Venezia: la Fenice porta la Nona di Beethoven sotto le stelle in piazza San Marco

Evento mediatico dell’estate veneziana, la Nona Sinfonia di Beethoven diretta da Juraj Valčuha risuona nello scenario di Piazza San Marco al calar della sera. È anzitutto questo: un concerto di grande portata, in diretta televisiva su Rai 5, che presuppone un notevole sforzo organizzativo e l’impegno di tante forze diverse messe in campo. Per arrivare a tutto il pubblico che affolla ordinatamente la grande piazza è – naturalmente – necessario un sistema di amplificazione degno di un concerto rock. L’unica differenza sta, forse, nella compostezza di ascoltatori e ascoltatrici.

L’impronta data da Valčuha – che dirige con la partitura – all’Allegro ma non troppo, un poco maestoso è squadrata e teutonica: recupera in drammaticità, risultando più scattante verso la fine del movimento, alla fine del quale parte un timido applauso.

Il fondale, dietro all’orchestra, è il Museo Correr; attorno la mirabile regolarità architettonica delle Procuratie, resa celebre da una gran quantità di dipinti e film: cala lentamente la sera e s’accendono le luci della piazza. Vien da domandarsi cosa avrebbe detto Beethoven dell’esecuzione della sua opera in questo luogo d’eccezione, proprio lui che – perennemente deluso da Vienna (“Nessuno è profeta in patria”, scrisse nel 1809 l’anonimo recensore della Quinta Sinfonia) – per un momento aveva pensato di destinare a Berlino la prima esecuzione; cosa che poi, però, non avvenne.

Il secondo movimento Molto vivace suona ruspante, dal tono quasi folcloristico; Valčuha pare lo declini “alla slovacca” (queste, appunto, le sue origini): gli attacchi e gli ingressi degli strumenti sono puliti e ascoltiamo un buon equilibrio complessivo tra suono analogico e amplificazione; tranne, forse, quando il tema principale si delinea in forma di fugato, un passaggio che è notato in partitura in pianissimo e tale dovrebbe esser reso. Il volo dei gabbiani, ora silenzioso, ora sonoro, asseconda il dipanarsi della partitura, in un connubio di musica e natura che forse a Beethoven sarebbe piaciuto: e, senza dubbio, avrebbe apprezzato il profumo del mare – che egli non vide mai – (e forse anche le creme profumate delle signore) mescolato alla sua musica. Segue un applauso più convinto alla fine del secondo movimento: elemento che rivela, pur in un contesto che si vorrebbe “popolare”, una scarsa consuetudine anche coi capisaldi della musica classica. Certo, per chi divulga la musica e vorrebbe educare al godimento della stessa, questa è una sfida impegnativa e un segno del fatto che ancora molto resta da fare.

Il terzo movimento Adagio molto e cantabile appare un po’ pesante (o, forse, troppo amplificato) sbilanciando  i piani sonori: ci si aspetta un’atmosfera trascendentale, che non ritroviamo, forse perché non è facile da creare in uno spazio così ampio e in un concerto – lo ripetiamo – pensato in funzione della ripresa televisiva, e che, pertanto, risuona diverso da qualsiasi altra Nona suonata in contesti tradizionali. (È pur vero che le molte None di Beethoven ascoltate nell’ambito della Staatsoper für alle a Berlino – là l’ingresso è libero e il pubblico si accampa anche il giorno prima sulla Piazza su cui si affaccia la Porta di Brandeburgo per ascoltare la classica – ponevano le stesse sfide tecnologiche, sebbene il contesto architettonico, senza “quinte”, sia completamente diverso).

Applausi ancor più convinti precedono l’irrompere del Presto inaugurante il quarto, celebre movimento con l’Inno alla gioia che prevede l’ingresso del coro e dei quattro solisti. Un gruppo di tedeschi seduti attorno a me mostra qualche segno di sconcerto al climax degli applausi fra un movimento e l’altro, quando – inspiegabilmente – il pubblico ci sorprende ancora una volta: irrompe con entusiasmo sulle parole “vor Gott” (il Cherubino sta “di fronte a Dio”) – dopo le quali, è vero, la pausa genera forse il fraintendimento che ha fatto scattare l’applauso: sarà la vicinanza a San Marco a ispirare quest’italica devozione a Dio? Non si scambino queste annotazioni di costume per snobismo: sia benvenuto l’applauso quando viene dal cuore travolgendo musicisti e direttore dopo un movimento (pur deconcentrandoli, motivo per cui gli applausi fra i movimenti, come noto, non dovrebbero esserci) e non si censuri l’entusiasmo. Ma in un momento sacro, e che presupporrebbe o vorrebbe indurre raccoglimento interiore, come quello summenzionato, essere trasportati dalle sfere paradisiache al mondo mondano è una sensazione abbastanza straniante: un po’ come chi, in una chiesa, non sappia che il luogo non prevede una tenuta da spiaggia (e infatti la Chiesa prova a educare, imponendo un dress code ai fedeli). Le cinque campane del campanile di San Marco rintoccano, infine, perfettamente coordinate, nell’esatto punto in cui la partitura prevede una pausa, che precede le parole “Seid umschlungen, Millionen!” (“abbracciatevi, moltitudini”): la magia di Venezia è anche questa.

Il quartetto vocale, costituito da Michael Schade (tenore), Mark S. Doss (basso) Federica Lombardi (soprano), Veronica Simeoni (mezzosoprano), è abbastanza omogeneo: chi scrive accorda la sua preferenza per Lombardi e Simeoni (quest’ultima spesso ha dato ottime prove delle sue capacità proprio alla Fenice).

Buona è la prova del coro, istruito da Alfonso Caiani.

La Nona ci costringe sempre a far i conti con le speranze (o le illusioni?) del passato intonate da Schiller (versi rimaneggiati in una direzione meno rivoluzionaria e più laica dallo stesso Beethoven), e con l’insensata tragicità guerrafondaia che ci offre il mondo di ieri e di oggi. Ci inducono a domandarci se la nostra sensibilità sia cambiata, rispetto ai contemporanei di Beethoven e Schiller – o se, davvero, sempre e solo e ancora homo homini lupus –­, come abitiamo il mondo, quali sono le nostre speranze, cosa sarà e come auspichiamo sia il nostro futuro. Chiederselo di fronte al mare, che sembra in alcuni suscitare le domande fondamentali della vita, forse a Beethoven sarebbe davvero piaciuto.

Benedetta Saglietti
(8 luglio 2023)

La locandina

Direttore Juraj Valčuha
Soprano Federica Lombardi
Mezzosoprano Veronica Simeoni
Tenore Michael Schade
Basso Mark S. Doss
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del Coro Alfonso Caiani
Programma:
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n° 9 in Re minore

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