Milano: The Tempest rivoluziona la Scala

La stagione operistica del Teatro alla Scala volge al termine con The Tempest del britannico Thomas Adès, una vera e propria tempesta di suoni ed emozioni che ha inondato la sala del Piermarini insolitamente affollata per un titolo contemporaneo. Buon segno per un pubblico assuefatto a un repertorio di tradizione che necessiterebbe anni di archiviazione per lasciare spazio non solo al contemporaneo ma anche a tanti titoli del Novecento storico che meriterebbero il giusto rilievo all’interno di una proposta culturale degna di un teatro internazionale.

The Tempest, in seguito al successo mondiale dopo la prima londinese del 2004, è stata rappresentata in diverse parti del mondo

Il libretto, tratto dall’omonima opera teatrale in cinque atti di William Shakespeare, raggiunge un plausibile compromesso nella trascrizione-riduzione da parte di Meredith Oakes. Compromesso perché ci troviamo di fronte a un capolavoro del teatro inglese, forse uno dei più complessi di Shakespeare, la cui densità dei contenuti obbliga a una riflessione e inevitabile scelta su alcuni temi fra i quali emerge dominante quello della misericordia.  Rispetto al dramma shakespeariano vi sono alcune differenze come, ad esempio, il personaggio di Prospero non è più un saggio e distaccato manipolatore ma accanito uomo assetato di vendetta. Ciò traspare in maniera inequivocabile dalla regia di Robert Lepage qui ripresa da Gregory A. Fortner. In scena l’interno della sala del Piermarini dalla quale pende un funambolico lampadario stilizzato, omaggio al legame fra Shakespeare e l’arte italiana, il teatro come luogo di illusione ma soprattutto punto d’incontro fra Prospero e Milano di cui fu duca spodestato.

Da parte sua Adès omaggia la forma del melodramma in tre atti con preludi, arie, parti corali e d’insieme mantenendo uno scheletro strutturale legato alla tradizione ma calato in un discorso caratterizzato da forti contrasti emotivi, un’orchestrazione fin troppo densa e una scrittura vocale che, anche nei momenti di maggior distensione, non da mai adito alla tregua.

Assistiamo pertanto a un poderoso flusso di sentimenti più che a una connotazione tematica dei personaggi dove la vocalità, a volte spinta all’esasperazione, porta a subire inevitabilmente l’avvicendarsi del dramma quasi travolti da un divenire condizionato e poco spontaneo.

Se il canto di Miranda e Ferdinand, ben gestito dal mezzosoprano Isabel Leonard e dal tenore Josh Lovell, riecheggia la scrittura di Britten, ad esso si contrappone quello di Prospero volto a un declamato ardito risolto con ottimi mezzi tecnici dal baritono Leigh Melrose.

Estrema se non al limite dei mezzi vocali umani è la scrittura del ruolo di Ariel, affrontata con lodevole perizia dal soprano Audrey Luna che ha cantato ugualmente nonostante un infortunio. Perfettamente a suo agio nella parte di Caliban il baritono Frédéric Antoun non perde mai di vista la linea del canto sfoggiando un timbro alquanto interessante.

Complici in scena la coppia Stefano-Trinculo, rispettivamente Kevin Burdette istrionico basso e Owen Willetts controtenore vocalmente voluminoso.

Ottimi anche il Re di Napoli di Roby Spence e l’Antonio di Robert Murray.

L’orchestra, diretta dallo stesso Thomas Adès, e il coro del Teatro alla Scala istruito dal maestro Alberto Malazzi hanno risposto pienamente alle esigenze di una partitura che sebbene contemporanea ha ben poco di avanguarditico.

Ora non ci resta che aspettare Boris Godunov.

Gian Francesco Amoroso

(8 novembre 2022)

La locandina

Direttore Thomas Adès
Regia Robert Lepage
ripresa da Gregory A. Fortner
Scene Jasmine Catudal
Costumi Kym Barrett
Luci Michel Beaulieu
riprese da Marco Filibeck
Video David Leclerc
Coreografia Crystal Pite
Personaggi e interpreti:
Prospero Leigh Melrose
Ariel Audrey Luna
Caliban Frédéric Antoun
Miranda Isabel Leonard
Ferdinand Josh Lovell
Alonso Toby Spence
Antonio Robert Murray
Stefano Kevin Burdette
Trinculo Owen Willetts
Sebastian Paul Grant
Gonzalo Sorin Colban
Orchestra e coro del Tatro alla Scala
Maestro del Coro Alberto Malazzi

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