Madrid: una Médée fatta di luce

Noi che abbiamo avuto il privilegio di assistere ad una delle quattro rappresentazioni di questa prima assoluta al Teatro Real, ci siamo lasciati avvolgere da questo imponente spettacolo visivo, in cui l’“assenza” del colore ha creato e delimitato spazi, ha definito il tempo, e insieme ad un uso squisito della tecnologia applicata all’illuminazione, hanno fatto sì che l’elemento fondamentale e forte della luce racchiudesse tutto. E sì, la cosa più semplicistica sarebbe dire che non c’è scenografia, ma a parte questo vale anche dire che con Médée tutto è extra e tutto è superfluo, però, quando una come Fiammetta Baldiserri riesce a sfruttarla risorsa in questo modo, fa sì che uno spettatore non la perda. Le ombre determinano la presenza del corpo artistico sulla scena e mirano a lasciare sempre un segno nella forma, che ci sia uno spazio – suggerito – così ben realizzato e concepito da essere un piacere per gli occhi.

L’imponenza del movimento di ombrelli, ventagli, mantelli, scialli e soprattutto quelle spade di luce, fanno sì che il concetto di oggetto di scena assuma un aspetto diverso, poiché sono messi al servizio e all’uso dell’estetica. Così come anche i costumi sono al servizio dell’azione drammatica e non è che vestono i corpi, è che creano atmosfere e addirittura definiscono situazioni. A volte non c’è movimento sul palco, perché il modo in cui è riempito il palco è così elegante, in ogni senso della parola, che capisci che quando tutto ha un significato e una forma, non c’è decorazione che abbia davvero un contesto. Questa Médée si definisce e lo chiarisce come: semi-scenica. E una volta che sei di fronte a lei, la correggi con piacere e gusto, perché per il barocco non c’è nulla di “semi” e per Marie Lambert le Bihan nemmeno.

La musica è semplicemente perfetta. Vale la pena notare quel tocco di esagerazione che il Barocco porta sempre con sé, ma tale è la sua forza, ricca di elementi, che si distingue soprattutto per la ricerca di effetti che si allontanano dalle convenzioni e, ovviamente, dall’epoca originaria. La sua personalità definita è tale che finisci per accettare che la musica non sia parte dell’azione del dramma, ma sia il dramma stesso. Magnifico il lavoro di William Christie, alla guida del Coro e dell’Orchestra di Les Arts Florissants. Ogni corda è virtualmente impegnata nella brillantezza di questo spettacolo e quindi raggiunge l’ascoltatore.

Le voci meritano parole separate. INel ruolo-titolo Véronique Gens brilla, mostrando tutte le meraviglie che può realizzare con la sua voce. Sottopone il suo dispositivo a giochi complicati, dai quali esce con grande successo. Per qualsiasi attrice, indipendentemente dal sesso che interpreta, la forza del personaggio di Médée è senza dubbio una sfida in maiuscolo che va ben oltre il confronto di valori etici e morali, soprattutto se è una madre, ma con la forza del dramma e il peso emotivo che racchiude questo mostro dalle mille teste, che è questa donna la cui passione non ha limiti. È un personaggio da grandi artiste e uscirne vittoriosi è qualcosa di molto plausibile. Altrettanto meritorio è Jason di Reinoud van Mechelen, la cui presenza in scena non solo è attraente in tutti i sensi, ma è anche estremamente precisa a livello vocale. Una buona interpretazione lo fa brillare e il suo rapporto con il resto del cast è meraviglioso. E il plauso migliore va anche ad Ana Vieira Leite, una Créuse sontuosa e a Marc Mauillon in un Oronte magistrale. E senza dubbio il Coro di Les Arts Florissants fa rabbrividire e ogni volta che esce di scena senti il ​​bisogno di applaudire.

Il dramma nella sua forma migliore si avvale solo di un ciclorama o di un infinito incolore, che in un momento attraversa un fascio di luce o in cui addirittura piove con la stessa intensità con cui puoi ammirare ciò che vedi, è vero, Così è questa Médée. Chi di noi ha avuto la fortuna di vedere anche la versione di Luigi Cherubini, che ha aperto questa stagione, non può che meravigliarsi della portata infinita del genere operistico, con questi due modi di concepire il mito greco, nati praticamente a un secolo di distanza l’uno dall’altro . e che giungono oggi con la validità più assoluta, perché la qualità li precede.

La vendetta ha il suo posto, la vendetta dimostra il limite della ragione e da essa comincia e finisce un dramma senza limiti. La tragedia e la gelosia muovono il cuore di questi personaggi, saliti sul palco del Teatro Real, per lasciare a tutti noi un segno molto difficile da cancellare.

Ricardo Ladrón de Guevara
(8 giugno 2024)

Originale spagnolo

La Médée Marc Antoine Charpentier

nos permite valorar el aporte del Barroco Francés al arte

y Marie Lambert le Bihan utiliza lo más refinado del buen gusto

para acercarla al siglo XXI.

Los privilegiados que hemos podido asistir a una de las cuatro funciones de este estreno absoluto en el Teatro Real, nos hemos dejado envolver por este imponente espectáculo visual, en el que la “ausencia” de color ha creado y delimitado espacios, ha definido el tiempo, y junto a un exquisito uso de la tecnología aplicada a la iluminación, han hecho que el elemento fundamental y contundente de la luz, lo abarque todo. Y si, lo más simplista sería decir que no hay escenografía, pero al margen de que también valga decir que con Médée, todo está de más y todo sobra, no obstante, cuando alguien como Fiammetta Baldiserri es capaz de utilizar ese recurso de esta manera, llega a uno como espectador a no echarla de menos. Las sombras determinan la presencia del cuerpo artístico en el escenario y se orientan a dejar huella siempre de forma, que hay un espacio -sugerido- que están tan bien creado y concebido que es un deleite para la vista. La grandiosidad del movimiento de Paraguas, Abanicos, Capas, Mantones y especialmente esas espadas de luz, hacen que el concepto de utilería tome un cariz distinto, pues se han puesto al servicio y uso de la estética. Tal y como el vestuario también está al servicio de la acción dramática y no es que vista los cuerpos, es que crea atmósferas y define incluso situaciones. En ocasiones no hay movimiento en escena, porque es tan elegante la forma como se llena el escenario, en todo el sentido de la palabra que comprendes que cuando todo tiene un sentido y una forma, no hay adorno que tenga realmente contexto. Esta Médée se autodefine y así lo aclara como: semiescenificada. Y una vez que estás delante de ella, la corriges con placer y gusto, porque para lo barroco no hay nada “semi” y para Marie Lambert tampoco.

La música es simplemente perfecta. Cabe extrañar en ella ese toque de exageración que el Barroco siempre aporta, pero es tal su contundencia rica en elementos, que la distinguen sobre todo, por la búsqueda de efectos que se aleja de convencionalismos y por supuesto, de la época original. Es tal su personalidad definida, que acabas aceptando que la música es no parte de la acción del drama, sino que es el drama en si. El trabajo de de William Christie, al frente del Coro y la Orquesta de Les Arts Florissants es magnífico. Cada cuerda está virtualmente comprometida con el brillo de este espectáculo y así llega a quien lo escucha.

Palabras aparte merecen las voces. En la Médée se luce una Véronique Gens haciendo gala de todas las maravillas que puede lograr con su voz. Somete su aparato a una complicada suerte de juegos, de los que sale muy airosa. Para cualquier actriz, sea el género que esté interpretando, la contundencia de este personaje de Médée es sin duda alguna, un reto con mayúsculas mucho más allá de la confrontación de valores éticos y morales, sobre todo si se es madre, sino por la fuerza dramática y el peso emocional que engloba este monstruo de mil cabezas, que es esta mujer cuya pasión no tiene límite alguno. Es un personaje para grandes mujeres artistas y salir victoriosa de ello es algo muy plausible. Igualmente meritorio es el Jason de Reinoud van Mechelen, cuya presencia sobre las tablas es no solo atractiva en todo sentido, si no que es acertadísima a nivel vocal. Una contundente actuación lo hace brillar y su compenetración con el resto del elenco es una maravilla. Y los mejores elogios también para Ana Vieira Leite, una Créuse fastuosa y Marc Mauillon en un Oronte magistral. Y sin duda el Coro de Les Arts Florissants hace que te erices y que cada vez que deja el escenario sientas la necesidad de aplaudir.

El drama en su máxima expresión, utiliza tan solo un ciclorama o un sinfín sin color, que en un momento atraviesa un haz de luz o en el que incluso llueve con la misma intensidad con la que se puede admirar lo que se ve, así es esta Médée. Los que hemos tenido la fortuna de ver también la versión de Luigi Cherubini, que inauguraron la presente temporada, solo podemos maravillarnos del alcance infinito del género operístico, con estas dos formas de concebir el mito griego, creadas con prácticamente un siglo de diferencia entre sí y que llegan hasta hoy con la más absoluta de las vigencias, porque la calidad las precede.

La venganza tiene su lugar, la venganza demuestra el límite de la razón y de ella parte y acaba un drama sin límites. La tragedia y los celos mueven los corazones de estos personajes, que han salido al escenario del Teatro Real, para dejarnos a todos una huella muy difícil de borrar.

Ricardo Ladrón de Guevara

La locandina

Direttore William Christie
Regia Marie Lambert le Bihan
Luci Fiammetta Baldiserri
Personaggi e interpreti:
Médée Véronique Gens
Nerine Emmanuelle de Negri
Jason Reinoud van Mechelen
Arcas Lisandro Abadie
Créon Cyril Costanzo
Oronte Marc Mauillon
Créuse/Primo fantasma Ana Vieira Leite
Cléone Élodie Fonnard
Amore/Primo prigioniero Lucía Martín-Cartón
Primo Corinzio/Demone David Tricou
Un Corinzio/Invidia Bastien Rimondi
Un Argivo Matthieu Walendzik
Italiano/Secondo prigioniero Mariasole Mainini
Un prigioniero d’amore Clément Debieuvre
Coro di tre prigionieri d’amore Juliette Perret, Julia Wischniewski, David Tricou
Vendetta Igor Bouin
Secondo fantasma Virginie Thomas
Coro tripartito Maud Gnidzaz, Alice Gregorio, Bastien Rimondi
Orchestra e coro Les Arts Florissants

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