Venezia: l’eterna fioritura de La Dame aux camélias
Il Teatro La Fenice accoglie John Neumeier e l’Hamburg Ballet con La Dame aux camélias. A cinquant’anni dalla sua fondazione il Balletto di Amburgo porta in scena a Venezia lo spettacolo che già nel 1978 venne considerato innovativo ed etichettato come la Giselle del XX secolo.
Colore e tragedia. Balletto classico e cinema. La Dame aux camélias di Neumeier si sviluppa in modo non convenzionale, così come il romanzo da cui è tratto, tramite una narrazione alternata che segue i punti di vista dei personaggi, tra i ricordi e l’immaginario dei due protagonisti.
Lo spettatore è coinvolto già dal suo ingresso in teatro. La scena non si apre, non c’è sipario, la scenografia è un cumulo di oggetti accatastati, gli averi della Dame, Marguerite, messi all’asta dopo la sua morte.
Nanina, la domestica, entra in scena per prima, inaspettatamente, tra il chiacchiericcio del pubblico e mentre le luci sono ancora accese e la musica di Chopin, accuratamente scelta da Neumeier sotto consiglio del direttore d’orchestra Gerhard Markson, incalza man mano che appaiono gli altri personaggi. I danzatori (inizialmente, durante il prologo, semplici porteur di oggetti di scena) attraversano il palcoscenico della Fenice svuotando la casa della cortigiana più desiderata di Parigi. Tra loro Monsieur Duval (Florian Pohl) e suo figlio, Armand, interpretato dal danzatore ucraino Edvin Revazov, all’altezza del suo ruolo per forma fisica e tecnica ma freddo e fin troppo solenne per impersonare un giovane conte innamorato. Ad offuscare ulteriormente la sua performance contribuisce Anna Laudere, danzatrice principale dell’Hamburg Ballet dal 2011, musa di Neumeier, il quale (insieme ad altri grandi nomi, tra cui Balanchine) ha modellato sulla sua capacità interpretativa alcuni dei ruoli femminili più intensi della danza contemporanea. Anna Laudere è Marguerite, sente e ci fa sentire il suo amore e il suo dolore, già dai primi sguardi verso colui che sarà il suo futuro amante, anche quando sono ai lati opposti del palcoscenico, mentre assistono al balletto Manon Lescaut, storia parallela a quella di Marguerite e Armand, durante il quale i due protagonisti si rispecchiano letteralmente negli amanti Manon e Des Grieux, danzando “a specchio” ognuno con la sua controparte onirica, creando forme simmetriche che non lasciano spazio a equivoci: Marguerite appare rapita ma preoccupata dalla storia di Manon, e teme di diventarne un duplicato, come accadrà.
Le scenografie e i costumi di Jürgen Rose, collaboratore di Neumeier fin dal 1972, contribuiscono, insieme all’espressività dei loro interpreti Silvia Azzoni e Alexandre Riabko, a creare un forte contrasto ogni volta che Manon e Des Grieux entrano in scena, fino presentarli quasi come degli zombie nel terzo atto, con gli abiti logori e ormai privi di trucco scenico (in quanto presenti nell’immaginario di Marguerite e non più personaggi di un balletto). Degni di nota sono anche i costumi degli altri danzatori, a metà tra pomposi abiti dell’Ottocento ed eleganti costumi scenici, con un fondersi di elementi che in qualche modo conferiscono credibilità ai personaggi. Olympia e Prudence, interpretate rispettivamente dalle ballerine Emilie Mazón e Madoka Sugai, danzano in abiti che caratterizzano esplicitamente i loro personaggi (la cupidigia di Prudence e la frivolezza di Olympia), mentre le altre danzatrici passeggiano leggiadre camminando sulle punte con corsetti e strati di vesti e sottovesti, che rendono il loro fondoschiena prominente in modo insolito per una ballerina, mentre i danzatori uomini sono esili ed aggraziate figure in netto contrasto con il possente interprete di Armand.
Ben undici cambi d’abito in ventotto scene, invece, per la protagonista. La Laudere appare diversa in ogni scena, nell’aspetto e per le emozioni che regala al suo pubblico, da sensuale tentatrice a fragile innamorata. Marguerite nel secondo atto scioglie i lunghissimi capelli, si abbandona ai suoi sentimenti sfoggiando uno straordinario abito di organzina (che secondo la leggenda deve essere ricostruito dopo ogni performance) dando allo spettatore un’impressione di evanescenza, purezza e leggerezza, riferimento del coreografo alle più “classiche” Giselle e Giulietta, mentre nel terzo atto ci appare in rosso e con uno scialle di pizzo nero, mettendo in luce la sua malattia e la sua sofferenza.
Uno spettacolo, quindi, dove l’estetica è uno degli elementi più importanti, così come la musica. Frédéric Chopin, personalità importante della Parigi del XIX secolo, trasmette con i brani scelti da Neumeier ed eseguiti da Michal Bialk al piano e Markus Lehtinen alla direzione dell’Orchestra del Teatro La Fenice, l’allegria e la frivolezza della società del tempo, ma anche la tristezza e il destino oscuro della protagonista e dei due amanti.
John Neumeier e Jürgen Rose studiano e portano in scena la forza teatrale del periodo storico in cui è ambientato il romanzo, ispirandosi anche alle sue trasposizioni successive, e fondendo il realismo con la magia del balletto romantico, in un allestimento scenico essenziale ma efficace, grazie alla struttura nuova e diversa dell’opera, un “ballet narratif” in cui le scene si incastonano le une con le altre, con l’utilizzo del flashback e del punto di vista dei vari personaggi.
Lo stile della coreografia di Neumeier è fluido e poetico, ma allo stesso tempo semplice e diretto, una psicologia del gesto, che permette allo spettatore di comprendere i sentimenti dei personaggi ed il significato di ogni momento nella messa in scena. Variazioni frenetiche e complesse, come nelle scene di Prudence con i suoi amanti, che ricordano inevitabilmente quelle di Kitri nel Don Chisciotte, a cui si alternano sensuali pas de deux tra Marguerite e Armand.
Commovente la premiazione durante il primo intervallo: a John Neumeier è stato conferito il Premio “Una vita nella Musica” 2023, prestigioso riconoscimento giunto alla sua trentacinquesima edizione e per la prima volta assegnato ad un coreografo, il quale ha espresso la sua gratitudine a Venezia e all’Italia definendo La Fenice come “the most beautiful theatre of the world”.
Omaggiando il balletto classico ma con elementi che contrastano ma allo stesso tempo si uniscono tra loro perfettamente, tanto nella coreografia quanto nella scenografia e nei costumi, La Dame aux camélias di John Neumeier continua ad “invecchiare bene”, riesce a rapire il suo pubblico, raccontando con semplicità e forza, con calore e trasporto una storia che tutti conoscono, ma che non smette mai di far sospirare.
Michele Carmone
18 gennaio 2023
La locandina
Coreografia | John Neumeier |
dal romanzo omonimo di Alexandre Dumas figlio | |
Musiche di Frédéric Chopin | |
Scene e costumi | Jürgen Rose |
Hamburg Ballet | |
Orchestra del Teatro La Fenice | |
Direttore | Markus Lehtinen |
Pianoforte | Michal Bialk |
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