Budapest: l‘Haydneum e l’eredità musicale ungherese
Nato nel 2021 l’Haydneum – Centro Ungherese per la Musica Antica ha come sua missione principale la riscoperta, la conservazione e la diffusione della ungherese del periodo che va dal 1630 al 1830 attraverso una stretta collaborazione con la Biblioteca Nazionale Széchény di Budapest dove è conservata la maggior parte del patrimonio musicale magiaro sottoforma di autografi e di successive copie a stampa dei lavori di Franz Joseph e Michael Haydn oltre a quelli dei numerosi compositori che li hanno preceduti e seguiti, il tutto proveniente in massima parte dallo sterminato fondo dei principi Eszterházy, patroni delle arti e soprattutto della musica.
L’Haydneum ha dunque intrapreso un lavoro certosino di catalogazione e digitalizzazione – già concluso per quanto riguarda Michael Haydn – delle partiture presenti nella Biblioteca Nazionale e che prosegue con il catalogo di Joseph Haydn e quello del suo predecessore a Eszterháza Gregor Joseph Werner.
Motore della Fondazione – che prende a modello quello del Palazzetto Bru Zane – Centre pour la Mousique Romantique Française e del Centre de Mousique Baroque de Versaille – è György Vashhegyi, direttore d’orchestra e musicologo che nel 1998 ha fondato l’Orchestra Orfeo e che da anni si occupa della riscoperta del repertorio musicale dell’Impero Austroungarico ma in particolare del Regno d’Ungheria.
Tra le iniziative musicali dell’Haydneum il Festival d’Autunno, che ha visto nella sua serata inaugurale nel Maneggio Reale del Castello di Buda – trasformato in una sala da musica dall’acustica perfetta – l’esecuzione della Missa Cellensis in do maggiore per soli, coro e orchestra, Hob:XXII:5 di Franz Joseph Haydn, che delle quattordici messe da lui composte è la quinta in ordine cronologico e segna il suo esordio, nel 1766, come Kapellmeister a servizio della famiglia Eszterházy.
La partitura si sviluppa soprattutto nell’ampio e articolatissimo Gloria, preceduto da un Kyrie caratterizzato da ariosa leggerezza, nel quale si susseguono – quasi a voler dimostrare tutte le capacità del compositore – poderosi interventi corali che si alternano a sezioni in cui i solisti intraprendono dialoghi intimi con l’orchestra.
Più agile il Credo, in cui però si definisce uno straordinario equilibrio tra religiosità e illuminismo, con su tutto l’“Et incarnatus est” affidato al tenore che invera nel suo intervento la doppia natura del Cristo.
Nel Sanctus e nell’Agnus Dei conclusivi, nei quali non si ritrova la ricchezza di articolazione delle sezioni prevedenti, spicca comunque la meravigliosa doppia fuga su cui poggia il “Dona nobis pacem” conclusivo e che è è plastica rappresentazione della maestria contrappuntistica di Haydn.
Di assoluto pregio l’esecuzione musicale affidata a Aapo Häkkinen che alla testa della Helsinki Baroque Orchestra offre una lettura assai meditata della partitura attraverso una concertazione incardinata su tempi morbidamente distesi e forte di spunti dinamici volti a mantenere vivida la tensione narrativa.
Superba la prova del Purcell Choir, con i suoi trentatré componenti che cantano come se fossero il doppio tanto è corposo il suono, capace di rendere con sensibilità la parola cantata aderendo al contempo al dettato musicale.
Nel quartetto dei solisti spicca il tenore Benjamin Glaubitz con il suo timbro piacevolmente chiaro ed un fraseggio sempre meditato e con lui il soprano Ágnes Kovács, padrona di accenti intelligentemente calibrati.
Corretti il contralto Eszter Balogh e il baritono Julian Orlishausen.
Successo meritato per tutti.
Alessandro Cammarano
(10 novembre 2023)
La locandina
Direttore | Aapo Häkkinen |
Soprano | Ágnes Kovács |
Contralto | Eszter Balogh |
Tenore | Benjamin Glaubitz |
Baritono | Julian Orlishausen |
Helsinki Baroque Orchestra | |
Purcell Choir | |
Maestro del coro | György Vashhegyi |
Programma: | |
Franz Joseph Haydn | |
Missa Cellensis in n do maggiore per soli, coro e orchestra, Hob:XXII:5 |
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