Palermo: i veli di Onegin
Incontro di solitudini, nido di cose non dette, asilo di sentimenti inespressi e di amori che si negano.
Lenskij e Tat’jana, potrebbero chiamarsi, parafrasando Flaubert, entrambi Piotr o Aleksandr tanto l’elemento autobiografico è presente e intellegibile sia nel romanzo in versi di Puškin che nell’opera di Čaikovskij, Onegin, eroe eponimo resta in qualche modo suo malgardo sullo sfondo, catalizzatore e arbitro forse involontario degli eventi, sempre presente ma mai realmente coinvolto.
È dunque proprio l’incombente senso di incompiutezza il fulcro dell’Onegin, che pone domande senza mai rispondere.
Tutto questo emerge plasticamente nella direzione di Omer Meir Wellber che, saggiamente si fa coinvolgere ma non travolgere dalla partitura, offendone una lettura appassionatamente lucida, calibratissima negli impasti timbrici trovando anche sintonia pressoché perfetta con il palcoscenico.
Di ottimo livello la compagnia di canto.
Artur Rucinski, Onegin di lungo corso, impreziosisce la caratterizzazione del personaggio con bella varietà di accenti poggiati su una linea di canto ben scolpita, così come Carmen Giannattasio – padrona della lingua russa che parla correntemente – pone la sua voce dal timbro ricco di suadenze rapinose a caratterizzare una Tat’jana appassionata eppure sempre razionale, il tutto in una costante ricerca di colori a suggellare una prova maiuscola. Sontuosa la grande scena della lettera.
Saimir Pirgu è un Lenskij da incorniciare per la rigogliosità del fraseggio, dolente e vigoroso ad un tempo. Il suo “Kuda, kuda” è un capolavoro di mezzevoci e di canto sul fiato.
Molto bene la Olga generosa di Victoria Karkacheva e la Filipevna mai sopra le righe di Margarita Nekrasova.
Giorgi Manoshvili, magnifica voce di basso nobile ha tutte le carte in regola per diventare, nel breve volgere di qualche stagione, un Gremin di livello.
Fin troppo sterotipato il Triquet di James Kryshak, che però canta bene ed è anche interprete del breve intervento del Contadino.
Brava Helene Schneiderman come Larina e positiva la prova di Andrii Ganchuk nei panni di Zareckij e di un Capitano.
Si comporta bene anche il Coro preparato da Salvatore Punturo.
Resta da dar conto del modestissimo allestimento firmato da Julien Chavaz in cui il nulla assoluto avviene in uno spazio scenico fatto di rupi di cartapesta, un praticello triste, una casetta e una tenda-velo che fa un po’ doccia – il tutto disegnato da Amber Vandenhoeck – e con i protagonisti e il coro parecchio malvestiti da Sanne Oostervink.
Di più non vale la pena dire, se non che forse un’esecuzione in forma di concerto sarebbe stata più coinvolgente.
Successo pienissimo per Wellber e l’intero cast, lungamente applauditi.
Alessandro Cammarano
(21 maggio 2023)
La locandina
Direttore | Omer Meir Wellber |
Regia | Julien Chavaz |
Scene | Amber Vandenhoeck |
Costumi | Sanne Oostervink |
Luci | Eloi Gianini |
Personaggi e interpreti: | |
Larina | Helene Schneiderman |
Tat’jana | Carmen Giannattasio |
Olga | Victoria Karkacheva |
Filipievna | Margarita Nekrasova |
Evgenij Onegin | Artur Rucinski |
Vladimir Lenskij | Saimir Pirgu |
Principe Gremin | Giorgi Manoshvili |
Monsieur Triquet/Un contadino | James Kryshak |
Zareckij/Un capitano | Andrii Ganchuk |
Orchestra e Coro del Teatro Massimo | |
Maestro del Coro | Salvatore Punturo |
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