Luca Micheletti, l’attore che divenne baritono
Si sono appena concluse le repliche del Don Giovanni di Mozart al Teatro del Maggio e il suo protagonista, il baritono Luca Micheletti, ha momentaneamente lasciato i panni del cantante lirico per rivestire quelli dell’attore di prosa, protagonista questa volta del Misantropo di Moliére, sempre a Firenze, al Teatro della Pergola. In entrambi i casi riscuotendo successo, consenso, riconoscimento da pubblico e critica. Vediamo allora chi è questo talentuoso Luca Micheletti, bresciano, classe 1985.
- Maestro, come comincia la sua carriera: prima attore o prima cantante?
Cronologicamente ho cominciato prima come attore e regista di prosa: sono figlio e nipote di attori, la mia è una famiglia d’arte di prosa dalla metà dell’Ottocento e io sono la quarta generazione. Il rapporto con il palcoscenico lo ho dall’infanzia.
- Si è avvicinato alla musica subito con il canto o anche con uno strumento musicale?
Ho iniziato con uno strumento, il pianoforte da bambino, poi ho studiato saxofono fino a 20 anni e ho avuto anche un gruppo jazz, però le esperienze di attore stimolavano la necessità di studiare canto. Inoltre era appassionato di opera, grazie alla famiglia che mi aveva avvicinato a questa forma di spettacolo.
- Con chi ha studiato e quanto ha influito il mestiere di teatrante nell’uso corretto della voce?
Ho studiato privatamente con Mario Malagnini, tenore bresciano, che è stato il primo a intuire le mie potenzialità. Come attore ho sempre curato l’emissione della voce: ricordo che mia nonna diceva sempre alla compagnia che tutti dovevano farsi sentire fino alle ultime file della sala del teatro. Quindi sia la proiezione vocale sia l’articolazione della parola a cui il mestiere di attore abitua mi hanno facilitato nellos tudio del canto.
- A cosa deve il “lancio” nella lirica?
Inizialmente immaginavo di fare solo piccole incursioni nell’opera, ma poi è diventata la parte maggiore dei miei impegni professionali. Ho incontrato un agente che mi ha fatto fare varie audizioni. La prima opera in cui ho avuto una scrittura è stata una Carmen a Cagliari come Escamillo. Poi ho fatto una audizione con Cristina Mazzavillari Muti per il ruolo di Jago in Otello di Verdi e e lei mi disse “Ma lei dove era fino ad oggi? Le do’ il benvenuto sul palcoscenico dell’opera”. Questo è stato il via per lavorare nell’opera.
- Ci sono differenze e analogie fra prosa e opera lirica, quali secondo lei?
Fondamentalmente c’è una divisione fisica: l’attore ha un contatto con il pubblico diretto, mentre nell’opera c’è l’intermediazione dell’orchestra, della musica, che cioè a volte è una scorciatoia, perché a volte nella prosa la componente anche emotiva è più difficile. Nell’opera il rapporto con il pubblico è fisicamente diverso e questo forse è il cuore del discorso, la musica fa un lavoro di mediazione che porta a dover considerare più aspetti contemporaneamente. L’attore di prosa, comunque, può permettersi maggiore libertà a anche l’improvvisazione.
- Qual è il suo repertorio preferito, soprattutto vocalmente? Pensa di specializzarsi in uno in particolare?
Seguendo un po’ la scuola di Muti, mi colloco fra Mozart (trilogia con Da Ponte) e Verdi ( ho cantato in Otello, Rigoletto, Macbeth, I Vespri Siciliani, Trovatore). In particolare ho potuto sviluppare gli studi in questi due repertori, ricavando grande attenzione alla parola. Benché l’approccio vocale sia differente mi sento a mio agio con entrambi, Verdi lo sente molto vicino anche nel cuore , oltre che nella voce.
- E Rossini?
Forse il Barbiere potrebbe essere l’approccio a Rossini, ma solo quello: improvisarsi rossiniano non è possibile. Magari prima farei qualcosa di Donizetti, di cui ho già fatto il Campanello : dovesse capitare una Lucia non direi di no.
- Questo passare da lirica a prosa immaginiamo che non sia proprio banale, lei che ne dice? Crea difficoltà passare, come in queste settimane, dal cantare un’opera a recitarne una (Don Giovanni/Misantropo)?
Gli impegni operistici stanno diventando sempre più numerosi ma non lascerò mai la prosa (le occasioni con cui continuare il mestiere con cui ho iniziato non voglio che manchino, perché fa parte della mia natura). Fisicamente è impegnativo, per ora mi organizzo bene, magari dicendo dei “no” che in prospettiva, però, fanno bene. Capisco di essere un caso peculiare ma è la mia storia che mi porta a questa scelta.
- Quali impegni all’orizzonte, più nella prosa o nel teatro d’opera?
Il mese prossimo canterò nel Don Carlo di Verdi come Rodrigo al Covent Garden (dove avevo anche cantato in apertura di stagione nel Don Giovanni), poi torno all’ Arena di Verona come Escamillo in Carmen (ruolo con il quale vi ho debuttato l’anno scorso) e poi alla Scala con Le Nozze di Figaro (come Figaro), con la regia di Strehler. A seguire Palermo, con Don Giovanni con Muti a novembre e poi riprendo il Misantropo al Teatro Parenti.
Quindi ormai sempre più melodramma!
Donatella Righini
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