvicinarsi al pubblico” che in epoche recenti ha fatto non pochi danni alla musica.
L’Academy of St. Martin in the Fields, costituita nel 1958 da Sir Neville Marriner e assurta in brevissimo alla fama internazionale, è uno degli esempi più plastici di questa concezione di un suono sempre brillante ma mai vuoto o fine a se stesso, autentico prima ancora che bello.
La compagine britannica è stata ieri sera ospite, per la quinta volta – alla sua prima apparizione veronese nel 1989 era stata diretta da Jona Brown, nel 1996 da Neville Marriner e ancora nel 1997 da Christopher Hogwood e nel 2003 da Murray Perahia – del Settembre dell’Accademia, giunto alla sua trentunesima edizione, rendendosi protagonista di un concerto capace di rimanere a lungo nella memoria.
A guidare i trentanove strumentisti dell’Academy – in realtà ad ascoltarli sembrano assai di più – il violinista statunitense Joshua Bell che dal 2011 ne è alla guida come Music Director, con contratto confermato fino al 2023, in un programma “circolare” che lo ha visto impegnato nella veste di solista e direttore.
Ad aprire la serata l’Egmont Ouverture op. 84 di Beethoven che Bell e l’Academy restituiscono all’ascolto con tutto l’impeto eroico che la contraddistingue, ma anche attraverso una punteggiatura agogica capace di sottolineare la solida serenità dell’uomo d’armi fiammingo, eroe eponimo della tragedia di Goethe. La scelta del raddoppio dei corni è parsa quanto mai azzeccata, così come la scelta di tempi serrati.
Alla prima viennese del 1881 il Concerto per violino in Re magg. Op. 35 di Čajkovskij fu accolto assai freddamente da pubblico e ebbe una stroncatura secca dal solito Hanslick che ebbe a definirlo antimusicale e scrivendo che nel Finale si sentiva «il puzzo di acquavite scadente di un’orgia russa»; il tempo, galantuomo, ha detto altro.
Qui Bell – che per inciso suona il suo Stradivari Gibbons del 1713, strumento di straordinaria potenza e al contempo vellutato – trova una lettura che porta in evidenza non solo tutti i richiami che derivano dall’Onegin e dal Lago dei Cigni ma lo fa senza cadere nella tentazione di inopinati languori.
I volumi orchestrali sono gagliardi ma mai soverchi, il dialogo con lo strumento solista incalzante; nella cadenza dell’Allegro Moderato iniziale il virtuosismo di Bell è smagliante nella forza di arcate capaci di trarre spunto da una tavolozza cromatica infinita. Dopo la canzonetta, resa con meditata introspezione, si arriva al conclusivo Allegro Vivacissimo in forma di rondo nel quale si vanno ricapitolando temi popolari che non scadono mai nel folklore tout-court; anche qui il violino solista dà esaltante prova di sé.
Prima dell’intervallo non poteva mancare un omaggio alla defunta Elisabetta Seconda: Bell e l’Academy hanno eseguito il tema, composto da Nigel Hess, per il film “Ladies in Lavender” e particolarmente caro alla sovrana.
A concludere la serata una Settima di Beethoven che, oltre a chiudere il cerchio ideale del programma, è stata la dimostrazione lampante di quanto si diceva sopra.
Per L’Academy e Bell non esistono metasignificati o sopra-testi, non si celebra “l’apoteosi della Danza”, Dioniso è altrove. Qui la Settima riscopre la sua vera natura ovvero “Music for Music sake”: le dinamiche frustano e la narrazione si slancia luminosa, apollinea, in una corsa capace di non perdere mai il sentiero ma scartando impaziente allorquando le circostanze lo richiedano. Esemplare l’Allegretto finalmente lontano dalle forzature che vorrebbero “marcia funebre”.
Successo pienissimo; e come avrebbe potuto essere altrimenti?
Alessandro Cammarano
(12 settembre 2022)
La locandina
Violino e direttore | Joshua Bell |
Academy of St Martin in the Fields | |
Programma: | |
Ludwig van Beethoven | |
Egmont Ouverture Op. 84 | |
Pëtr Il’ič Čajkovskij | |
Concerto per violino in Re magg. Op. 35 | |
Ludwig van Beethoven | |
Sinfonia n.7 in La magg. Op.92 |
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