Trieste: Ettore Pagano a tutto Čajkovskij
Giunta al suo quarto appuntamento, la Stagione Sinfonica 2023 della Fondazione Teatro Verdi di Trieste si compone di otto concerti cui si è aggiunto il bonus di Lighting Bosso in occasione del non compleanno di Ezio Bosso, a suo tempo legato alla Fondazione e da essa eliminato poco prima della sua morte. Si è cominciato con un programma classico Weber-Schumann.Beethoven con il concerto diretto da Hartmut Haenchen nell’ambito del Festival di Trieste – Il Faro della Musica di cui faceva parte anche il tutto Mozart affidato ad Angela Hewitt nella doppia veste di direttore e pianista. Si è proseguito con un omaggio al grande Pinchas Zuckermann, Direttore, violino e viola solista in un programma Bach-Haydn-Mozart.
Il quarto concerto, di cui qui riferiamo, era d’impronta decisamente romantica ed era impaginato in modo singolare. La prima parte era tutta ciaikovskiana e virtuosistica in cui l’Orchestra stabile del Teatro Verdi, in grande spolvero, si metteva al servizio del giovane violoncellista Ettore Pagano, applaudito come una vera e propria rockstar dopo la sua eccezionale esibizione. La seconda parte era dedicata alla Sinfonia n. 2 in mi minore, Op. 27 di Sergej Rachmaninov. Opera imponente per struttura e durata, fu composta fra il 1906 e il 1907. La prima esecuzione fu diretta dal compositore stesso a San Pietroburgo l’8 febbraio del 1908. La partitura è dedicata a Sergej Taneev, un compositore, docente, teorico e autore russo che fu allievo di Čajkovskij. A causa della sua notevole durata – circa un’ora di musica – è stata oggetto di diverse revisioni che l’hanno ridimensionata, e, soprattutto negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento, in tale veste è stata eseguita. Oggi però, come l’altra sera a Trieste, la si esegue quasi sempre nella versione completa,o quasi completa.
Detto questo, chi ha avuto la fortuna di assistere al concerto, che era diretto con mano duttile ed esperta da Kevin Rhodes, ne ha ascoltati, in pratica due e non a caso l’orario d’inizio è stato anticipato.
Di Čajkovskij la prima parte comprendeva il fulmineo Pezzo capriccioso per violoncello e orchestra op. 62 come hors d’heuvre, il Nocturne nella trascrizione per violoncello e orchestra del n. 4 dei Six Morceaux per pianoforte op. 10, un Andante sentimentale in cui il legato del violoncello di Pagano si è dispiegato in tutto il suo splendore, per terminare in bellezza con le Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra op. 33. Sono otto le variazioni che lo strumento affronta in questa sfida con se stesso che Čajkovskij gli propone e che il giovane strumentista romano vince con l’autorevolezza di un vero campione. L’affiatamento con l’orchestra è garantito dal Maestro statunitense, e il successo è al calor bianco tanto da procurare al pubblico il dono di due bis, ancora Čajkovskij con orchestra e, da solo, un’improvvisazione estemporanea e moderatamente rockeggiante.
La seconda parte del concerto ci portava in un clima molto meno sportivo e molto più meditativo con una delle opere più note, ma non per questo più eseguite di Rachmaninov che, al momento di comporla, era reduce da due stagioni di successo come direttore d’orchestra al Bol’šoj di Mosca. Insoddisfatto della sua situazione, Rachmaninov si trasferì con la moglie e la figlia a Dresda, con l’intento di dedicare più tempo alla composizione e di ripararsi dai tumulti politici che avrebbero portato la Russia alla rivoluzione.
La famiglia rimase a Dresda per tre anni, passando le estati in Russia nella tenuta di Ivanovka. Fu in questo periodo che Rachmaninov scrisse, oltre alla sinfonia n. 2, il poema sinfonico L’isola dei morti. La prima stesura della sua seconda sinfonia lo lasciò piuttosto insoddisfatto, ma dopo mesi di revisioni la portò a termine e ne diresse la prima esecuzione nel 1908. L’opera riscosse un grande successo e dieci mesi dopo gli valse un Premio Glinka. Il trionfo restituì a Rachmaninov la fiducia nelle sue capacità di scrivere sinfonie. L’esecuzione triestina ha reso giustizia a questa musica che restituisce nei suoi quattro, elaborati movimenti, Largo – Allegro moderato (in mi minore), Allegro molto (in la minore), Adagio (la maggiore), Allegro vivace (in mi maggiore), il tormento dell’autore al momento di elaborarla e comporla come un vero e proprio test sulla salute dell’orchestra che la esegue.
Test stravinto dall’Orchestra stabile del Verdi che, stimolata dalla concertazione ben calibrata e dalla duttile direzione di Kevin Rhodes, si dimostra un complesso compatto, che ha il suo punto di forza in prime parti di qualità, capaci di fare gioco di squadra e dialogare fra loro da pari a pari, come Rachmaninov, e questo Rachmaninov, esige. Il momento magico è, naturalmente il terzo movimento in forma tripartita, ricordato per il suo tema iniziale, suonato dai violini primi e citato nel seguito sia come melodia che come figura di accompagnamento. Qui l’anima slava e nostalgica di Rachmaninov si manifesta appieno e l’esecuzione la restituisce bene e coinvolge e commuove sia nel lungo assolo del clarinetto, sia nella struggente conclusione con il suo lento morendo degli archi.
Il movimento finale in forma-sonata ci riporta sulla terra. Ed è un ritorno felice e la coda enfatica che porta la sinfonia alla conclusione e termina con il caratteristico motto di quattro note di chiusura di molti lavori di Rachmaninov, non può che fare esplodere il lungo applauso con cui il pubblico ha salutato Maestro e Orchestra al termine di questo bel concerto.
Rino Alessi
(23 settembre 2023)
La locandina
Direttore | Kevin Rhodes |
Violoncello | Ettore Pagano |
Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste | |
Programma: | |
Pëtr Il’ič Čajkovskij | |
Pezzo capriccioso per violoncello e orchestra op. 62 | |
Nocturne Trascrizione per violoncello orchestra del n. 4 dei Six Morceaux per pianoforte, op. 19 | |
Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra op. 33 | |
Sergej Vasil’evič Rachmaninov | |
Sinfonia in mi minore n. 2 op. 27 |
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