Firenze: il ritratto di Boccadoro è all’insegna del buonumore

Assistere ad un evento di una delle istituzioni musicali più antiche e prestigiose, gli Amici della Musica di Firenze nata nel 1920, e sentir affermare sul palco che Steve Reich è un classico (affiancandolo a Igor Stravinskij), che Giovanni Picchi era una specie di Keith Jarret del clavicembalo nel 1600, che il violino che si rifà al blues rurale degli anni Venti del ‘900 è molto più affascinante del violino romantico, ti fa pensare di aver sbagliato posto.

No, il posto è quello giusto. L’accogliente Sala del Buonumore Pietro Grossi del Conservatorio fiorentino dove si tiene uno degli appuntamenti del format Ritratti ideato dal direttore artistico Andrea Lucchesini all’interno del ricco programma dell’associazione. Periodica e coraggiosa indagine nella contemporaneità, carta bianca offerta a compositori che, in presenza, oltre che proporre proprie composizioni vi affiancano repertori significativi, riferimenti del loro percorso creativo. Questa volta sia le analisi traversali nell’intervista di apertura come gli inequivocabili indizi jazzistici ci aiutano molto. L’ospite della serata è Carlo Boccadoro.

Pianista, percussionista, compositore, direttore, musicologo, saggista, organizzatore, agitatore culturale, insomma intellettuale a tutto tondo, Boccadoro propone una serata di grande interesse e complessivamente piacevole. Ha con se l’ensemble Sentieri Selvaggi, da lui fondato nel 1997, che è un vero e proprio scrigno di grandi talenti e sopraffini interpreti.

Lo dimostrano subito in apertura Andrea Rebaudengo al pianoforte, Mirco Ghirardini al clarinetto e Piercarlo Sacco al violino nella Suite de L’Histoire du Soldat (1918) per violino, clarinetto e pianoforte di Stravinskij. Una vera chicca per eleganza, articolazioni ritmiche, per la purezza costruttiva e narrativa del materiale tematico. Il compositore si allontana dai caratteri folclorici russi per costruire un giocoso, vibrante teatro musicale tra marce, danze, intermezzi dove la traccia jazzistica traspare in filigrana. Il risultato, tra impressionismo e politonalismo, è un quadro vivace dove Stravinskij strizza anche l’occhio ai colori del cabaret, opera che influenzerà la musica da camera del ‘900.

Il compositore maceratese, che non ha mai avuto un interesse diretto per il minimalismo, pur sottolineando l’importanza della musica americana del secondo Novecento, nel suo appuntamento fiorentino propone un brano di Steve Reich Music for Pieces of Wood (1973), che gli permette di suonare con l’ensemble. Il brano, apparentemente giocoso e semplice, nasconde una certa complessità esecutiva. Attraverso pattern ritmici e impercettibili sfalsamenti di tempo viene disegnata una ragnatela, una tensione, che tra accumulazioni, figurazioni e incroci, ci regala un’architettura sonora ricca di suggestioni. Un lavoro sul ritmo che, al di là dei valori sperimentali della partitura, segnala soprattutto la lontananza culturale di Reich dal mondo accademico europeo.

L’incontro di Boccadoro con Giovanni Picchi (1571- 1643) è spumeggiante. Nell’arditezza delle dissonanze, nell’imprevedibile e piacevole sviluppo cromatico e armonico di danze e contraddanze, nelle stranezze e fantasie del suo Tre Balli d’Arpicordo, il compositore incastra con altrettanta spregiudicatezza dei lampi contemporanei che succhiano energia dalla composizione e la moltiplicano in tanti preziosi, luccicanti cammei.  La formazione come elettrizzata lo segue divertita e coinvolta, e noi capiamo quanto la musica antica ci sia più vicina di quanto pensassimo.

Dello stesso compositore ospite ascoltiamo due composizioni: Red Harvest per violoncello e vibrafono e per chiudere Hot Shot Willie per violino e ensemble. Red Harvest è un breve gioiello. Sul fronte del suono, dove i solisti Andrea Dulbecco e Aya Shimura si superano nel tocco, gesto e ricerca della bellezza. Sul fronte della trama, grazie ad una partitura che possiede sì l’impianto della sonata classica (veloce, lento, veloce) ma che classica non è anzi diffonde ampiamente suggestioni e vizi jazzistici. Tutto è scritto ma il brano si muove libero, i due paiono improvvisare ma in verità la strada è tracciata, la capacità di Boccadoro far trasparire l’amore per la musica afroamericana…il jazz appartiene al DNA della mia scrittura… in brani formalmente strutturati è qualcosa di imperscrutabile. A volte questa procedura creativa funziona meno, come in Hot Shot Willie dedicato al noto bluesman americano Blind Willie Johnson. Qui si evoca il blues campagnolo degli anni Dieci e Venti del’900, un violino tecnicamente ed esteticamente lontano dagli stilemi romantici della tradizione europea, che si muove tra accenti folk, suono legnoso, glissando e poco vibrato all’interno di una gabbia ritmica molto accentuata. Una prova dura per il talento di Piercarlo Sacco che per tutta la durata si confronta/scontra solo con il resto dell’ensemble. Il risultato, in un’accumulazione quasi asfissiante di materiali, non convince, la composizione fin troppo appesantita non trasmette le emozioni, le tracce passionali e l’eleganza che Boccadoro spesso ci regala.
Paolo Carradori
(11 febbraio 2024)

La locandina

Direttore Carlo Boccadoro
Sentieri Selvaggi
Flauto Paola Fre
Clarinetto Mirco Ghirardini
Pianoforte Andrea Rebaudengo
Vibrafono e percussioni Andrea Dulbecco
Violino Piercarlo Sacco
Violoncello Aya Shimura
Programma:
Igor Stravinskij   
Suite de L’Histoire du Soldat per violino, clarinetto, pianoforte
Carlo Boccadoro
Red Harvest, per vibrafono e violoncello
Carlo Boccadoro/Giovanni Picchi   
Tre Balli d’Arpicordo
Steve Reich   
Music for Pieces of Wood
Carlo Boccadoro   
Hot Shot Willie, per violino e ensemble

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