Milano: la terza edizione del Gala Fracci è una maratona des étoiles

Il 29 aprile, come ogni anno dal 1982, ricorre la Giornata Internazionale della Danza, istituita dall’International Dance Council dell’UNESCO per celebrare un linguaggio universale, che sa superare divisioni, differenze, barriere, unendo popoli, culture, anime. Tante le iniziative che accompagnano questa ricorrenza, che tra l’altro vedrà Roberto Bolle tornare in prima serata su Rai 1 con il nuovo spettacolo “Viva la danza”, a celebrazione delle varie espressioni dell’arte coreutica. E una vera festa del balletto classico e contemporaneo è stata la terza edizione del Gala Fracci, a cui ha partecipato, immancabile, lo stesso Bolle. La serata, a cadenza annuale voluta dal Direttore del Ballo del Teatro alla Scala di Milano Manuel Legris, ha commemorato con una parata di stelle l’indimenticabile Carla nazionale scomparsa il 27 maggio 2021, lei che il New York Times definì “prima ballerina assoluta” e che, con grande consapevolezza del lavoro che sta dietro una grande carriera, disse che la danza, prima di piedi e gambe, è testa.

A lei e al balletto di ieri e di oggi, tra tradizione e nuovi linguaggi, il tributo di nomi quali Marianela Nuñez e Vadim Muntagirov dal Royal Ballet londinese, Olga Smirnova e Jacopo Tissi, ex stelle del Bol’šoj ritrovatesi al Het Nationale Ballet di Amsterdam, e il già citato Roberto Bolle, primo ballerino étoile del teatro meneghino dal 2004. Accanto a loro il Ballo scaligero al completo, a partire dalla neonominata étoile Nicoletta Manni, che, alla vigilia di questa terza edizione del Gala, insieme al Sovrintendente Dominique Meyer, al Direttore Legris, ai Maîtres e al Corpo di Ballo, ha intitolato proprio a Carla Fracci la nuova Sala ballo della torre di via Verdi.

In un’unione tra imperitura memoria e apertura alla creatività contemporanea, il programma del Gala Fracci 2024, per quasi tre ore piene di spettacolo, ha visto alternarsi pezzi dal grande repertorio classico ottocentesco con nuove creazioni in cui il virtuosismo tecnico si è fuso con le doti interpretative di tutto il cast. Una scelta apprezzata dal pubblico, che ha occupato ogni posto disponibile del Piermarini e ha partecipato con emozione palpabile alla serata, tra ovazioni e applausi a scena aperta in più occasioni.

Tra gli ospiti illustri del panorama coreutico, subito riconoscibile a metà platea Luciana Savignano, alla quale si deve la ripresa dell’assolo La Luna, creato per lei nel 1976 da Maurice Béjart e interpretato in esclusiva (con un’unica eccezione di Sylvie Guillem) fino ad oggi, quando è stato “consegnato” alla Manni in un simbolico passaggio di testimone tra étoiles.

Tranne un paio di momenti su base registrata, ha accompagnato musicalmente le scelte coreografiche l’Orchestra scaligera ben diretta dall’esperta bacchetta di David Coleman, in cui ha spiccato la spalla Laura Marzadori che abbiamo potuto apprezzare nel magistrale assolo composto da Čajkovskij per l’Adagio del II atto del Il lago dei cigni e in La Luna sul secondo movimento del Concerto per violino n.2 in mi maggiore di Bach accanto al clavicembalo di Takahiro Yoshikawa.

Torniamo, quindi, all’inizio della serata, che ha catturato subito emotivamente il pubblico con una suggestiva carrellata di immagini dedicate alla divina Fracci, disponendolo alla visione delle diverse performance. L’apertura, che per ogni proposta coreografica sarà preceduta da brevi emozionali ritagli delle prove in sala ballo, è stata affidata al pas de deux del cigno bianco dal già citato Lago secondo Nureyev, il “Rudy” che proprio con la Fracci lo danzò in numerose recite scaligere negli anni Settanta del secolo scorso (e sembra passata un’eternità, che ne fa ormai leggenda), qui proposto dagli ottimi Maria Celeste Losa in Odette e Timofej Andrijashenko come Siegfried, impegnati in perfetti lift, attitude e arabesque penchée e circondati dagli impeccabili cigni del Ballo femminile.

Immancabile nell’immaginario collettivo – a chiunque si parli di “danza” o di “punte” verrà in mente come prima immagine l’immacolato tutù piumato del Lago –, l’iconico pezzo illuminato con toni del blu che rimandano alle profonde acque lacustri, così come profondo è l’animo umano, traghetta il pubblico verso una scelta contemporanea che sembra essere in continuità cromatica e, per certi versi, emotiva, se pur lontanissima nel linguaggio: Árbakkinn, creazione di Simone Valastro – talentuoso coreografo che abbiamo apprezzato pochi mesi fa sempre alla Scala con Memento – su musica omonima di Ólafur Arnalds. Ancora un passo a due, ma qui in tutt’altro contesto. La narrazione in questi cinque minuti di azione è appena accennata, per lasciare la parola al soggetto protagonista: la relazione, in un qui e ora senza tempo e, parimenti, così tanto presente. È un rapporto tra due qualunque, come un po’ “qualunque” sono i costumi cerulei, ordinari e volutamente anonimi; sono una donna e un uomo che potremmo essere noi, qui Antonella Albano e Massimo Garon, che interpretarono la coreografia anche al suo debutto del 2021 per Serata contemporanea. Lei è sola in scena, poi arriva lui. Si incontrano, si toccano, si trovano, si attirano e si respingono, rotolano avvinghiati, si fondono. E alla fine si separano nuovamente. Lei se ne va, forse appagata, lui esausto dopo un momento si riprende, è rimasto solo. Inutile rincorrerla. L’attimo è passato, finito.

Buio e si cambia nuovamente registro, tornando al grande repertorio proprio della Fracci, con ancora un passo a due, stavolta romantico, dal II atto de La Sylphide nella versione di Bournonville: Vittoria Valerio e Claudio Coviello ci propongono con delicata e meticolosa attenzione il quadro di un ballet blanc tecnicissimo, virtuosissimo e drammaticissimo, tra le più alte espressioni del balletto classico.

Segue, quindi, ancora una scelta contemporanea con Luce, ménage à trois sulla partitura The Light di Philip Glass, appositamente cucito dal danzatore scaligero Andrea Crescenzi sui colleghi Linda Giubelli, Navrin Turnbull e Domenico Di Cristo per la serata inaugurale del 61° Salone del Mobile del 2023 e replicata a un anno di distanza per l’occasione. Tre pianeti, tre alieni, tre “corpi” appunto, per citare la fortunata serie di Netflix, che interagiscono tra loro seguendo un’orbita prima di tutto interiore. Non c’è distinzione tra i ruoli, che apparentemente paiono perfettamente interscambiabili, se non nella propria singolarità espressiva, chiamati ad incarnare scie di stelle una volta luminose. Di loro resta negli occhi dello spettatore tutto lo spettacolo della luce che fu.

E ci rimane a lungo, per accompagnarci poi in una luce artificiale, quella del castello della Bella addormentata nel bosco, dove ci attende la prima coppia ospite formata dalla Nuñez con Muntagirov, che regalano ai presenti un iconico Gran pas de deux dall’atto III della partitura di Čajkovskij, nel nome di Petipa. Perfetti, tanto da emozionare fino ai brividi per la tecnica, l’interpretazione e la sicurezza. Ne vorremmo ancora.

Ma, dopo lunghi e calorosi applausi, il tanto atteso La Luna di Maurice Béjart sull’Adagio dal Concerto per violino in mi maggiore di Johann Sebastian Bach. Qui la Manni, come dicevamo istruita dalla Savignano in persona, restituisce una propria prova convincente che ne dimostra tutta la maturità sviluppata negli ultimi anni. C’è l’ombra della maestra, che ha incarnato la coreografia tanto da identificarla con ella stessa, ma quella che vediamo in scena è già una Luna della Manni, è il suo femminile che viene risvegliato e le sue “fasi” ci parlano, ci raccontano di una nuova generazione di étoile finalmente sbocciate a cui dare spazio.

Dopo altri lunghi applausi, con il doveroso inchino della giovane étoile alla mentore che fa capolino sul palcoscenico, a dimostrazione del consensuale passaggio generazionale, la chiusura della prima parte è affidata ancora al coreografo di repertorio per eccellenza, Petipa, con il più leggero e sfarzoso Divertissement (Adagio e coda) di Paquita, interpretato da Martina Arduino e Marco Agostino, insieme al Corpo di ballo.

Una breve pausa e si torna a capofitto nel denso programma, che riapre con la creazione del direttore Legris che omaggia la forma più alta del balletto classico introdotta da Petipa: il pas de deux. La sua coreografia, Donizetti pas de deux, debutto del 2007 su musica del compositore bergamasco, sembra venire direttamente dal XIX secolo e mette Alice Mariani e Nicola Del Freo sul banco di prova di virtuosismi tecnici della migliore scuola francese, tra batteries, pirouettes, tours piqués, cabrioles, fouettés e grand jetés, all’insegna della velocità e del brio, senza far mancare punte di intenso lirismo. Prova superata a pieni voti.

E dalla tecnica sfrenata a una proposta più interpretativa, con il terzo quadro del primo atto dal frizzante Pipistrello di Strauss figlio tradotto in balletto da Roland Petit, che ha visto una divertente e convincente Virna Toppi interagire con la brava Luana Saullo, accanto all’altrettanto spassoso ed efficace Christian Fagetti, tra gag mimiche e passi di danza.

Dai lustrini ai diamanti: la seconda coppia ospite ha portato una ventata di scuola russa al Piermarini, con l’Adagio del balanchiniano Diamonds, dal trittico Jewels su musica, ancora una volta, di Čajkovskij. Proposto dai fuoriclasse Olga Smirnova e Jacopo Tissi, è stata una gioia per gli occhi di chi cerca l’algida perfezione del metodo Vaganova; qui la donna diamante è un tutt’uno con l’ideale di ballerina, quasi come fosse scolpita nel cristallo, o nel diamante appunto.

E per la prima volta Roberto Bolle porta sul palcoscenico della Scala In your black eyes, il suo omaggio a Ezio Bosso, scomparso nel 2020, danzando l’assolo creato da Patrick de Bana su Rain, in your black eyes. In dodici minuti si affronta il tabù della malattia, del corpo che smette di rispondere, ma la testa è ancora più che lucida e per andare avanti deve guardare oltre. Oltre cosa? A ciascuno di noi la risposta. Oltre la rabbia e la frustrazione, il dolore e il rifiuto, l’angoscia e la rassegnazione. Qui troviamo un Bolle meno statutario, più umano, emotivo, anche se impeccabile nell’esecuzione (anche quando la musica riprodotta gioca uno scherzetto inceppandosi per qualche secondo, lui prosegue seguendo la sua musica che viene da dentro, e si percepisce), che ci chiede di compartecipare della sua sofferenza, in questo dialogo muto tra la danza, la musica e il ricordo. Inutile riportare il boato estasiato del pubblico.

Ha, infine, concluso la maratona dedicata a Tersicore la riproposizione dell’atto terzo della Coppélia creata da Alexei Ratmansky per il balletto scaligero, che ha inaugurato la stagione 23/24. In scena ritroviamo Nicoletta Manni, Timofej Andrijashenko, il Corpo di Ballo scaligero e gli allievi dell’Accademia per rivivere i festeggiamenti delle nozze di Swanilda e Franz. Una lunga festa che vede, come da rito, dopo i meritati applausi, lo sguardo di tutti, palco e sala, volgersi al ricordo di lei, a cui il Gala è dedicato, M.me Carla Fracci. Au revoir.

Tania Cefis
(19 aprile 2024)

La locandina

Direttore David Coleman
Artisti ospiti Marianela Nuñez
Olga Smirnova
Roberto Bolle
Vadim Muntagirov
Jacopo Tissi
Étoile Nicoletta Manni
Orchestra del Teatro Alla Scala

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