Milano: il ritorno felice dello Schiaccianoci
Magia, introspezione psicologica, maestria tecnica, innovazione, insomma: il genio. Questo trasmette ancora oggi la coreografia de Lo Schiaccianoci di Pëtr Il’ič Čajkovskij firmata dall’indimenticabile e indimenticato Rudolf Nureyev, allestita dal Teatro alla Scala dal 18 dicembre al 7 gennaio scorso, omaggio al Tartaro volante nel trentesimo anniversario dalla sua scomparsa, ripresa da Aleth Francillon e Manuel Legris, con le luci di Andrea Giretti, a distanza di sedici anni dall’ultima volta in cui il suo Schiaccianoci era stato allestito dalla Scala (2006-2007 con Lisa-Maree Cullum e Roberto Bolle nei ruoli dei protagonisti).
Ebbene. A noi è toccato il piacere di assistere alla recita del 7 gennaio, che aveva come protagonisti Martina Arduino e Jacopo Tissi e possiamo solo confermare le positive impressioni che questo capolavoro ha avuto in tutte le recite e con entrambi i cast – la maggior parte delle recite ha avuto come protagonisti Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko -. Sempre sold out questo balletto, uno dei più amati da tutti, ha toccato le corde del pubblico anche attraverso la lettura meno “fiabesca” e un po’ più introspettiva di Nureyev. Che le fiabe raccontino un processo di crescita dell’uomo, di maturazione raggiunta affrontando ostacoli e nemici, per poi giungere alla crescita conclusiva e lieto fine è cosa acclarata. Però in molte coreografie, forse complice il fatto che si tratta di un racconto natalizio, prevale l’atmosfera sognante e magica e un po’ meno i tormenti interiori del passaggio verso l’età adulta. Nureyev, per evidenziare questa sua lettura, apporta alcuni sostanziali cambiamenti alle consuetudini: innanzitutto Clara è anche la Fata Confetto, a sottolineare che lei stessa cresce, si affranca dall’età infantile verso la pubertà e la maturità: Martina Arduino ha restituito con molta bravura sia la bambina sia la donna. I familiari e ospiti che la bambina conosce vengono rivissuti nel sogno come topi ma anche come pipistrelli, elemento presente solo in questa coreografia: bravo il corpo di ballo in entrambi i ruoli e nel differenziare l’aspetto quasi più giocoso dei topi da quello più inquietante dei pipistrelli. Infine il principe di cui Clara si innamora è il suo padrino, Drosselmeyer e, non a caso, il ballerino protagonista li interpreta entrambi.
Jacopo Tissi, ospite d’onore del Corpo di Ballo scaligero, ha restituito entrambi i ruoli – Drosselmeyer e Principe – in maniera magistrale, esaltando, in linea con quanto Nureyev voleva e che ha fortemente inserito in questa coreografia, il ruolo maschile nella danza. Ma non solo al protagonista è affidato questo “incarico”: i danzatori hanno tutti dei momenti che esaltano la loro tecnica e la loro fisicità, suggellando che ormai Nureyev ha dato una svolta al ruolo del ballerino, fino ad allora mero porteur e mezzo per esaltare la danza femminile. Questo, tuttavia, non impedisce a Nureyev di creare numeri che esaltano le ballerine, sia Clara sia le altre componenti delle masse o dei numeri ci carattere. Ecco. Proprio su questo possiamo soffermarci per dire che, sì, fa parte della fiaba che i giocattoli prendano vita nel sogno e che per questo si abbiano danza cinese, araba, spagnola…Ma ci pare giusto sottolineare che con questa carrellata “di carattere” Čajkovskij dia prova della sua grandezza di compositore nel manipolare la tavolozza orchestrale, allineandosi con le coeve Scuole Nazionali e con le “contaminazioni” della musica popolare allora in uso, andando però oltre quella della sua nazione, bensì offrendo una vetrina di inserti di altre culture, che rendono la sua partitura anticipatrice di una globalizzazione culturale alla quale noi siamo ormai avvezzi.
Le scene e i costumi di Nicholas Georgiadis (rinnovati nel 1987 dalla Scala) sono la naturale esaltazione del messaggio che la coreografia vuol trasmettere. Non tutti i teatri, però, ci pare possano permettersi un allestimento come questo e non parliamo tanto di spesa. Vogliamo dire che pochi teatri hanno, come la Scala, un’orchestra di questa levatura (orchestra che anche con un direttore come Ovsyanikov -il cui gesto non era sempre raccordato con quanto avveniva sul palco – riesce a tenere saldo lo svolgimento dello spettacolo).
Inoltre pochi hanno un corpo di ballo come questo, diretto da Manuel Legris e primi ballerini uno più bravo dell’altro. E quanti hanno un vivaio di futuri ballerini come la Scala? Gli allievi della Scuola di Ballo, diretta da Frédéric Olivieri, hanno dato una prova eccellente, degna di adulti professionisti. Ma anche il Coro di voci bianche, diretto da Marco De Gaspari ha fornito una prova qualitativa ottima. Il successo strepitoso che anche questa produzione de Lo Schiaccianoci nella stagione scaligera presente ha avuto, è dunque frutto di tante eccellenze, presenti e passate e un degnissimo modo per commemorare Rudolf Nureyev oltre che per regalare al pubblico (soprattutto agli adulti e ai maturi) la magia di una fiaba di Natale.
Donatella Righini
(7 gennaio 2022)
La locandina
Coreografia e regia | Rudolf Nureyev |
Direttore | Valery Ovsyanikov |
Scene e costumi | Nicholas Georgiadis |
Luci | Andrea Giretti |
Personaggi e interpreti: | |
Drosselmeyer/Il Principe | Jacopo Tissi |
Clara/La Fata Confetto | Marina Arduino |
Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala | |
Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala | |
Maestro del coro | Marco De Gaspari |
Con la partecipazione degli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala |
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