Berlino: full immersion viennese con Petrenko alla Philharmonie

Il 2 novembre alla Philharmonie di Berlino, Kirill Petrenko ha guidato i Berliner Philharmoniker in un programma tutto viennese, aperto dalla Sinfonia n. 29 in La maggiore di Mozart, seguita dai Tre pezzi per orchestra op. 6 di Alban Berg e, dopo l’intervallo, dalla Quarta Sinfonia di Brahms.

Come accade spesso quando Petrenko si trova alla testa dei suoi Berliner, ognuna delle tre date in cartellone era sold out da giorni e la sala traboccante di pubblico tradiva le grandi aspettative nutrite sul concerto. Se il piatto forte sulla carta doveva essere la Quarta Sinfonia, però, la rivelazione della serata sono stati invece i Tre pezzi op. 6 di Berg. Sulla Sinfonia brahmsiana, infatti, il direttore e la sua orchestra sono sembrati a tratti un po’ sconnessi.

Molti splendidi momenti, sparsi generosamente su tutti e quattro i movimenti e in particolare sulla Passacaglia (uno fra tutti l’ottimo solo del primo flauto di Sébastian Jacot, ma anche la travolgente coda conclusiva) faticavano infatti a costruire un percorso chiaro e coerente di dove Petrenko e i Berliner volessero condurre l’ultimo capolavoro sinfonico di Brahms.

Chiarezza architettonica, espressività viscerale, freschezza e leggerezza si alternavano senza arrivare ad assumere una conformazione ben definita, lasciando la sensazione di un lavoro ancora incompiuto, in cui si faticava a superare un velo di distacco. Questa instabilità emergeva già dalla Sinfonia in La maggiore di Mozart, in cui fin dal primo attacco si notavano i segni di un’imprecisione che non è tipica né dell’orchestra né del direttore, come se a tratti si interrompesse quella identità totale tra gesto e suono.

Completamente diverso il discorso per l’op. 6 di Alban Berg. In questo caso le ruote dell’ingranaggio sono tornate a combaciare, orchestra e direttore sono tornati ad essere una cosa sola e il miracolo si è compiuto. Sotto le mani di Petrenko e dei Berliner, i Drei Orchesterstücke di Berg sono esplosi in tutta la loro violenza espressionistica, mentre la cura la cura capillare degli impasti orchestrali e del contrappunto hanno portato in rilievo tutta la nervatura polifonica di questa quasi-una-sinfonia.

Come è solito per Petrenko, però, il controllo non rimane solo una forma di virtuosismo esteriore e diventa invece condizione di un’espressività accesissima, di grande portata immaginifica. È il caso del Preludio, in cui dal pulviscolo iniziale è emerso con violenza il materiale tematico, subito pronto a sciogliersi in una cantabilità quasi nostalgica e sofferta. Il secondo movimento, Reigen, è stato un capolavoro di drammaturgia, nel suo transitare allucinato tra movimenti di danza e tempeste mahleriane, è così la conclusiva Marcia, il più lungo e ampio dei tre brani.

In questo capolavoro giovanile, Berg concentra, agita e dissolve un’intera epoca: Mahler e Richard Strauss, Schönberg e il valzer viennese, la nostalgia del Romanticismo, il Decadentismo più seducente, lo straniamento espressionista, l’arabesco della Secessione. Kirill Petrenko sembra distillare da questi tre brevi brani tutto lo Zeitgeist della Vienna a cavallo tra i secoli. Non c’è gesto musicale che non appoggi con evidenza su un tessuto di riferimenti culturali, non c’è scelta di impasto o di fraseggio che non si inserisca coerentemente in una visione organica e mai arida. Lo ha dimostrato anche l’accoglienza del pubblico, che ha tributato ad orchestra e direttore lunghi applausi entusiasti.

Alessandro Tommasi
(2 novembre 2023)

La locandina

Direttore Kirill Petrenko
Berliner Philharmoniker
Programma:
Wolfgang Amadeus Mozart
Sinfonia n. 29 in La Maggiore K 201
Alban Berg
Tre pezzi per orchestra op. 6
Johannes Brahms
Sinfonia n. 4 in mi minore Op. 98

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