Nuove voci: il Quartetto Werther
Il Quartetto Werther, formato da Misia Jannoni Sebastianini, violino, Martina Santarone, viola, Simone Chiominto, violoncello e Antonino Fiumara, pianoforte, rappresenta una piacevole novità nel panorama cameristico italiano. Non sono molti i Quartetti con pianoforte e questo giovane ensemble, formatosi con il Trio di Parma presso l’Accademia di Fiesole e correntemente presso il Master al Conservatorio di Parma, ha già avuto i suoi primi riconoscimenti concertistici. Grazie a questo sono giunti all’attenzione anche di Carlo Hruby, presidente dell’Associazione Musica con le Ali, che sostiene iniziative musicali con particolare riguardo ai giovani musicisti. Una collaborazione, questa, che già dal finire della stagione 2017/18 fornirà loro molte opportunità di esibirsi in Italia e in Europa.
- La prima domanda è di rito: come vi siete formati e a cos’è dovuto il vostro nome?
Antonino: Ci siamo formati nell’estate 2016, prendendo il via da un quartetto d’archi formatosi precedentemente in conservatorio, di cui violino e viola sono poi rimaste nell’attuale Werther. Un giorno sono stato contattato da Misia per creare una formazione stabile e dopo una rapida riflessione ho accettato con entusiasmo.
Misia: Grazie alle varie formazioni nate in conservatorio mi già era venuta voglia di fare musica da camera, ma valutando il da farsi, ho notato che il quartetto d’archi è una formazione piuttosto frequente. Altra cosa importante, forse la più importante!, è il repertorio del quartetto con pianoforte. Amo moltissimo il repertorio romantico e il quartetto con pianoforte deve molto a quel periodo! Per la scelta del pianista, beh, in primo luogo ne ho parlato con Martina.
Martina: Mi ricordo ancora quando mi ha chiamato per parlarmi del progetto! Era molto determinata, continuava a ripetermi “Io lo voglio fare seriamente, ma seriamente eh”. Ma bisognava trovare un pianista ed un violoncellista. Per quest’ultimo abbiamo pensato a Simone, che è sempre stato bravissimo ed è anche una persona eclettica, studiando matematica all’Università.
Antonino: Il nome Quartetto Werther, poi, è una coincidenza abbastanza divertente! Abbiamo scelto insieme il nome semplicemente perché ci piaceva. Il nostro cavallo di battaglia, però, è il Terzo Quartetto di Brahms e per puro caso Simone ha scoperto in seguito che da dichiarazione di Brahms stesso quel Quartetto era un’illustrazione dell’uomo col vestito azzurro e il panciotto giallo, ossia l’iconografia romantica del Werther di Goethe. Si vede che era destino.
- Il repertorio è argomento sempre fondamentale per una formazione, specie se giovane. Come lo scegliete?
Simone: Il repertorio per quartetto con pianoforte non è vastissimo, ma ci sono veramente dei capolavori. Noi inizialmente abbiamo preparato il Quartetto di Mahler e il Sol minore di Mozart per l’ammissione a Fiesole e poi riflettendoci abbiamo valutato quale fosse il repertorio che meglio ci potesse rappresentare. La scelta è caduta sul Terzo Quartetto di Brahms e, l’aneddoto del nome lo conferma, era davvero destino. Riflettendo sui concerti, invece, l’accoppiata Mozart-Brahms funziona, però rischia di diventare un po’ cupa, quindi abbiamo affrontato anche il vivace Quartetto di Schumann, che rappresenta uno dei periodi felici del compositore.
Antonino: Abbiamo pensato anche come associare Mozart ad altri autori, quindi stiamo progettando anche dei programmi in cui lo accostiamo a quartetti poco conosciuti, come quelli di Mendelssohn, Beethoven e Schubert, autori che tra l’altro funzionano bene affiancati.
Martina: Dopotutto ci siamo anche resi conto, sia durante lo studio che in concerto, della difficoltà estrema di Mozart dal punto di vista degli equilibri, dell’intonazione, del fraseggio. E proprio per questo, nonostante il grande amore per il repertorio romantico, crediamo che abbia veramente un’importanza strutturale per la formazione del nostro Quartetto, quindi proseguiremo lavorando anche sul Quartetto in mi bemolle.
Simone: Ci interessa anche il repertorio contemporaneo. Nonostante ora, per questioni di formazione, ci stiamo concentrando soprattutto sul repertorio romantico o precedente, suonare in Quartetto con pianoforte implica sicuramente il doversi approcciare con la musica del Novecento e contemporanea, per ampliare il repertorio e per eseguire brani sconosciuti ma veramente belli, come la Sinfonia concertante di Tansman.
- Come strumentisti, avete tutti esperienze cameristiche in svariate formazioni. Com’è invece suonare in questa particolare struttura del trio d’archi e pianoforte?
Martina: Rispetto al quartetto d’archi è completamente diverso per quanto riguarda la proiezione del suono e una delle cose su cui stiamo lavorando di più con il Trio di Parma è il ricercare un timbro il più vicino possibile a quello del pianoforte e viceversa. Questo è un lavoro più interessante rispetto a quello tra soli archi anche per questo fenomeno di imitazione. In Mozart, ad esempio, mi trovo a proporre degli accompagnamenti che poi ricompaiono subito nella mano sinistra del pianista e ho lavorato per imitarne l’articolazione.
Misia: Rispetto al quartetto classico, inoltre, le dinamiche devono essere tutte portate più su. Per l’intonazione, poi, è un disastro. Uno magari pensa “formazione con pianoforte, intonazione temperata, nessun problema”. E invece no, perché proviamo in trio d’archi, troviamo degli accordi, li risolviamo, poi arriva il pianista e non funziona più nulla. Ma il repertorio con pianoforte è talmente bello che vale la pena dello sforzo.
Simone: In trio, tra l’altro, i musicisti risultano spesso tre entità separate che dialogano. Anche per questo capita più spesso che tre solisti affermati si mettano insieme in poche prove e creino delle esibizioni meravigliose. Per un quartetto con pianoforte questo è già più difficile e i tentativi che ci sono stati raramente hanno prodotto qualcosa di entusiasmante. L’aggiunta della viola implica un gruppo organico di archi, con parti interne più piene, e questo porta il violoncello, per esempio, ad assumere un ruolo diverso, meno libero e solistico. A differenza del quintetto, invece, l’organico è più limitato. Se in quintetto l’ensemble a volte sembra un’orchestra d’archi con pianoforte, in quartetto c’è una mancanza che può essere completata solo dal pianoforte, creando un’atmosfera cameristica veramente interessantissima.
Antonino: Per il pianoforte infine, rispetto, al duo e al trio, c’è una maggiore libertà e tranquillità da un punto di vista di mole sonora, anche se ora gli altri mi guarderanno malissimo per questa affermazione! Poi penso che la formazione del quartetto sia veramente la più cameristica. Il quintetto con pianoforte alla fine è un quartetto d’archi già formato che chiama un pianista, o viceversa, per suonare insieme. Due o tre prove e si va in concerto. E così a volte anche per il trio. In quartetto invece bisogna lavorare moltissimo sia a sezioni, archi e pianista solista, che in comune, condividendo costantemente idee e riflessioni. Ogni parte in un quartetto ha un ruolo importante e tutte le parti sono tra loro estremamente connesse.
- Ultima domanda dunque: qual è la vostra visione del Quartetto Werther?
Misia: Intanto il primo obiettivo è finire il master con il Trio di Parma e proseguire con la nostra attività concertistica, anche grazie alla collaborazione con Carlo Hruby e Musica con le Ali. Ho sempre pensato di voler puntare molto in alto con il Quartetto Werther, però penso che questa sia una formazione in cui è necessario portare avanti una grande crescita personale, che poi si riflette nel lavoro di gruppo. Quindi stiamo anche continuando le nostre carriere e studio individuali.
Antonino: Migliorando le nostre abilità individuali, portiamo la nostra crescita, non solo tecnica ma soprattutto musicale, all’interno del gruppo. E in una formazione così connessa eppure sempre esposta come il quartetto, questo è importantissimo. Una cosa che vogliamo portare avanti, poi, è sicuramente il costruire dei programmi interessanti, affrontando integralmente il nostro repertorio, ma anche creando percorsi sull’evoluzione della scrittura per quartetto con pianoforte, attraverso il repertorio romantico, oppure vedere il quartetto di Mozart, il primo mai scritto, affiancato ad un lavoro contemporaneo.
Simone: In un periodo di crisi della musica colta uno dei nostri obiettivi è anche il cercare di rendere memorabile le nostre esecuzione, presentandoci sempre energici e comunicativi, dopotutto siamo ancora tutti giovani! Poi nessuno di noi viene da famiglie di musicisti, quindi abbiamo tutti ben chiaro cosa voglia dire vivere al di fuori dell’ambiente musicale. Lavorare anche sul rendere i nostri concerti comunicativi per tutti è sicuramente qualcosa che vogliamo fare.
Alessandro Tommasi
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