Giandomenico Vaccari: Il muro scialbo
Giandomenico Vaccari è figlio d’arte, suo padre Giacomo è stato uno dei più importanti registi televisivi a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, il suo Mastro Don Gesualdo, da Verga, con Gian Maria Volonté e Lydia Alfonsi è entrato nella storia della televisione. Già direttore artistico del San Carlo di Napoli e, fra il 1998 e il 2002, del Verdi di Trieste. Consulente artistico del Teatro dell’Opera di Roma, Giandomenico Vaccari è stato Sovrintendente del Petruzzelli di Bari e lo è attualmente dell’Orchestra Sinfonica Siciliana oltre che Direttore Artistico del Teatro di Tradizione di Lecce. Vive quindi, tra Bari, dove è nato nel 1955, e Palermo, due città a me molto care.
Regista d’opera ha firmato spettacoli in tutto il mondo. In questo periodo è impegnato con Carmen a Lecce in una coproduzione con l’Opera di Tirana. Seguiranno a Bucarest Samson et Dalila di Saint Saëns, e nel 2024 Lucia di Lammermoor al Massimo Bellini di Catania.
Di lui, si può dire, senza tema di essere smentiti, che è una personalità ecclettica, che si rivela appieno nel suo romanzo d’esordio.
Edito da Santelli Il Muro scialbo è uscito nella seconda metà dello scorso anno (pagg. 220, Euro 15) ed è il racconto della vita intima e professionale di Andrea Flebas che, dopo aver stretto un patto faustiano con la cantante lirica Nicole, sperimenta le conseguenze di un amore sregolato che porterà alla dissoluzione di ogni realtà. È una storia erotica che racconta, col pathos di una tragedia, la genesi e lo sviluppo di un’ossessione in un romanzo che vuole rappresentare la debolezza dell’uomo e le sue ossessioni.
Un libro autobiografico: Andrea Flebas, potrebbe dire l’autore c’est moi, in cui Trieste, denominata la Bella addormentata, ha un ruolo chiave, come l’ha avuto nella vita reale del narratore. Vaccari, arrivato alla Direzione del Teatro nel 1998, mentre ne era Sovrintendente Lorenzo Jorio e il Presidente del Consiglio d’Amministrazione era l’allora Sindaco-imprenditore Riccardo Illy, rilancia il Verdi da un punto di vista artistico e produttivo.
In quel periodo, breve ma intenso, approdano a Trieste nelle stagioni sinfoniche direttori di fama come Gary Bertini, Claus Peter Flor, Djansug Kakhidze, Yoram David, Pinchas Steinberg. Rivitalizza il Festival dell’Operetta aprendo i cartelloni ai capolavori di Offenbach fra cui spicca La Belle Hélène con la regia del compianto Jérôme Savary in una produzione che arrivava dall’Opéra Comique di Parigi.
Sul fronte operistico il suo biglietto da visita fu uno dei capolavori di Richard Strauss, Der Rosenkavalier, Il cavaliere della rosa, su testo di Hugo von Hofmannsthal, con la regia di Henning Brockhaus, che non sembrò particolarmente ispirato dalla commedia viennese affidata a un direttore molto giovane che si rivelò impari alla fiducia accordatagli. Si trattava, pur sempre, di un’inaugurazione di stagione.
Più fortuna ebbe, la stagione successiva, Salome con lo straordinario Jochanaan di Albert Dohmem. E, parlando di fortuna, va dato atto a Giandomenico di aver fortemente voluto riprendere un’opera di un autore, Antonio Smareglia, associato indissolubilmente al concetto di mala sorte.
Ne ripropose, in una pregevole edizione messa in scena da Stefano Vizioli e diretta da Tiziano Severini, Nozze Istriane in cui si rivelarono i talenti di Ian Storey e Svetla Vassileva, oltre alle capacità di caratterista di Giorgio Surjan.
Nell’ultima sua stagione a Trieste Vaccari scrittturò il regista Paul Curran per una nuova produzione di Peter Grimes di Britten che fu molto ammirata, e presentò un nuovo Otello di Verdi, Cecilia Gasdia debuttava al Verdi in Desdemona, in piena estate intercalandone le recite con quelle del Festival dell’operetta.
Fra il 2001 e il 2002 Vaccari preparò la prima e unica tournée in Giappone del Teatro Verdi, realizzata nel 2003 in patrnership con la Kansai Television di Osaka, le opere scelte furono Tancredi di Rossini, che ebbe il suo battesimo in Giappone con il debutto in loco di Daniela Barcellona, e Lucia di Lammermoor nella produzione ammirata a Trieste, direttore Oren, regista Giulio Ciabatti, scenografo Pier Paolo Bisleri e protagonisti Stefania Bonfadelli e Marcelo Alvarez. Per un certo periodo si divise fra Trieste e Salerno, dove fu nominato Direttore artistico del Teatro Verdi nel 2000. Lasciò i due incarichi per nell’ottobre del 2002 quando fu chiamato alla Direzione artistica del Teatro di San Carlo dove ebbe il privilegio di collaborare con il Sovrintendente Gioacchino Lanza Tomasi.
Come dire, Trieste che nel libro non è neanche esplicitamente nominata, funge da cornice all’incontro fatale fra Andrea Flebus e Nicole che si presenta al Verdi in un’audizione per un ruolo in operetta. Ruolo che le fu assegnato anche nella vita reale e che dà inizio alla storia fra i due, e sancisce la fine di un matrimonio. A Trieste Giandomenico/Andrea si era trasferito con la famiglia.
Gli avvenimenti teatrali, così importanti, cui l’autore partecipò in quegli anni mi avevano indotto a pensare a un libro di denuncia nei confronti dell’ambiente in cui il personaggio principale opera e lavora. Mi trovai immerso in una vicenda di sesso ossessivo e passioni malate. E poi mi sembrava che Trieste non fosse troppo nelle corde dell’autore.
Mi sbagliavo, perché quando glielo feci notare Giandomenico mi rispose che nel libro parla in toni più duri di un’altra città. E che ignorava dell’esistenza di un precedente libro che la definiva, come è definita in Il Muro scialbo, la bella addormentata. Mi fa piacere in ogni caso, che sotto il profilo musicale, Giandomenico troverà Trieste decisamente risvegliata rispetto agli anni in cui la frequentò.
“Non credo cha i libro sulla bella addormentata abbia avuto grande circuitazione fuori da Trieste” mi rispose. Aggiungendo, quando gli feci notare che nel volume si parla più di sesso che di palcoscenico: “Sarebbe stato più interessante un altro libro sul teatro? Una cosa è certa. Bello o brutto Il Muro scialbo è originale perché parla della vita privata di un dirigente di teatro. Cosa mai fatta in questi termini.”.
In effetti è così, e su questa falsariga, Giandomenico Vaccari sta già lavorando a un secondo romanzo. Che sia la prosecuzione de Il Muro scialbo? La risposta ce la darà il prossimo 6 marzo, alle diciotto, quando assieme al sottoscritto, Pierpaolo Bisleri lo presenterà al pubblico che vorrà accettare l’invito della Libreria Minerva di Via San Nicolò.
Rino Alessi
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