Milano: il minimal non si addice al Simone
Il minimalismo non si addice a Simon Boccanegra. Se l’intento era quello di rendere intelligibile uno dei tanti grovigli di Antonio Garcia Gutierrez, purtroppo l’operazione non è andata a buon fine.
A firmare la regia di questa nuova produzione del Teatro alla Scala è Daniele Abbado che inserisce il dramma in uno spazio spoglio, grigio, privo di tutti quei bagliori e stati d’animo proprio della raffinata partitura verdiana. E così, ancora una volta, ci si trova di fronte all’ennesimo allestimento che nulla aggiunge ma piuttosto detrae, lasciando il posto alla staticità.
Se, infatti, i sentimenti umani sono al centro del dramma -più che l’azione stessa, farraginosa nel suo essere ma levigata da quel senso shakespeariano che tanto accomunava Verdi e Boito- nella lugubre visione di Abbado mancano i contrasti necessari.
Non aiutano le scene grigie di Angelo Linzalata-Abbado nonché i grigi costumi di Nanà Cecchi che anche quando avevano altre tinte sempre grigi parevano.
Forse perché di produzioni simili ne stiamo vedendo troppe?
Sul podio il giovane Lorenzo Viotti, novello Lord Cosmetico (cit.), ottiene dall’orchestra una interessante compattezza sonora con particolare rilievo nei pianissimi e nelle parti cantabili. Viotti non è prevaricatore e accompagna con gusto, tuttavia nella sua visione estetica viene a mancare quella viscerale spiritualità che mette in vibrazione i più profondi affetti.
In questa visione si inserisce il canto di Luca Salsi la cui linea vocale non cede mai il passo a effetti di maniera ma predilige una lettura nitida e intimista dalla quale emerge soprattutto quel senso paternalista e umano del personaggio.
Al suo fianco Eleonora Buratto sembra non essere particolarmente a suo agio con la scrittura di questo ruolo a partire dall’aria di sortita le cui arcate vocali si dovrebbero stagliare elegiache ma che, purtroppo, risultavano spinte e non inclini ad assecondare il colore del testo.
Poco convince anche il Gabriele Adorno di Charles Castronovo la cui vocalità spinta ha compromesso le intenzioni espressive mostrando disomogeneità fra i registri, tuttavia è emerso il carattere baldanzoso del personaggio.
Vocalmente debole è risultato anche il basso Ain Anger i cui suoni gravi affiorano più di tutto resto, ma non bastano.
Ben tratteggiato risulta, invece, il Paolo Albiani di Roberto De Candia che con vocalità duttile e ben gestita mette in luce l’animo perfido del filatore d’oro genovese.
Buono il resto del cast così come eccelle, come sempre, il Coro del Teatro alla Scala istruito dal maestro Alberto Malazzi.
Applausi di cortesia per una produzione che ha destato non poche perplessità.
Gian Francesco Amoroso
(14 febbraio 2024)
La locandina
Direttore | Lorenzo Viotti |
Regia | Daniele Abbado |
Scene | Daniele Abbado e Angelo Linzalata |
Costumi | Nanà Cecchi |
Movimenti coreografici | Simona Bucci |
Luci | Alessandro Carletti |
Personaggi e interpreti: | |
Simon Boccanegra | Luca Salsi |
Jacopo Fiesco | Ain Anger |
Paolo Albiani | Roberto de Candia |
Pietro | Andrea Pellegrini |
Amelia (Maria) | Eleonora Buratto |
Gabriele Adorno | Charles Castronovo |
Capitano dei Balestrieri | Haiyang Guo |
Ancella di Amelia | Laura Lolita Perešivana |
Maestro del coro | Alberto Malazzi |
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