Vicenza: Šostakovič medita su Beethoven

Durante la Cadenza che nel primo Concerto per violoncello di Šostakovič (1959) separa lo struggente Moderato dall’Allegro finale, tra le profondissime elucubrazioni di un gesto creativo nel quale il valore del suono contende il primato a quello del pensiero, un paio di volte sembra brevemente aleggiare il tema della Marcia Funebre della Sinfonia Eroica di Beethoven. Quasi un motto che appare e subito scompare. Che il compositore russo meditasse profondamente su quello tedesco, specialmente nell’ultima parte della sua vita, è un dato di fatto. E a prescindere dalle citazioni, solo questo basterebbe a dare un senso particolare al denso programma che ha inaugurato il 2023 dell’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza, che proponeva il Concerto per violoncello op. 107 del primo (una rarità nelle sale da concerto) e appunto la Terza Sinfonia del secondo. Composizioni entrambe, vedi caso, nella tonalità di Mi bemolle maggiore.

Nell’occasione, oltre che come solista ha debuttato sul podio della formazione giovanile vicentina al Teatro Comunale il violoncellista Nicolas Altstaedt, oggi uno dei nomi di punta nel concertismo internazionale.

La serata è stata l’occasione per un confronto di grande suggestione fra il suono del Novecento e la ricerca del suono del primo Ottocento. E quanto proficuo sia stato il lavoro realizzato da Altstaedt è emerso nella metamorfica qualità palesata dall’Orchestra del Teatro Olimpico.

Da un lato, in Šostakovič, il direttore-solista ha cercato e trovato la nervosa profondità capace di esaltare la originalissima scrittura strumentale dell’autore russo, che immerge il violoncello concertante (a sua volta spinto in ogni anche remoto angolo delle sue possibilità timbriche) in una tavolozza multiforme, spesso di connotazione quasi solistica nelle parti. Singolare in particolare il ruolo del corno, suonato dall’ottimo Tommaso Polloni, non a caso collocato da Altstaedt in prima fila al suo fianco.

Questa partitura delinea una vera e propria virtuosistica sfida sulla capacità espressiva del colore, risolta in orchestra con una densità e un equilibrio di assoluto livello: il giusto “contraltare” al prodigioso virtuosismo di Altstaedt con il suo strumento, fra agilità adamantine e sottigliezze dinamiche e di colore capaci di creare una dimensione espressiva di effettiva poesia. Mai davvero serena, eppure sempre capace di affascinare l’ascoltatore con la complessità di un discorso dalle mille sfumature ritmiche, melodiche, armoniche.

Dall’altro lato, in Beethoven, Altstaedt ha proposto una di quelle che oggi in gergo si definiscono “esecuzioni storicamente informate”. Per carattere del suono non meno che per intenzione interpretativa. In oltre due secoli di pratica esecutiva, la Sinfonia Eroica è infatti divenuta – pur nella sua oggettiva eccezionalità rispetto a tutto quanto si andava pensando e scrivendo in musica nel primo decennio del XIX secolo – il “terminale” di una concezione stereotipata e ad alto tasso di retorica del cosiddetto beethovenismo. L’interprete franco-tedesco segue la strada indicata da un’altra e più recente tendenza esecutiva, che porta alla rimozione ragionata e mai gratuita di molti elementi interpretativi di tradizione. Pur senza strumenti originali, il risultato è stato di immediata evidenza: tempi vivaci, trascinanti; rimozione di ogni cattiva abitudine nel fraseggio, dalle “pause espressive” dentro al discorso alle durate delle note di chiusura; soprattutto, suono “depurato” da ogni elemento stilisticamente estraneo al contesto, anche a rischio di renderlo talvolta un po’ esangue negli archi, il cui vibrato è stato ridotto ai minimi termini se non interamente soppresso. Gamma dinamica comunque di notevole ricchezza e varietà, di immediata eloquenza. Ne è uscita un’Eroica forse meno eroica delle grandi esecuzioni di riferimento, immersa nella sua epoca e non in quella tardo-ottocentesca in cui una certa “vulgata esecutiva” si è affermata, ma capace comunque di mettere in evidenza la rivoluzionaria tensione creativa di un autore che afferma qui tutta la sua abbagliante originalità.

La Terza Sinfonia, insomma, è un capolavoro che ha le sue radici non solo formali nel Classicismo e ad esso va ricondotto, con coerenza ed equilibrio. L’una e l’altro hanno caratterizzato l’esecuzione guidata da Altstaedt, che ha gesto molto estroverso, talvolta simpaticamente plateale, ma di salda precisione tecnica. Forse soltanto nei due celebri accordi di apertura del primo movimento si è notata una lieve incertezza nell’insieme, rapidamente superata in un’esecuzione complessivamente intrigante, dotata di una compattezza di evidente musicalità, equilibrata nei rapporti fra sezioni senza rinunciare alla brillantezza di legni e corni, in pari misura impeccabili.

Pubblico numeroso anche se non da tutto esaurito, e applausi calorosi, con numerose chiamate alla fine.

Cesare Galla
(25 gennaio 2023)

La locandina

Direttore e violoncello Nicolas Altstaedt
Orchestra del Teatro Olimpico
Programma:
Dmítrij Šostakóvič
Concerto per violoncello e orchestra Op. 107
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 3 “Eroica”

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