Madrid: Rigoletto va oltre il teatro
Il Teatro Real invita Miguel del Arco a mettere in scena uno spettacolo durante la Stagione d’Opera presente, e riesce a farlo nientemeno che con Rigoletto. Un’ opera rimasta impressa nel gusto del pubblico, anche di chi non è frequentatore abituale degli spettacoli operistici, che ha rappresentato per tutti una grande sfida professionale. Del Arco è più che un regista teatrale, è un regista d’avanguardia. Ha fatto della modernità uno stile e, soprattutto, è diventato un vero esperto nell’uso dei codici comunicativi in scena, che raggiungono il pubblico spettatore per motivarlo, scuoterlo e violentarlo. Concepisce il pubblico come un soggetto operante, che incoraggia a non limitarsi ad osservare con silenziosa attesa, interrompendo di tanto in tanto i drammatici silenzi con l’ineffabile tosse, per risvegliarne le coscienze, i loro interessi e sempre, sempre la loro riflessione. I suoi successi in teatro sono innumerevoli ed ora, nel suo passaggio a quest’arte con la maiuscola che è l’Opera, ha dovuto imporre la sua impronta personale.
Con una riuscitissima direzione musicale di Nicola Luisotti, questo Rigoletto si allontana, e mai meglio dire, dal tempo e dallo spazio in cui è stato concepito per collocarsi con una dose di vera quotidianità in un luogo indefinito, ma che diventa inspiegabilmente familiare. a noi. Molto lontano dal classico e dalla formalità, la lettura che si impone è quella di un gioco di immagini e di uno slancio visivo di indefinizioni, in cui si intrecciano il tema, ovvero il testo e soprattutto le voci degli artisti. La novità, la versatilità di questa modernità assolutamente d’avanguardia, oltre a risvegliare passioni e opinioni, dimostra soprattutto l’universalità del genere operistico, che agli occhi dei puristi può sembrare un sacrilegio, ma è immerso in un inarrestabile vortice di cambiamento, aggiornamento e crescita promettente in cui le risorse tecnologiche e di scena più innovative sono presenti e nel migliore dei modi. E in questo gioca un ruolo determinante la portata del pubblico, che non ha più limiti di età o di classe sociale, ora si fa uno spettacolo “oggi, per oggi”.
La scenografia, opera di Sven Jonke (Numen/For Use) + Ivana Jonke, non lascia nessuno indifferente. La ami o la odi. La ami e ti commuove oppure ti sembra irrilevante o addirittura scarsa. Una sorta di tessuti in movimento che cadono, ondeggiano e non decorano, suggeriscono solo.
Appena iniziato lo spettacolo e dopo aver attraversato la platea, un gruppo di provocanti attori vestiti da conigli in frac, insegue una donna indifesa. Il sipario cade in una meravigliosa nuvola d’effetto, nello stile più puro del meraviglioso Philippe Genty, in cui tutto diventa una nuvola di colore disincarnata, che non sai se trascina tutto o lo avvolge, e che finisce sul pavimento , popolandolo, tutto volume, ha suggerito forme in cui l’aria, lo spazio libero e soprattutto le luci delimitano il tutto. Le scuse si fanno per niente, probabilmente perché non è niente o è tutto. È una montagna, è un sentiero, è una grotta la cui attrattiva maggiore è che sotto terra ci sono delle persone che emergono per entrare a far parte del set e lo faranno durante le quasi tre ore di durata, il il gruppo di ballo diventa parte della scenografia e svolge un ruolo molto estetico e utilitaristico di grande valore visivo.
L’illuminazione di Juan Gómez-Cornejo è assolutamente perfetta e raggiunge il suo obiettivo di creare atmosfere con assoluta precisione. C’è un trio di strutture mobili di luci che vanno su e giù per il palco e formano una barra o una colonna di luci quasi simmetriche, fino a diventare una lampada suggerita la cui sontuosità farebbe da cornice ad un lussuoso soggiorno. Tutta la luce viene utilizzata per creare spazi e mostrare dimensioni che sono più che estetiche, ma funzionali.
I costumi hanno la loro principale fonte di forza nel personaggio di Rigoletto, che questa volta non è né un gobbo né un deforme, ma ora porta un corsetto e reggicalze, oltre a un sontuoso copricapo di piume in testa a indicare la sua buffoneria ( se è così che vogliamo chiamarla questa volta) e poi optare per un abito elegante a cui manca una manica. Quello firmato da Ana Garay è dotato in alcuni casi di molta urbanità, come nel bordello, in contrasto con l’eleganza di altri o la sensualità dei ballerini. Gilda è forse quella che non ha un guardaroba degno di nota o comunque non criticabile.
E a questo punto, in cui, come dice il testo, “la donna è mobile qual piuma al vento” contrasta con la grande presenza enfatica del personaggio femminile, essenzialmente in questo pezzo. Gilda del soprano francese Julie Fuchs è forte, drammatica e assolutamente vera, anche nei momenti in cui la passione la trascina giù. La qualità vocale di questa artista è commovente, gode del privilegio di conoscere la massima estensione della sua voce e ci gioca con vera maestria. La sua prestazione è impeccabile e merita ogni elogio. Certo, il Rigoletto interpretato dal magnifico baritono canadese Étienne Dupuis ha un’intensità drammatica difficile da eguagliare e in cui mette in mostra un apparato vocale capace di portarti all’emozione più autentica e primordiale. Un vero maestro sul palco. Un Rigoletto difficile da confrontare con gli altri e, soprattutto, difficile da dimenticare. E senza dubbio, l’arte del tenore di San Sebastián Xabier Anduaga è il punto forte a livello interpretativo. È impressionante quello che fa con la sua voce e come la mette al servizio del suo Duca di Mantova e soprattutto per la gioia e il piacere di chi come noi ha avuto la fortuna e la gioia di ascoltarlo. Naturalmente non si possono non citare le straordinarie performance di Gianluca Buratto, basso italiano, nel suo Sparafucile e una magnifica Maddalena del mezzosoprano rumeno Ramona Zaharia. Questo è il terzo dei tre cast di questo Rigoletto.
Grandi voci, grandi interpretazioni in una grande serata dell’opera in cui le grida di Bravo sono state presenti, nel momento sbagliato e in modo permanente durante tutta la rappresentazione, e persino un sonoro “questo Rigoletto è spazzatura” probabilmente da qualcuno che non ha gradito il lavoro Miguel del Arco.
Ma essere esente da polemiche è probabilmente qualcosa che il regista e drammaturgo madrileno non è mai stato. Ha saputo individuare l’essenza di Rigoletto e l’ha espressa a modo suo, senza riguardi, senza paure, senza schemi, senza convenzioni e senza riserve.
Ricardo Ladrón de Guevara
(10 dicembre 2023)
Originale Spagnolo
La risa diabólica
En palabras de su director un Rigoletto
en el que se juntan la palabra justa y la música perfecta
El Teatro Real invita a Miguel del Arco a dirigir en la Temporada de Ópera actual, y se logra que lo haga con nada más y nada menos que Rigoletto. Una pieza enclavada en el gusto del público, incluso en el no asiduo al espectáculo operístico que lo que suponía un gran reto profesional para todos. Del Arco es más que un director de Teatro, es un director de Vanguardia. Ha hecho de la modernidad un estilo y sobre todo, se ha hecho un verdadero experto en el uso de códigos comunicacionales en la escena, que llegan al público espectador para motivarle, para estremecerle y vulnerarle. Concibe al público como un sujeto operante, al que estimula para que no se limite a observar desde la silente expectación, interrumpiendo alguna vez los silencios dramáticos con la inefable tos, para despertar sus conciencias, sus intereses y siempre, siempre su reflexión. Son incontables sus éxitos en el Teatro y ahora en su paso a este arte con mayúsculas que es la Ópera, tenía que imponer su sello personal.
Con una acertadísima dirección musical de Nicola Luisotti, este Rigoletto se aleja, y nunca mejor dicho del tiempo y el espacio en el que fue concebido para ubicarse con una dosis de verdadera cotidianidad en un lugar indefinido, pero que inexplicablemente se nos hace familiar. Muy muy lejos de lo clásico y de la formalidad, la lectura que se impone, es la de un juego de imágenes y un arrebato visual de indefiniciones, en la que juega un papel fundamental el tema, o el texto y sobre todo las voces de los artistas. Lo nuevo, la versatilidad de esta modernidad de absoluta vanguardia, a parte de despertar pasiones y opiniones, demuestra por sobre cualquier otra cosa la universalidad del género operístico, que puede que a los ojos de los puristas sea un sacrilegio, pero, está inmerso en una indetenible vorágine de cambio, de actualización y prometedor crecimiento en el que la tecnología y los recursos de escena más innovadores, están presentes y de la mejor forma. Y en ello juega un papel determinante el alcance de público, que ya no tiene límites de edad o de clases sociales, ahora se hace un espectáculo de hoy, para hoy y para toda la gente que vive hoy.
La escenografía que es obra de Sven Jonke (Numen/For Use) + Ivana Jonke no deja indiferente a nadie. La amas o la odias. Te encanta y te conmueve o te parece intrascendente o hasta escasa. Una suerte de telas en movimiento que caen, ondean y no adornan, tan solo sugieren. Nada más iniciar el espectáculo y tras ingresar por el patio de butacas, un grupo de provocadores actores vestidos de conejos en frac, persiguiendo a una indefensa mujer. El telón cae en una maravillosa nube de efecto, al más puro estilo del maravilloso Philippe Genty, en el que todo se convierte en una incorpórea nube de color, que no sabes si lo arrastra todo o lo envuelve, y que acaba en el suelo poblándolo todo de volumen, de formas sugeridas en las que el aire, el espacio libre y sobre todo las luces lo demarcan todo. Se hace una apología a la nada probablemente porque no es nada o lo es todo. Es montaña, es camino, y es cueva de la que el mayor atractivo es que hay personas debajo del suelo, que emergen para convertirse en parte del decorado y así lo harán durante las casi tres horas de duración, el cuerpo de baile se hace parte del decorado y juega un papel utilitario muy estético y de gran valor visual.
La iluminación a cargo de Juan Gómez-Cornejo es absolutamente perfecta y logra su cometido de crear atmósferas con total precisión. Hay un trio de estructuras móviles de luces que suben y bajan a escena y van formando desde una barra o columna de luces casi simétricas, hasta convertirse en una sugerida lámpara cuya suntuosidad estaría enmarcada en un salón lujoso. Todo la luz se utiliza para crear espacios y para enseñar dimensiones que más que estéticas, son funcionales.
El vestuario tiene su principal acopio de fuerza en el personaje de Rigoletto, que esta vez no es un jorobado ni un deforme, para pasar a tener corsé y ligueros, además de un fastuoso tocado de plumas en la cabeza para señalar su bufonería (si es que queremos llamarla así esta vez) para luego ir con un elegante traje al que le falta una manga. El que firma Ana Garay, es uno dotado de mucha urbanidad en algunos casos, como en el Lupanar, contrastando con la elegancia de otros o la sensualidad de las bailarinas. Gilda es quizá la que no tiene un vestuario destacable o al menos no criticable.
Y llegados a este punto, en el que como dice la letra “la mujer es voluble como una pluma al viento” contrasta con la gran rotundidad de la presencia del personaje femenino, por esencia en esta pieza. La Gilda de la soprano francesa Julie Fuchs es contundente, dramática y absolutamente verdadera, aún en los momentos en los que la pasión la arrastra. La calidad vocal de esta artista es conmovedora, goza del privilegio de conocer el alcance de su voz la máximo y juega con ello con verdadera maestría. Su actuación es impecable y merecedora de todos los elogios. Claro está que el Rigoletto que pone en escena el magnífico barítono Canadiense Étienne Dupuis, es de una intensidad dramática difícil de igualar y en la que hace gala de un aparato vocal capaz de llevarte a la emoción más auténtica y primigenia. Un verdadero maestro en escena. Un Rigoletto difícil de comparar con otros y sobre todo difícil de olvidar. Y sin duda, el arte del tenor donostiarra Xabier Anduaga, es el plato fuerte a nivel de interpretación. Es impresionante lo que hace con la voz y como la coloca al servicio de su Duque de Mantua y sobre todo para el deleite y beneplácito de los que hemos tenido la suerte y la dicha de escucharlo. Por supuesto, no se pueden dejar de nombrar las extraordinarias actuaciones de Gianluca Buratto, bajo italiano, en su Sparafucile y una magnífica Maddalena de Ramona Zaharia mezzosoprano rumana. El tercero de tres elencos que tiene este Rigoletto.
Grandes voces, grandes interpretaciones en una gran noche de la ópera en la que han estado presentes los gritos de Bravo, a destiempo y permanentemente durante toda la representación y hasta un sonoro “este Rigoletto es una basura” probablemente de alguien a quien la firma de Miguel del Arco no le ha parecido nada valioso. Pero estar exento de polémicas probablemente es algo que el director y dramaturgo madrileño nunca lo ha estado. Ha sabido identificar la esencia de Rigoletto y la ha plasmado a su modo, sin miramientos, sin miedos, sin esquemas, sin convencionalismos y sin reservas.
Ricardo Ladrón de Guevara
(10 dicembre 2023)
La locandina
Direttore | Nicola Luisotti |
Regia | Miguel del Arco |
Scene | Sven Jonke (Numen/For Use) + Ivana Jonke |
Costumi | Ana Garay |
Luci | Juan Gómez-Cornejo |
Coreografia | Luz Arcas |
Personaggi e interpreti: | |
Il Duca di Mantova | Xabier Anduaga |
Rigoletto | Étienne Dupuis |
Gilda | Julie Fuchs |
Sparafucile | Gianluca Buratto |
Maddalena | Ramona Zaharia |
Giovanna | Marifé Nogales |
Monterone | Fernando Radó |
Marullo | Isaac Galán |
Matteo Borsa | Josep Fadó |
Il conte di Ceprano | Tomeu Bibiloni |
La contessa di Ceprano | Sandra Pastrana |
Un paggio | Inés Ballesteros |
Coro y Orquesta Titulares del Teatro Real | |
Maestro del coro | José Luis Basso |
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