Milano: l’Ottava in Duomo, spettacolo per gli occhi, fatica per le orecchie
Piazza del Duomo, Inizio novembre: sono le 19.30, non siamo ancora in pieno inverno, ma a Milano, in questo periodo, il freddo serale inizia a pungere il viso. Per fortuna ci siamo messi un maglione e un cappotto pesante: la fila per entrare nella cattedrale è piuttosto lunga, si estende sul sagrato e oltre.
Per entrare ci vorrà qualche momento in più del solito, ma abbiamo pazienza: siamo qui perché questa sera l’Orchestra Sinfonica di Milano diretta da Claus Peter Flor suona l’Ottava Sinfonia di Mahler, con un organico di tutto rispetto. Affiancano l’orchestra il Coro Sinfonico di Milano, il Coro di voci bianche di Milano, il Coro Aslico e i Pueri cantores della Cappella musicale del Duomo di Milano.
Perché al Duomo di Milano? Sicuramente, nell’esecuzione della Sinfonia «dei mille» – così soprannominata per la quantità di esecutori presenti alla prima esecuzione a Monaco nel 1910 – contano gli spazi: il Duomo ne ha di immensi. Poi, una motivazione legata alla partitura: la prima parte della sinfonia mette in musica un inno latino alto-medievale «Veni, creator spiritus». Infine, forse, la volontà di legare il Festival della Sinfonica, giunto al suo undicesimo appuntamento, a uno dei simboli, anzi, al simbolo per eccellenza, della capitale meneghina.
Abbiamo assistito, nei giorni scorsi, alle esecuzioni fragorose della Quinta e della Sesta: nulla, però, è pari alla potenza espressiva dell’Ottava, che arriva laddove tutte le altre sinfonie non arrivano. Tutto è amplificato, tutto è oltre, in un autore che dall’oltre ha creato una sua identità. Per questo motivo, questa sera, siamo particolarmente carichi di aspettative: la bellezza del Duomo non potrà far altro che sublimare la musica del genio boemo e lo scossone provocato dall’insieme di musica e ambiente ci incollerà alle panche, pur scomode, della cattedrale. Lo stesso sembra pensare chi è in attesa con noi: il pubblico milanese ha risposto con entusiasmo alla proposta della Sinfonica, facendo registrare un incoraggiante sold-out.
Finalmente, il momento dell’ingresso. Entrare nel Duomo, anche per chi lo conosca alla perfezione, ha sempre un effetto disarmante: alla sua grandiosità non ci si può abituare. E poi, l’impatto visivo con la scena – ma anche con la quantità di sedie disposte per gli ascoltatori lungo tutta la navata – è incredibile. Ci sediamo. Il nostro posto è nel primo settore, abbastanza vicino alla postazione di orchestra e coro, ma non abbastanza da permetterci di vedere con agio l’orchestra: del resto, questa è la situazione in cui si trova praticamente tutto il pubblico, fatta eccezione per le primissime file. Vedremo gli esecutori un po’ direttamente, un po’ dagli schermi posizionati a lato, ma non ci scomponiamo: è il prezzo della location.
L’orchestra si siede tra gli applausi, arrivano i solisti e il direttore. Finalmente siamo all’inizio. Ecco l’attacco: «Veni, veni creator spiritus». Per un attimo restiamo attoniti: quell’attacco in fortissimo del coro, chiamato dall’organo, non arriva nella sua caratteristica impetuosità. Restiamo sorpresi, ma attendiamo: forse è solo l’inizio. E invece, no: tutta la prima parte è un amalgama di suoni e di voci perlopiù confuso. Maggiormente nelle parti di difficile incastro e con più esecutori, in modo minore negli interventi dei solisti, ma la confusione rimane, e si fa sentire.
Nella seconda parte orchestra, cori e solisti si distinguono maggiormente: il risultato è sicuramente più chiaro della prima. Buona la prova dei cantanti solisti Flurina Stucki, Eleanor Lyons, Elisabeth Breuer, Bettina Ranch, Annely Peebo, Tuomas Katajala, Jochen Kupfer e Samuel Youn, che riescono a districarsi senza troppe difficoltà nella difficile acustica. Un plauso al Maestro del Coro Massimo Fiocchi Malaspina, che tiene insieme la compagine e l’orchestra. Se l’esecuzione fin qui è risultata a tratti difficoltosa, una puntualizzazione: il finale non delude e incolla, con tutta la magnificenza di cui solo Mahler è capace, gli spettatori alle sedie.
Nel complesso una buona prova del coro, con l’orchestra che riesce ad arrivare alla fine in un difficilissimo incastro di attacchi quasi indenne, con delle buone prove delle parti a solo. I cantanti solisti fanno il loro lavoro, ma si mantengono nella media.
«Non ho mai scritto nulla di simile, nel contenuto e nello stile è qualcosa di completamente diverso dagli altri miei lavori, ed è certamente la cosa più grande che ho fatto» dice Gustav Mahler a proposito della sua Ottava Sinfonia: lo stesso si potrebbe dire per il concerto pensato dall’Orchestra Sinfonica di Milano, almeno negli intenti. Peccato che la realizzazione – per motivi che non dipendono totalmente dagli esecutori quanto dalla particolare acustica del Duomo – non sia riuscita a eguagliare le alte aspettative di quello che si annunciava essere un evento per programma e ambientazione.
Elisa Nericcio
(8 novembre 2023)
La locandina
Direttore | Claus Peter Flor |
Soprani | Flurina Stucki, Eleanor Lyons, Elisabeth Breuer |
Mezzosoprani | Bettina Ranch, Annely Peebo |
Tenore | Tuomas Katajala |
Baritono | Jochen Kupfer |
Basso | Samuel Youn |
Orchestra Sinfonica, Coro Sinfonico e Coro di voci bianche di Milano, Coro As.Li.Co, Pueri cantores della Cappella Musicale del Duomo di Milano | |
Maestro dei Cori | Massimo Fiocchi Malaspina |
Maestro del Coro di Voci Bianche | Maria Teresa Tramontin |
Maestro del Coro dei Pueri cantores | Mons. Massimo Palombella |
Programma: | |
Gustav Mahler | |
Sinfonia n. 8 |
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