Trieste: il Trio Debussy e le affabulazioni di Fauré
Nella ricorrenza dei cent’anni dalla morte di Gabriel Fauré, nato a Pamiers, nel Sud della Francia, il 12 maggio del 1845, e deceduto a Parigi, il 4 novembre del 1924, il Teatro Miela di Trieste ha ospitato l’altra sera uno dei concerti più attesi del cartellone Cromatismi 3.0 dell’Associazione Chamber Music Trieste, curato con competenza e passione da Fedra Florit, che ha voluto rendere omaggio a uno dei grandi Maestri della musica francese.
L’attesa era doppia, sul palcoscenico del Miela si ripresentava a Trieste il Trio Debussy, l’ensemble cameristico che per primo conquistò, nell’ormai lontano 1997, il Premio Trio di Trieste iniziando un brillante percorso musicale. Per l’occasione il trio formato da Piergiorgio Rosso, violino, Francesca Gosio violoncello, e Antonio Valentino, pianoforte, il più longevo in Italia fra quelli in attività e uno dei rari Trii a “tempo pieno” nel panorama internazionale della musica da camera, era integrato nell’esecuzione del Quartetto in do min. per pianoforte e archi op. 15 e del Quartetto in sol min. per pianoforte e archi op. 45 di Gabriel Fauré, da Simone Briatore, già prima viola nell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, e dal 2009 impegnato nello stesso ruolo presso l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in Roma. Come dire, un tutto Fauré, che s’incaricava – unica istituzione musicale del territorio – di ricordare il compositore che insieme a Debussy, a Ravel e al suo Maestro Saint-Saëns, è considerato uno dei grandi musicisti francesi della fine del diciannovesimo e dell’inizio del ventesimo secolo. La sua composizione più eseguita, il Requiem, op. 48, non fu composto in memoria di una persona in particolare, ma come dicono le parole dello stesso Fauré, “per il solo piacere di farlo”. Fu eseguito per la prima volta nel 1888 in occasione dei funerali di un architetto francese. Molti lo descrivono come una ninna nanna della morte.
L’onore dei funerali di Stato nella Chiesa della Madeleine, e, prima, il suo ruolo di direttore del Conservatorio Superiore di Parigi, rivelano quanto Fauré fosse considerato tra i musicisti del suo tempo, in particolare per il ruolo didattico e di educatore.
Fauré ha composto partiture di ogni genere, da quello teatrale (Prometeo, Penelope e musiche di balletto e di scena), a quelli sinfonico, da camera, e numerosissime Mélodies per canto e pianoforte, oltre a numerosi brevi lavori pianistici. Furono suoi allievi, tra gli altri, Louis Aubert, Alfredo Casella e il già citato Maurice Ravel.
Il Quartetto in do min. per pianoforte e archi op.15 fu scritto all’età di trentun anni e nonostante la dignitosa posizione professionale conquistata – era Maestro di cappella alla Madeleine – si trovava ancora nella fase iniziale di quello che sarebbe stato un lunghissimo travaglio formativo. Si tratta di uno dei grandi risultati del compositore nell’ambito della produzione cameristica, e denota insieme l’adesione alla tradizione tedesca e un profondo rinnovamento. La sua composizione coincise con la frequentazione del salotto musicale di Pauline Viardot, la sorella di Maria Malibran, mezzosoprano e compositrice, della cui figlia Marianne, Fauré s’innamorò. La giovane ruppe il fidanzamento. Il forte senso drammatico e la tensione che pervadono il primo dei quattro movimenti (Allegro molto moderato) restituiscono questo stato d’animo che nel successivo Adagio risuona nell’emozione composta che rivela un senso di profonda nobiltà d’animo. Nell’Allegro molto finale il ritmo di moto perpetuo del pianoforte che incalza le linee melodiche degli archi dà alla composizione un senso di drammaticità e d’inquietudine.
Il Quartetto in sol min. per pianoforte e archi op. 45, composto una decina d’anni più tardi, siamo quindi nel 1885/1886, si caratterizza per la maggiore maturità compositiva, evidente nell’intensificazione della raffinatezza armonica, nella sottigliezza con cui sono interpretate le strutture formali, nell’altro grado di coesione costruttiva conferito alla scrittura.
La complessità dei due quartetti per archi e pianoforte, distribuiti nelle due parti del loro programma dedicato a Fauré, era ben presente nell’esecuzione del Trio Debussy, formatosi nel 1989 in seno al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, e di Simone Briatore, che l’hanno magnificamente restituita al folto pubblico, affascinandolo con il canto limpido dei loro strumenti. Un suono compatto e coeso, un gioco di rimandi fra uno strumentista e l’altro, una capacità di dialogare fra loro dei quattro musicisti che la camera acustica di Suono Vivo ha fatto rimbalzare alla platea del Miela che al termine del programma li ha lungamente applauditi, ricompensata da un bis molto particolare, le magnifiche Danze polovesiane dal Principe Igor di Borodin nella trascrizione per trio d’archi e pianoforte. Una serata da ricordare.
Rino Alessi
(23 febbraio 2024)
La locandina
Trio Debussy | |
Violino | Piergiorgio Rosso |
Violoncello | Francesca Gosio |
Pianoforte | Antonio Valentino |
Viola | Simone Briatore |
Programma: | |
Gabriel Fauré | |
Quartetto in do min. per pianoforte e archi op. 15 | |
Quartetto in sol min. per pianoforte e archi op. 45 |
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